Alcuni giorni fa si è svolta una manifestazione sotto la sede del Comune di Milano contro “Un modello di città che privatizza”.
La crisi pandemica ha colpito duro anche lì dove sembrava più improbabile.
La Lombardia, decantata locomotiva d’Italia e Milano, città dell’efficienza e delle innumerevoli opportunità, si sono riscoperte deboli. In particolare, il capoluogo meneghino ha dovuto fare i conti con una condizione: la povertà diffusa che, nella narrazione degli ultimi anni, sembrava rimossa o fortemente ridimensionata dallo sfavillio delle vetrine, il glamour dei grandi eventi , le forme di qualche mobile di design.
Anni di smantellamento del welfare pubblico, di distruzione della sanità territoriale in favore dei centri di eccellenza privati e condizioni di lavoro tanto frenetiche quanto precarie hanno lasciato letteralmente nudi difronte alla tempesta vasti settori della popolazione nelle periferie e nell’hinterland.
Proprio a partire da queste condizioni, si muove l’esperienza delle Brigate Volontarie per l’emergenza che a Milano, da più di un anno, provano a mettere una “pezza” alle mancanze palesi di tutti i livelli istituzionali, dalla regione al comune passando per i singoli municipi.
Un lavoro volontario e gratuito fatto di distribuzione di pacchi alimentari a centinaia di nuclei familiari in difficoltà durante il quale si ha l’evidenza di come tali difficoltà non si limitino alla stretta contingenza della crisi pandemica e dei lockdown degli scorsi mesi. Condizioni congenite che vanno dalla questione abitativa al lavoro povero ed intermittente rispetto alle quali il Covid ha fatto da cartina di tornasole.
Situazione chiara agli attivisti della Brigata Abd Elsalam che insieme alle brigate Nori Brambilla, Ho Chi Minh ed Aps Scighera, lo scorso 18 giugno si sono ritrovate in Piazza Scala (Sede del comune di Milano ) per il presidio “Contro il modello di città che privatizza” con l’adesione di Asia USB, Cambiare Rotta-Milano, collettivo Off Topic e Potere al Popolo!-Milano.
Ma Milano, lo sappiamo, è città sempre pronta a lanciare nuove tendenze come quella di ricevere i manifestanti prima ancora che inizino il presidio. Così, mentre gli altri partecipanti preparavano gli striscioni ed iniziano a spigare motivazioni e richieste una delegazione saliva in Comune per un colloquio con l’assessore ai lavori pubblici e la casa Gabriele Rabaiotti. Di seguito quanto riportato dagli attivisti della Abd Elsalam:
“Durante l’incontro in Comune, avvenuto proprio durante il presidio, abbiamo ribadito all’assessore che il modello della città non funziona: non è possibile che una città ricca e grande come Milano debba basare il supporto agli ultimi sul lavoro volontario di chi non è rimasto a guardare allo scatenarsi dell’emergenza Coronavirus, ma ha voluto agire davanti all’esplodere delle contraddizioni che erano già in essere da lungo tempo. L’assessore ci ha risposto che il Comune è già attivo per venire incontro all’emergenza. Ma a noi interessa poco quanti pacchi il Comune distribuisce: non sono abbastanza. Lo vediamo tutte le settimane quando diamo supporto a quasi 100 nuclei familiari, e questo solo a Corvetto, perché la situazione è identica per altre zone della città, come abbiamo ribadito anche a nome delle altre Brigate con cui eravamo al presidio. Noi – dei volontari – ci occupiamo di qualcosa che dovrebbe essere priorità del Comune, che dovrebbe per prima cosa pensare a tutti i cittadini invece che ai grossi capitali da attirare con le grandi opere. Per continuare a dare supporto ai quasi 100 nuclei familiari che fanno riferimento alla Brigata Abd Elsalam abbiamo bisogno di uno spazio ora, oggi. L’assessore ci ha parlato di dei bandi di prossima apertura ma l’emergenza non aspetta il tempo della politica, degli accordi, dei bandi, degli appalti ma è un’emergenza concreta, sulla pelle delle persone. Siamo contenti che l’assessore ci abbia ricevuto e parlato di un interesse verso il nostro lavoro volontario, ma aspettiamo di vedere una risposta concreta da parte del Comune. Quindi al di là della risposta dell’assessore noi continueremo sia a portare supporto a queste famiglie sia a portare avanti un discorso nel quartiere e nella città per una città pubblica e rivolta ai cittadini”.
