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Ottanta anni fa l’insurrezione del Ghetto di Varsavia

In Polonia in questi giorni si ricorda la rivolta del ghetto di Varsavia, esplosa il 19 aprile 1943, e che è passata alla storia come il più significativo atto di resistenza degli ebrei contro lo sterminio nazista durante la Seconda guerra mondiale. Il ghetto era stato istituito nel 1940, quando i nazisti tedeschi eressero un muro che separava una parte del centro città dentro la quale vennero costretti a vivere in condizioni bestiali quasi mezzo milione di ebrei della capitale e delle aree limitrofe.

Il ghetto di Varsavia fu il più grande tra quelli creati dai nazisti. A innescare la rivolta nella primavera del 1943 fu l’intenzione dei nazisti di liquidare il ghetto, conseguenza diretta della decisione di risolvere la questione ebraica con una “soluzione finale” che era stata raggiunta dai vertici tedeschi alla conferenza di Wannsee del gennaio 1942.

Dal luglio 1942, nel giro di due mesi, circa 300 mila ebrei del ghetto furono deportati al campo di sterminio di Treblinka, in cui ne venne uccisa la maggioranza, mentre altri 10 mila morirono di stenti e malattie nel ghetto. Questo ridusse la popolazione del ghetto di quasi il 75 per cento, circa 60 mila persone.

La consapevolezza che le autorità tedesche volevano procedere al totale sterminio cambiò il carattere della resistenza ebraica al suo interno. In particolare i comunisti, ben presenti nella comunità ebraica, decisero che era il momento della resistenza armata allo sterminio, imponendosi sulle componenti più arrendevoli o addirittura già coinvolte nella collaborazione con i nazisti.

La narrazione ufficiale tende a minimizzare il ruolo della Gwardia Ludowa (Guardia del Popolo), poi rinominata Armia Ludowa (Armata del popolo), come venivano chiamate le cellule della guerriglia comunista attive soprattutto nella zona orientale del paese e che diedero un importante contributo di appoggio logistico alle brigate ebraiche durante la rivolta del ghetto di Varsavia.

Tra i protagonisti della Resistenza nel Ghetto spiccano Emmanuel Ringelbaum, Mordechai Anielewicz (quest’ultimo si suicidò per non arrendersi ai nazisti che stavano rastrellando il ghetto in rivolta) e Marek Edelman. Un esempio di resistenza per sopravvivere alla deportazione e ai campi di concentramento, ma anche per riscattare la vergogna dei collaborazionisti dello Judenrat.

Emanuel Ringeblaum riesce a scappare dal ghetto nella parte “ariana” della città insieme alla moglie e al figlio, ma in un secondo momento ritorna nel ghetto e nel luglio del 1943 viene deportato nel campo di lavoro di Trawniki da cui la resistenza polacca riesce a farlo scappare travestito da ferroviere.

Si ricongiunge alla famiglia e rimane nascosto a Varsavia fino al 7 marzo 1944 quando – a seguito di una denuncia ancora non identificata – la Gestapo lo arresta insieme a moglie, figlio e tutti gli altri nascosti con loro.

Mordechai Anielewicz già a gennaio prese l’iniziativa di impedire la deportazione di un gruppo di ebrei ai campi di sterminio, iniziando la rivolta che sarebbe terminata il 16 maggio 1943. Anielewicz si suicidò, con la sua fidanzata e lo stato maggiore l’8 maggio, quando la loro cattura da parte dei nazisti era ormai inevitabile.

Marek Edelman fu il comandante dell’insurrezione del ghetto di Varsavia del 1943. Dopo settimane di eroica lotta, condotta senza alcuna speranza di vittoria, gli ultimi sopravvissuti, guidati da Edelman, lasciarono il ghetto attraverso le fogne raggiungendo la componente di sinistra della resistenza polacca, continuando poi la lotta armata fino alla liberazione dal nazismo e, in particolare, partecipando all’insurrezione generale di Varsavia dell’estate 1944.

Edelman era un militante del Bund, un’organizzazione socialista di sinistra fortemente contraria al sionismo, a cui apparteneva la maggioranza dei combattenti dell’insurrezione del ghetto di Varsavia e che alle elezioni interne alla comunità ebraica del 1939 prese ben il 62% dei voti, mentre l’insieme delle forze sioniste solo il 20%.

L’insurrezione nel Ghetto di Varsavia, scoppiata il 19 aprile 1943, durò fino al 16 maggio dello stesso anno. La rivolta venne sconfitta sanguinosamente, ma il suo significato politico e morale fu enorme.

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