È stato ufficialmente annunciato qualche giorno fa, nel vicentino, la chiusura per fallimento della Miteni, azienda parte di un gruppo multinazionale e responsabile della produzione di PFAS. In buona sostanza, non ci saranno ulteriori sversamenti nelle falde, ma in cambio ci saranno licenziamenti e l’inquinamento prodotto rimarrà a produrre morte, mentre i costi della bonifica ancora non sono stati imputati.
La vicenda PFAS, scoppiata qualche anno fa, ha mostrato un quadro aberrante dello stato di salute delle falde di mezzo Veneto, con livelli di inquinamento elevatissime di queste sostanze, che secondo gli studi ancora parzialmente secretati, vanno dal pericoloso al cancerogeno. Si tratta di acidi polifluoroacrilici, utilizzati dagli anni 50 per diverse produzioni industriali, nella filiera di concia delle pelli, nel trattamento dei tappeti, nella produzione di carta e cartone per uso alimentare, per rivestire le padelle antiaderenti e nella produzione di materiali idrorepellenti e impermeabili.
Come spesso è successo in Veneto (e non solo), dove il territorio è già devastato da un sistema di metropoli diffusa, dove sorgono fabbrichette ovunque, intervallate da case e campanili, i controlli sugli scarti di lavorazione, sulle conseguenze sulla salute e sull’ambiente, vengono messi in secondo piano rispetto a quella parola magica che si chiama “profitto”. L’innalzamento dei tassi di tumore a seguito di ritrovamento di PFAS nel sangue dei bambini e della popolazione di alcune parti del vicentino, veronese e padovano, sono un dato di fatto.
In questi anni, la Miteni, la principale azienda chimica imputata dell’inquinamento delle falde di mezzo Veneto, ha continuato a produrre, forte delle regole del mercato e della politica che comunque vada l’avrebbe tutelata. A più riprese si è assistito agli allarmi lanciati dallo stesso governatore leghista del Veneto Luca Zaia, dal PD e dal M5S rispetto alla vicenda. Sono stati investiti milioni di euro nella vicenda PFAS, per capire, sperimentare, monitorare, ecc., tutte attività che hanno raccolto dati (in larga parte ancora secretati), ma che si sono concluse in un nulla di fatto per la sicurezza della popolazione, che tutt’oggi vive con la paura di bere acqua potabile pericolosamente inquinata.
Anzi: mentre in Europa sia Lega che PD hanno votato a favore dell’innalzamento dei limiti PFAS, in Veneto la Miteni chiude i battenti, licenziando tutti i suoi dipendenti. Sembra una barzelletta di cattivo gusto, e invece tutto ciò accade davvero, nel silenzio delle istituzioni e nella rabbia dei cittadini e dei lavoratori.
Di seguito, il comunicato congiunto delle assemblee territoriali di Potere al Popolo Veneto
ARRAFFA, INQUINA, SCAPPA. LA MITENI FUGGE, ZAIA DOV’E’?
Pochi giorni fa la Miteni, azienda di Trissino (VI) e parte del gruppo multinazionale ICGI con sede in Lussemburgo, ha chiuso i battenti dichiarando fallimento e licenziando in tronco tutti i 129 dipendenti. La Miteni è responsabile del più grande avvelenamento di acque potabili in Europa, che coinvolge 350 000 persone. Contro questo disastro si è scatenata la rabbia dei cittadini che vivono nel vicentino, nel veronese e nel padovano, vittime dello sversamento sul territorio degli scarti della produzione dell’azienda, ricchi di PFAS, sostanze di cui è noto il potenziale cancerogeno. Il fallimento della Miteni ci dice chiaramente come funziona il mondo per il mercato: o profitto o chiusura, anche a scapito di cittadini ed ambiente.
Il fallimento non è solo della Miteni, ma anche di un sistema politico complice, che ha scelto il profitto alla salute dei suoi abitanti, che ha lasciato devastare irrimediabilmente il nostro territorio ai danni delle generazioni presenti e future: un sistema che ora preferirà dimenticare la Miteni e anche i suoi dipendenti. La chiusura della Miteni ci spinge a denunciare l’inefficienza degli enti preposti ai controlli, l’inesistenza di politiche di tutela del territorio e l’incapacità della magistratura di arrivare a prendere provvedimenti. Ma vogliamo anche denunciare l’incapacità sindacale di governare una situazione che da anni si prefigurava come drammatica per tutti, lavoratori e abitanti. Lo abbiamo già visto altre volte, da Porto Marghera a Taranto, da Siracusa a Genova, per non parlare del sistema dell’inquinamento diffuso lungo tutta la pianura padana! Siamo stanchi di vedere i nostri territori devastati da un sistema che per produrre risparmia sulla sicurezza ambientale e sul lavoro, massimizzando i profitti grazie anche all’esternalizzazione dei costi della sicurezza ambientale!
È necessario un radicale cambio di rotta che metta al primo posto la tutela dei beni comuni come l’acqua, l’aria e la terra, perché i lavoratori non debbano più sottostare al ricatto di scegliere tra lavoro e salute (propria e del proprio territorio). Come Potere al Popolo sosteniamo la lotta dei comitati contro i PFAS e i lavoratori licenziati dalla Miteni. Non la lasceremo andare via così, impunemente, senza aver prima riparato l’enorme danno procurato! Auspichiamo, inoltre, che tra i lavoratori e i movimenti No Pfas si attivi un dialogo coraggioso e profondo sulle prospettive di sviluppo di un territorio per troppo tempo lasciato nelle mani di politici senza prospettiva ed inquinatori seriali che stanno pregiudicando la vita delle future generazioni.
Chi lotta può vincere, chi non lotta ha già perso!
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