Appare evidente come le Brigate del presidio di venerdì scorso abbiano ben chiari due punti fondamentali : Uno, non è questione di numero di pacchi, non saranno mai sufficienti se non si mettono in campo politiche capaci di invertire la rotta rispetto al modello di città che si è costruito in questi ultimi decenni. Due: l’emergenza non aspetta i tempi di bandi o appalti e non si può scaricare la responsabilità tutta politica della situazione sul lavoro volontario.
Rabaiotti, infatti, ha parlato del ruolo attivo del Comune, in particolare con il progetto Milano Aiuta la cui Mission è ben leggibile sul sito del comune di Milano e recita : “Il Comune di Milano ha chiamato a raccolta volontari, aziende e il privato sociale per attivare una rete per sostenere i cittadini durante l’emergenza creata dal Coronavirus”. Iniziativa all’apparenza lodevole se non fosse che lo si fa con le aziende e con lo stridente concetto, se non proprio un ossimoro, del “privato sociale”.
Non a caso, lo stesso assessore nell’abbozzare un’infastidita risposta alle legittime richieste delle brigate parla subito di bandi.
Sembrerebbe, però, che in questo caso Rabaiotti sia cascato male. Le brigate non chiedono corsie preferenziali per entrare nelle dinamiche del Terzo Settore ma pongono una questione politica di gestione della città che ha che fare piuttosto con le domande : Una città per chi? L’obbiettivo è rendere Milano attrattiva per i capitali o vivibile per i suoi abitanti ?.
La contraddizione della giunta sta tutta nel proporre come risposta una via , quella del terzo settore rampante, che invece negli ultimi anni è stato uno degli strumenti con cui si è portato l’attacco al Welfare pubblico. Per darne evidenza riportiamo proprio alcuni passaggi dell’inchiesta sul Terzo Settore apparsi sul giornale Contropiano :
“Via via il Terzo Settore – attraverso il Forum – è diventato una organizzazione ibrida (datoriale e sociale) che siede ai tavoli della concertazione con il governo insieme ai sindacati, alla Confindustria e alle organizzazioni imprenditoriali. La perfetta sinergia tra questi tre soggetti (Terzo Settore, Cgil,Cisl,Uil e Confindustria), fa si che ogni ragionamento sul rafforzamento del welfare finisca poi nei campi obbligatori stabiliti dai contratti siglati dai sindacati (welfare aziendale) e nei contratti “sociali” sostenuti dalla Conferenza Stato-Regioni. Il risultato è che i servizi pubblici vengono ormai messi a mercato sulla base della loro profittabilità o consegnati al Terzo Settore dove quest’ultima presenti margini meno certi per i soggetti privati.
La Riforma del Terzo settore, ed in particolare l’articolo 55 dell’apposito Codice, ha definito un modello di relazioni basato sulla condivisione di poteri e responsabilità tra i due soggetti, pubblico e privato sociale.
I manager “sociali” del Terzo Settore puntano ad una decisa “invasione di campo” per poter decidere insieme al soggetto pubblico come intervenire, quali obiettivi darsi e quali risorse utilizzare, “superando la concezione dell’Ente pubblico portatore di interessi generali e dell’Ente di Terzo settore come esecutore”.
Questo processo stravolge nei fatti il principio costituzionale di sussidiarietà, trova forza nella Riforma e permette al mosaico societario del Terzo settore (fondazioni, onlus, cooperative sociali etc.) di diventare pienamente un attore decisivo nella “privatizzazione” dei servizi nei territori e nelle comunità.
Dopo anni di picconamento al welfare pubblico e di esternalizzazioni dei servizi, le norme che regolano le attività di co-programmazione e co-progettazione sono state definite da una sentenza della Corte Costituzionale (n°131 del 2020), dall’intesa sancita nella Conferenza Unificata Stato-Regioni (25 marzo 2021) e dalla adozione delle Linee Guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed Enti del Terzo Settore con Decreto del Ministero del Lavoro (n°72 del 31 marzo 2021) per la definizione delle quali il Forum Terzo Settore ha avuto un ruolo determinante.
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