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Feste “divisive” e miraggi di “concordia nazionale”. In Russia come in Italia

Il 4 novembre ricorre in Russia la Giornata dell’Unità nazionale, una festa soppressa nel 1917. Facendo di tutto per ignorare la ricorrenza della Rivoluzione d’Ottobre, nel 1996 il 7 Novembre era stato definito Festa dell’accordo e della conciliazione e, a partire dal 2005, ridotto a giorno lavorativo. Festivo tornava così a essere il 4 novembre, ufficialmente, a ricordo del 4 novembre 1612, quando le milizie popolari di Dmitrij Požarskij e Kuzmà Minin liberarono Mosca dalle truppe polacco-lituane, forgiando la leggenda, che torna così utile oggi, sull’unità di popolo, al di là di fede e condizioni sociali.

Nel videoclip confezionato per l’occasione si parla di tutto: dall’unione degli innumerevoli principati attorno al Cremlino moscovita, alle guerre contro mongoli, svedesi, polacchi, francesi, fino alla Grande guerra patriottica; si parla di esploratori e militari che hanno “donato” agli zar sempre nuovi territori, di artisti, scienziati, scrittori, musicisti, sportivi, scacchisti e persino di ballerini; ma si ignora scrupolosamente il 1917 e la “rivoluzione che divise la Russia”!

Dunque, al pari dei “benpensanti” di tutto il resto del mondo, bando alle “date divisive” (da tempo, anche il 1 Maggio è stato rinominato “Festa della primavera”) e forza con la “concordia” di classe, con l’unione di tutti i russi, sia che sopravvivano con 35.000 rubli al mese, sia che sciaguattino in 3 milioni di rubli al giorno.

D’altronde, la Russia non è certo un’eccezione. Secondo la nona edizione del Global Wealth Report elaborato dal Credit Suisse Research Institute, alla metà del 2018, la ricchezza mondiale complessiva era cresciuta di 14.000 miliardi di $ (+4,6% rispetto al 2017), raggiungendo i 317.000 miliardi $, di cui 98.000 nei soli USA. Per la statistica, il patrimonio medio di ogni “adulto” del pianeta si attesta sui 63.100 dollari – come dire: il mio vicino di casa ne possiede almeno 130.000!

A livello planetario, ci sarebbero 42 milioni di milionari (2,3 milioni più che nel 2017), cioè meno del 1% della popolazione adulta, che possiede il 45% della ricchezza. In testa ancora gli yankee, con circa il 40% dell’incremento globale nel 2018, seguiti da Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia. A dispetto dei rumors più diffusi, in Russia prosperano “appena” 172.000 milionari e 74 miliardari, mentre ce ne sono 17,3 milioni (41% del totale mondiale) in USA, seguiti da Cina e, in Europa, da Germania, Francia e Gran Bretagna, con Italia e Giappone in coda, si fa per dire.

Di contro, metà della popolazione mondiale adulta detiene meno del 1% della ricchezza del pianeta, mentre il decile più ricco ne controlla l’85%; 3,2 miliardi di persone (64% mondiale), con redditi inferiori a 10.000 dollari, “godono” dell’1,9% della ricchezza globale.

In Russia, affermano al Credit Suisse, la cosiddetta “ricchezza delle famiglie” era cresciuta rapidamente all’inizio degli anni 2000 e, al 2007, era aumentata di otto volte; si sarebbe quindi passati dai 2.942 dollari del 2000 ai 19.997 $ di quest’anno. Volendo ancora accreditare le fredde statistiche, il dato secondo cui il decile più ricco dei russi detiene l’82% di tutta la ricchezza “delle famiglie” (altro termine che, da noi, farebbe il paio con “i consumatori”), pare porre il paese sostanzialmente in linea con la media mondiale, anche se la concentrazione di ricchezza è ancor più accentuata che in USA (76%) e in Cina (62%), i due paesi in testa per numero assoluto di ricchi.

Un paio di settimane fa, Anton Čablin scriveva su Svobodnaja Pressa, che i “facoltosi” sono oggi in Russia circa 1,5 milioni, compresi i 74 miliardari di cui sopra. “Oltre la siepe”, se lo scorso maggio Vladimir Putin aveva parlato di dimezzare il livello di povertà nel paese, ecco che l’Accademia russa dell’economia calcola che solamente lo 0,31% del PIL vada al sostegno sociale alle categorie indigenti, in cui rientra quel 14% di popolazione che campa al di sotto del minimo di sussistenza.

I dati generali parlano di un livello del PIL pro capite di 14.500 dollari, e di un livello di ricchezza pro capite è di 20.000 dollari; ma il Credit Suisse constata che oltre l’80% dei russi dispone di meno di 10.000 dollari, mentre lo 0,2% sguazza in più di 1 milione di dollari. Secondo la Banca Mondiale, al 2017, l’indice Gini (misura sostanzialmente la disparità nella distribuzione di ricchezza – da 0 a 1, oppure da 10 a 100: quanto più basso, tanta meno disparità) per la Russia era di 37,7, ma per il Rosstat (l’ente statale di statistica) era anche più alto (41,4): insomma, più o meno una via di mezzo tra India (35,1) o Giappone (32,1) e Cina (42,2) o Israele (42,8) e sostanzialmente in linea coi grafici che il sito LeNius mutua dall’americano Buffett Institute o quelli che la russa Ruxpert deriva dal World Factbook della CIA.

