Il maltempo in Calabria provoca una voragine sulla statale 280, in prossimità di Lamezia Terme, che inghiottisce un’auto, mentre nel comune di San Pietro a Maida crolla una casa e quello di Maida rimane isolato. La stessa autostrada tra Pizzo e Lamezia è bloccata.
La statale 280 che collega l’autostrada SA-RC, l’aeroporto e la stazione di Lamezia Terme con Catanzaro e l’intero versante ionico rimane interrotta. Potremmo continuare nell’elenco, ma già questo da l’idea della devastazione e di quanto fragile è il nostro territorio.
Questa volta, per fortuna, non ci sono vittime come invece è avvenuto ad ottobre del 2018, quando madre e figlio di appena sette anni di età travolti dalle acque del torrente Cantagalli hanno perso la vita durante l’ondata di maltempo che aveva investito Lamezia Terme.
In Calabria le alluvioni non si contano più, rammentiamo quelle degli anni ’50, degli anni ’70, per arrivare ai giorni nostri, del camping “le Giare” di Soverato, con i suoi 13 morti.
E come sempre capita in Italia, i morti servono solamente per la retorica e per gli impegni solenni che non verranno mai mantenuti. Il sacrificio, il dolore di quanti li hanno amati serve solamente per quell’attimo, esso sì, veramente fuggente. Poi, il giorno dopo ritorna tutto come prima, aspettando la prossima alluvione, la prossima strage carica di morte.
Tante stragi, Soverato, Sarno, Crotone, Cavallerizzo, Vibo, Giampilieri, le alluvioni del 2009 (gennaio e settembre), Reggio Calabria e per ultimo i disastri provocati dalle piogge in Emilia Romagna. L’elenco è lunghissimo ed è facile dimenticarne di città e di luoghi piccoli e grandi. Questi eventi drammatici sono destinati ad aumentare con il cambiamento climatico.
Il degrado ambientale nella nostra regione regna sovrano. Lo verifichiamo quotidianamente quanto fragile è divenuta questa nostra regione per responsabilità della quasi totalità della classe politica che ha proposto e continua a proporre ed a praticare scelte di sviluppo devastanti e illusorie – come il Ponte sullo stretto – la cementificazione delle coste e dei corsi d’acqua, la mancata manutenzione delle nostre fiumare, i condoni edilizi, la politica irrazionale dei porti e l’inesistenza di qualsiasi politica che salvaguardi le are interne, i suoi boschi che consenta il reinsediamento degli uomini, per evitare anche gli incendi estivi e per impedire che le nostre montagne diventino, come sta avvenendo, terreno esclusivo delle multinazionali delle energie rinnovabili che le stanno invadendo con tantissime pale eoliche.
Scelte politiche neoliberiste operate dalle giunte regionali della Calabria, fatta qualche eccezione come la legge Quadro regionale paesaggistica (QTRP) del 2010, riconducibili al modo di produzione capitalistico che di fatto distrugge il pianeta ed è per questo che bisogna distruggere il capitalismo.
Fondamentale è uscire dalla logica dell’emergenza per passare a quella della prevenzione destinando risorse per realizzare interventi di messa in sicurezza e prevenzione del rischio.
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha quantificato in circa 26 miliardi le risorse per realizzare questi interventi sull’intero territorio nazionale, sperando che nel frattempo non si verifichino ulteriori interventi dannosi per il territorio.
La “prevenzione del dissesto idrogeologico” dovrebbe essere, in un paese come l’Italia, la priorità assoluta per l’attività ordinaria di cura del territorio, finanziata con strumenti ordinari di spesa pubblica.
Il Governo lo scorso marzo ha istituito il regolamento di un “Fondo progettazione per la mitigazione del rischio idrogeologico”, dimenticando però di metterci i soldi. Infatti, lo ha finanziato retroattivamente per il triennio 2022-2024 per soli 5 milioni di euro l’anno! Per intenderci: 15 milioni (in tre anni) a fronte di un investimento dovuto pari ad almeno 26 miliardi.
Nemmeno con il PNRR si è previsto uno stanziamento adeguato. Infatti, dei circa 2 miliardi e mezzo stanziati inizialmente (pari al 10% dei 26 miliardi citati in precedenza), a marzo, nel Decreto di revisione del PNRR, il Governo ha fatto sparire, con una sorta di gioco di prestigio, buona parte di tali risorse, che si sono stanzialmente dimezzate.
Noi riteniamo che il Sud ha necessità di una sola grande opera, che non è il Ponte sullo Stretto per il quale sono stati destinati 14 miliardi di euro, ma al contrario la tutela e messa in sicurezza del territorio attraverso un piano di risanamento che occupi centinaia di migliaia di giovani.
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