Prendiamo parola a freddo, dopo che fiumi di discorsi inutili hanno inondato i giornali, dopo che l’ipocrisia di certa politica è salita a galla (si veda il corteo di ieri tra le strade del nostro quartiere), per affermare un concetto banale ma che sfugge a molti, ai buonisti da salotto come ai fascioleghisti da bar: la causa della violenza in Barriera di Milano non sta negli episodi di criminalità ma piuttosto questi episodi sono l’effetto di politiche criminali. Cerchiamo di capirci.
Sappiamo bene che Barriera di Milano è un quartiere periferico ed anche un quartiere ghetto. Si, in Italia, nel 2025, esistono i quartieri ghetto. È così non da pochi anni ma almeno dal dopoguerra, basta guardarsi intorno per capire che la popolazione più anziana proviene dal Sud Italia, quella più giovane è composta da lavoratori precari e sottopagati spesso, ma non sempre, provenienti dal Sud Globale.
Cosa significa questo? Significa che nel nostro quartiere viene concentrata tutta quella fetta di popolazione esclusa dai diritti fondamentali della persona, quelli che in teoria dovrebbe garantire la nostra costituzione, ovvero: la casa, il lavoro, l’istruzione e la sanità.
Andiamo con ordine. Quanti edifici fatiscenti vedete girando in Barriera di Milano? I giornali si spendono tanto per raccontare gli episodi di microcriminalità in quartiere, molto poco nel denunciare i palazzi che letteralmente cadono a pezzi e le condizioni in cui vivono tante persone, spesso senza nemmeno l’acqua corrente in casa. Per non parlare dell’edilizia popolare, anche questa in uno stato di abbandono e degrado le cui colpe non stanno sulle spalle di chi le abita, come spesso si vuole fare credere, ma nelle istituzioni che non investono un euro e preferiscono finanziare i privati e la speculazione edilizia.
Vogliamo parlare del lavoro? Le persone escluse e ghettizzate in Barriera di Milano sono tra quelle che fanno i lavori più precari, vivono spesso alla giornata, quando hanno un lavoro si tratta di ipersfruttamento con salari da fame. Poi qualcuno si stupisce se la gente spaccia… Moralismo da quattro soldi!
Ci sembra davvero banale dirlo ma è la mancanza di lavoro a permettere alle mafie di radicarsi nei quartieri e di usare la gente comune come l’ultimo pezzo, sacrificabile, di una catena di criminalità gestita e avvallata dal centro delle grandi metropoli italiane, da mafiosi, anche italianissimi, spesso collusi con lo Stato e le sue istituzioni.
E potremmo andare avanti a descrivere lo stato in cui versano le scuole nel quartiere, i presidi sanitari, i consultori e gli ospedali.
Dal momento che alle persone che vivono in Barriera si negano questi diritti si esercita violenza, una violenza di svariati ordini di grandezza superiore a quella che tanto viene descritta sulle cronache dei giornalacci locali, è una violenza che priva i soggetti dello stato di “Persona”.
La ghettizzazione va di pari passo con il razzismo, ne è la giustificazione ideologica che fa passare come normale la mancanza di diritti, ovvero la squalifica da Persona/cittadino a dannato della terra. È un razzismo che viene in primis dalle istituzioni – si veda quale odissea deve attraversare chi chiede un permesso di soggiorno o la cittadinanza – e sulla quale la destra soffia per dividere la popolazione, per aizzare vilmente la guerra tra poveri.
Di conseguenza quando parliamo di violenza in Barriera di Milano, andiamo a combattere le cause invece che a condannare moralmente le conseguenze. Giornalacci, buonisti di sinistra e fascioleghisti di destra tappatevi la bocca!
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Gigi Finizio
il problema è lo spaccio e il fatto che in questo paese la legge la si rispetta una volta ogni tanto, con le conseguenze sociali, economiche e politiche che ci ritroviamo. Dire che Barriera è un quartiere di disagiati è una fegnaccia, la realtà è che qualcuno ha deciso che Barriera deve essere la piazza di spaccio 24h/7 con tutte le conseguenze che ciò comporta. Forse qualche telecamera in più nei posti strategici e delle operazioni mirate, farebbero un po’ di pulizia di sta feccia, perché il problema non sono gli stranieri, ma chi non ha voglia di darsi da fare onestamente.