Sembrava impossibile, solo qualche mese fa, eppure qualcosa si è mosso a Roma. Si sono mosse innanzitutto 20 mila persone, lo scorso 19 marzo, in corteo fino a piazza Campidoglio per chiedere ai Commissari della città una “moratoria giubilare” degli sfratti e degli sgomberi degli spazi sociali, per reclamare il ritorno della Politica a Roma, per riappropriarsi della decisione democratica sulle scelte del governo urbano. Si è mossa la campagna Roma non si vende – Decide Roma, che quel corteo lo ha convocato e che, nei giorni successivi, ha proseguito la mobilitazione, convocando il 9 aprile decine di assemblee popolari in tutti i quartieri della città, e intraprendendo il 13 aprile la scalata della Basilica di Massenzio, al centro dei Fori Imperiali, per recapitare al Prefetto di Roma una lettera pubblica in cui si chiedeva una risposta chiara e definitiva sulla richiesta di moratoria degli sgomberi. Si è mosso il Prefetto di Roma, che – in una evidente scomposizione dei poteri – quella moratoria sembra averla finalmente accolta, benché solo di fatto, in modo parziale, senza quelle garanzie necessarie per far scendere il livello di guardia di chi si sta organizzando per difendere con ogni mezzo necessario gli spazi sociali, i propri spazi, gli spazi comuni. Si sono mossi perfino i Commissari di Roma, che – preso atto di aver scatenato un conflitto impossibile da gestire – si sono messi alla ricerca delle “soluzioni tecniche” capaci di garantire minimamente gli spazi sociali, che la città considera legittimi e che l’amministrazione considera illegittimi. Si sono mossi, infine e in ritardo, persino i candidati sindaco, costretti – loro malgrado – a prendere parola sulla gestione del patrimonio pubblico capitolino, obbligati a riempire di contenuti e di progettualità una campagna elettorale finora vuota di senso e di significato. Possiamo finalmente dire, con umiltà e senso del realismo, che la lotta paga. Non ci resta, dunque, che continuare a lottare.
Adesso la contesa si sposta sul piano della proposta. Nei due mesi – decisivi – che ci separano dalle elezioni, infatti, la sfida è quella di elaborare una proposta normativa dal basso, che contenga nuovi principi e nuovi criteri per la gestione del patrimonio immobiliare di questa città. Una proposta che tenga al centro la garanzia dei beni comuni urbani per le generazioni presenti e per quelle future; che fondi sull’uso, e non sulla proprietà, il diritto alle scelte di gestione del patrimonio pubblico; che si basi sul riconoscimento delle comunità informali che si prendono cura del territorio, a partire dalla loro autonomia ossia, etimologicamente, dalla loro capacità di “darsi le regole da sé”.
Una proposta che sappia essere effettivamente utile per tutte le associazioni, le realtà sociali, le onlus, i “corpi intermedi”, i gruppi che sono colpiti dall’efferato e scriteriato “piano di riordino” messo in atto dai grigi funzionari dell’amministrazione capitolina, su mandato di Marino prima e di Tronca poi.
Una proposta, ancora, che attraverso un confronto schietto e diretto, sia in grado di vincolare i candidati sindaco alle scelte future sulla gestione del patrimonio pubblico.
Una proposta che non consenta all’attuale amministrazione commissariale di diventare “costituente”, nel senso di assumere decisioni che vadano oltre gli stretti margini di scelta e di azione entro i quali dovrebbe muoversi chi – senza essere stato eletto né legittimato – si appresta a concludere in brevissimo tempo il proprio mandato, perché le soluzioni che i Commissari possono proporre non possono che essere transitorie.
Una proposta che si avvalga del meglio di quella nobile cultura giuridica così presente nel nostro paese, a partire dagli studi dell’attuale Presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi, per pensare e per praticare un’altra dimensione, non autoritaria, del diritto.
Una proposta che costituisca il primo tassello di un più ampio programma di autogoverno della città, costruendo il metodo democratico e partecipativo attraverso il quale chi abita Roma possa riappropriarsi della decisione su tutti i temi rilevanti del governo urbano: dai debiti del bilancio pubblico al trasporto pubblico locale, dai servizi pubblici essenziali al sistema dell’accoglienza, dal diritto all’abitare alla riqualificazione delle periferie, dalla cultura al verde pubblico, dalla dignità del lavoro pubblico al contrasto della precarietà del lavoro privato.
Una proposta che si metta, infine, in immediato collegamento con tutte quelle esperienze europee che, da Napoli a Barcellona, al pari di Roma, stanno organizzando dal basso la garanzia democratica del diritto alla città, per porre le basi di un nuovo federalismo municipalista europeo.
A partire dai punti già proposti sulla piattaforma www.decideroma.com nella sezione “Carta”, convochiamo allora per sabato 23 aprile alle ore 16.00 in Piazza dell’Immacolata a San Lorenzo, una grande assemblea pubblica, per scrivere insieme la Carta di Roma Comune.
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