“Volete voi che il gestore unico del servizio idrico integrato per il territorio provinciale di Brescia rimanga integralmente in mano pubblica, senza mai concedere la possibilità di partecipazione da parte di soggetti privati?”.
Il 18 novembre 2018 i cittadini della provincia di Brescia saranno chiamati a esprimersi sulla gestione di un bene fondamentale: l’acqua. Il quesito del referendum consultivo provinciale relativo al servizio idrico integrato (SII), però, ha un valore che oltrepassa i confini della provincia lombarda e rappresenta una sfida decisiva in casa di una delle principali multiutility italiane quotate in Borsa: A2a. Il Comune di Brescia, così come Milano, detiene il 25% delle azioni del colosso (articolato in 121 società partecipate, comprese quelle in dismissione, tra Italia, Serbia, Grecia, Regno Unito, Montenegro).
Mariano Mazzacani, responsabile del Comitato referendario “Acqua pubblica Brescia”, ha tra le mani la “cronistoria” del lungo e inedito percorso che a fine agosto di quest’anno ha finalmente visto la firma del decreto di indizione del referendum da parte del presidente della Provincia, Pier Luigi Mottinelli.
Scorre indietro fino ai primi mesi del 2015. “Sulle pagine della stampa locale -ricorda Mazzacani- si infittivano gli articoli secondo i quali sarebbe stata oramai cosa fatta la creazione di un soggetto ‘tricipite’ al quale l’Ente di governo dell’Ambito della provincia di Brescia si sarebbe apprestato ad affidare la gestione del servizio idrico”. Due multiutility locali di proprietà dei Comuni (“Aob2” e “Garda Uno”) e la società “A2a Ciclo idrico”, interamente in capo ad “A2a”. Secondo la disciplina comunitaria, come ricostruisce Mazzacani, proprio perché quotata in Borsa, quest’ultima non avrebbe potuto però ricevere la gestione di servizi con affidamento diretto senza passare per una gara ad evidenza pubblica.
A metà settembre 2015, il consiglio di amministrazione dell’Ufficio d’Ambito di Brescia individua nella partecipazione mista pubblico-privata il futuro gestore unico del servizio idrico (“Fatte salve le gestioni in salvaguardia, ossia quelle affidate ad “A2A ciclo idrico” e ad “Azienda Servizi Valle Trompia”, oggi controllata al 75% da A2A, chiarisce Mazzacani).
Il programma immaginato dagli amministratori prevede due fasi: 1) l’affidamento in house per 30 anni entro fine 2015 ad una società costituita da quelle a totale partecipazione pubblica e che allora già operavano nel settore all’interno del territorio provinciale; 2) entro fine 2018 questa nuova società avrebbe dovuto scegliere tramite gara il proprio socio privato al quale attribuire una partecipazione societaria superiore al 40%.
Nonostante le contro deduzioni del comitato, nel giugno 2016 nasce “Acque Bresciane Srl” (proprietà interamente pubblica), alla quale pochi mesi più tardi viene affidata per 30 anni la gestione del SII. Il passo successivo dovrebbe essere la gara, con A2a alla finestra.
Nel gennaio 2017 viene steso e sottoscritto l’atto costitutivo del “Comitato promotore del referendum consultivo provinciale per l’acqua pubblica”. Tutti i passaggi formali vengono rispettati e nell’arco di dodici mesi scarsi il quesito referendario depositato il 22 giugno dello scorso anno viene giudicato ammissibile. Nel frattempo aderiscono anche 54 Consigli comunali del bresciano. Dopo rallentamenti e rinvii, fino al 27 agosto 2018 e alla firma in calce al decreto di indizione. “Finalmente il referendum”, ha gioito il comitato, che di fronte al paventato ingresso del socio privato ha da subito intravisto il rischio di un nuovo “caso LGH”, multiutility che opera nei territori di Cremona, Pavia, Lodi, Rovato e Crema e che ha visto A2a “salire” al 51% del capitale. Operazione bocciata a più riprese dall’Autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone.
La posta in gioco è nazionale. E non è un caso che il prossimo 14 settembre, in occasione dell’avvio della campagna di informazione e comunicazione del comitato, Remo Valsecchi commercialista lecchese del Forum Nazionale dei Movimenti per l’acqua, presenterà un piano di investimenti per l’Ambito Territoriale di Brescia per una gestione totalmente pubblica. “Dimostreremo, conti alla mano, come sia assolutamente sostenibile una gestione totalmente pubblica per la nostra provincia”, spiega Mazzacani. In netta discontinuità rispetto alla temuta finanziarizzazione del servizio.
Valsecchi conosce bene A2a e il suo “modello” di gestione del SII. Ne ha studiato i bilanci a partire dall’anno della quotazione in Borsa, il 2008, segnalando come in dieci anni il patrimonio netto della società sia passato da 3,5 miliardi di euro circa a 2,3 miliardi, il valore medio dell’azione da 2,16 a 1,48 euro e il valore di capitalizzazione di Borsa da 6,7 a 4,4 miliardi di euro. Il tutto mentre i soci (Milano e Brescia in testa) vedevano distribuire qualcosa come 1,7 miliardi di euro in dividendi.
Il referendum ha un valore politico. La decisione finale, però, spetterà all’assemblea dei 205 sindaci della provincia di Brescia. Lo ricorda anche A2a nella sua ultima relazione semestrale analizzando l’”Evoluzione della regolazione ed impatti sulle Business Units del Gruppo”. “L’assemblea dei sindaci dovrà, comunque, approvare la decisione finale sul modello di gestione (misto o in house providing) del SII da implementare nella provincia di Brescia”, si legge. Ecco perché il comitato sta chiedendo a tutti i sindaci di impegnarsi pubblicamente a rispettare il voto dei cittadini del 18 novembre.
* da AltrEconomia
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