Secondo il World Inequality Report, nel 2015 il 43% (45,5% nel 2016) della ricchezza nazionale russa andava al 10% della popolazione; il Rosstat dice invece che ora il 20% detiene il 47% della ricchezza. In sostanza, la situazione russa rientra in quella media mondiale che, nel 2016, vedeva il 10% dei più ricchi detenere, ad esempio, il 37% della ricchezza in Europa, il 41% in Cina, 46% in Russia, 47% in USA. Ma Čablin fissa il dato, appunto, del 10% di russi cui andrebbe l’82% della ricchezza e, stando ancora al Credit Suisse, la concentrazione andrà accentuandosi, così che nel 2023 i milionari russi, da 172.000, si ridurranno a 18.000. Tant’è che, già quest’anno, secondo l’agenzia Bloomberg, i primi dieci miliardari russi hanno incrementato le proprie ricchezze del 11%. E amano anche molto ostentarle.

Secondo la tedesca Bild, il costo dei 20 più grandi yacht dei miliardari russi supera quello di tutti i vascelli varati nell’ultimo decennio per la Marina militare russa. Dotati di impianti elettrici di potenza pari a centrali nucleari, radar di portata militare, sistemi di guerra elettronica, aerei di bordo, mini-sottomarini, elicotteri, secondo topwar.ru, il costo di tali yacht è paragonabile ai quasi 6 miliardi di euro delle dieci fregate classe FREMM della Marina militare italiana o ai sei miliardi di sterline per i sei cacciatorpediniere classe Daring della Royal Navy. Il costo del primo della classifica, “Eclipse”, di 162 metri, oltrepasserebbe il miliardo e mezzo di euro e, secondo il Times, disporrebbe di un sistema antimissile della francese Thales.

E se gli oligarchi del petrolio e del gas non sdegnano di sfoggiare le proprie ricchezze, pare che le altissime sfere della burocrazia governativa preferiscano mettere al sicuro oltre frontiera i loro non proprio magri averi. Tanto che ora, nel quadro della reclamizzata “lotta alla corruzione”, nonostante che già dal 2013 la legge vietasse agli alti funzionari pubblici e ai loro familiari di avere conti esteri o di servirsi di strumenti finanziari esteri, Putin ha proposto di conferire al Procuratore Generale l’autorità di interagire con i colleghi stranieri per le ispezioni sul rispetto di tale divieto. Vale a dire, come scrisse due secoli fa il grande Saltikov-Ščedrin “Il rigore delle leggi russe è del tutto ammorbidito dalla non perentorietà della loro osservanza”.

Ancora in tema di “concordia nazionale”, Andrej Ivanov, su Svobodnaja Pressa, riprende un servizio da Die Welt in cui si nota come, a dispetto delle sanzioni, l’economia russa mostri deboli segni positivi, il primo dei quali è rappresentato dal fatto che, per la prima volta dal 2011, il bilancio russo registra un surplus: invece dei programmati 17 trilioni di rubli di entrate, se ne prevedono circa 19. Tra i fattori positivi segnalati da Die Welt, c’è anche l’aumento del 27,7% delle riserve auree, che portano il totale depositato alla Banca centrale a oltre 2.000 tonnellate (17% delle riserve auree mondiali), per un valore di 78 miliardi di dollari.

C’è inoltre una significativa diminuzione della relazione tra prezzo del petrolio e tasso di cambio del rublo: il governo, anche con l’attuale crescita del greggio, ha garantito un livello basso del rublo, che rende i prodotti importati non competitivi sul mercato interno. Le lodi di Die Welt si accodano così a quelle del FMI: dietro a quelle cifre, nota infatti Andrej Ivanov, c’è la diminuzione dei redditi reali e dei salari (un esempio tra tanti: l’impresa “Oro della Kamčatka”, con l’intervento di polizia e sindacati centrali, ha represso lo sciopero dei minatori che protestavano contro il raddoppio dei ritmi e l’eliminazione del premio di produzione), c’è l’imminente entrata in vigore dell’innalzamento dell’età pensionabile, c’è l’aumento di prezzi e tariffe. Allo scorso settembre, pur con una crescita nominale dei salari del 7,2%, il reddito reale complessivo era sceso del 1,5% su base annua e si calcolava che il 77% di esso andasse in acquisto di merci e servizi, anche con un calo del 2,6% della domanda complessiva.

Festa dell’Unità nazionale, dunque. Una “concordia nazionale” che, come in Italia porta a dedicare “sacrari” a Rodolfo Graziani o permette ai “Fratelli d’Italia” di sputare sul 25 Aprile, in Russia fa inaugurare, con tanto di sigillo governativo, targhe, busti e lapidi ai peggiori arnesi di guardie bianche e interventisti stranieri della guerra civile.

In media mondiale, quindi, con un “indice Gini” della politica interclassista.

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