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Russia: la “memoria indivisibile” dei regolamenti comunali

E così ci riprovano. E’ andata come è andata la prima volta, con la targa commemorativa affissa a Pietroburgo a ricordo del periodo (dal 1887 al 1918) in cui il generale finlandese Karl Gustav Mannerheim servì nell’esercito zarista. Ora alzano il tiro e l’obiettivo (peraltro non nuovo: sono anni che la cosa è nell’aria) questa volta è Aleksandr Kolčak, uno dei maggiori comandanti bianchi all’epoca della guerra civile scatenata contro il giovane governo bolscevico, dal novembre 1918 al gennaio 1920 governatore supremo della Russia, accusato e riconosciuto colpevole, per sua stessa ammissione, di fucilazioni in massa, terrore, dittatura militare, tradimento della patria al servizio di Francia, Inghilterra e Giappone e fucilato a Irkutsk nel 1920.

La targa in onore di Mannerheim, inaugurata lo scorso 16 giugno, non ha avuto vita facile: ricoperta di vernice rossa già pochi giorni dopo la sua apertura, la commissione municipale per le targhe commemorative ha stabilito, il 1 luglio, che la sua installazione è avvenuta in violazione dei regolamenti municipali. Non certo in oltraggio alla memoria storica; per carità! La riabilitazione degli ufficiali zaristi, dei comandanti antibolscevichi, dei collaborazionisti filonazisti deve servire a “superare la divisione della società russa determinata dalla Rivoluzione d’Ottobre”: lo aveva proclamato il capo dell’amministrazione presidenziale, Sergej Ivanov, presente all’apertura della targa a Mannerheim. Ben vengano dunque omaggi e onori a fucilatori, traditori e torturatori… ne va della indivisibilità della società russa!

Ora, dunque, è probabile che quella targa venga smontata: è un affronto ai regolamenti comunali! Quindi, per “superare la divisione”, eccone pronta un’altra, questa volta a Kolčak e l’inaugurazione, sulla facciata dell’edificio in cui l’ammiraglio bianco abitò a Pietroburgo, al n. 3 di via Bolšaja Zeleninaja (nel caso, qualcuno avesse vernice rossa disponibile…) sarebbe già stata fissata per il prossimo 24 settembre. Ne scrivono le Izvestija, sulla base di quanto dichiarato dal cosiddetto Centro storico-culturale di memoria educativa (!) autoproclamatosi “La causa bianca”; il bozzetto preliminare della targa sarebbe stato approvato dalla Commissione municipale nel dicembre 2014 e poi, nel febbraio 2015, il governatore cittadino Georgij Poltavčenko avrebbe firmato la relativa ordinanza. I regolamenti comunali, questa volta sono dunque rispettati; la “memoria educativa” è nelle mani indivisibili de “La causa bianca”.

Un anno fa, un discendente di una delle antiche famiglie nobiliari russe fuggite all’estero dopo la Rivoluzione d’Ottobre, in visita a Sebastopoli, aveva sentito il bisogno di chiedere l’installazione in città di un monumento a uno degli ultimi generali bianchi che combatterono contro il giovane stato socialista, il barone Pëtr Vrangel, che nel 1920 diresse il cosiddetto Governo del Sud, riconosciuto dalla Francia e spalleggiato dalle flotte francese e inglese, con il cui sostegno aveva attaccato l’Esercito rosso nel momento in cui questo, dopo aver sconfitto le armate di Kolčak e dei cecoslovacchi in Siberia, i giapponesi e l’ataman Semenov in Manciuria, Miller e gli americani a Murmansk, Judenič a nord, Denikin nel Caucaso, era impegnato contro gli attacchi del governo reazionario polacco di Pilsudski che, spalleggiato dai fascisti ucraini di Petliura, tentavano di annettersi Ucraina e Bielorussia.

Una prece; per la memoria indivisibile.

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