Abbiamo chiesto ieri, a poche ore dalla triste uscita di scena di uno dei più grandi e originali uomini di cultura e di teatro del ‘900 – quel Roberto De Simone che, come scrivevamo su queste pagine, ha rivoluzionato linguaggi e convenzioni teatrali attraverso lo studio antropologico delle strutture arcaiche delle culture meridionali e attraverso una sapiente riscoperta etnografica dei codici musicali – abbiamo chiesto, dicevamo, a Isa Danieli, altra splendida figlia di Napoli e patrimonio delle scene internazionali, di lasciarci un suo ricordo.
E Isa ha acconsentito, affidandoci un breve scritto. Che rappresenta al tempo stesso uno squarcio di commossa memoria personale e un attestato di amore fraterno per un amico e un Maestro, con cui la Danieli ha compiuto un pezzo di strada fondamentale.
Contribuendo, col suo indiscusso talento di attrice, anche alla nascita della “Gatta Cenerentola“. Spettacolo cult che a molti sembrò allora “troppo audace e dissacrante“, come scrive ieri mattina Giulio Baffi su Repubblica. Buona lettura.
*****

Per voi Roberto era un gigante della musica e della ricerca popolare, per me un meraviglioso guitto. Un folletto, un pazzo colto e straordinario.
Fu lui che mi tolse il terreno da sotto ai piedi (copione, convenzione teatrale) con quel sogno erotico di quella lavandaia del terzo atto di Gatta Cenerentola. Mi spinse in un territorio fino allora inesplorato: dovevo “perdermi” in un sabba mediterraneo, tarantolato.
Quel gran cerimoniale barocco, ci fu trasmesso con una serie di “pizzini”, foglietti scritti a mano che lui distribuiva giorno per giorno alle prove. Prove che tenevamo al dopolavoro delle poste!
Paga uguale per tutti (facevo già l’attrice da una ventina d’anni), ci allacciavamo i costumi meravigliosi di Odette Nicoletti l’un l’altro. E c’era una sarta sola per una ventina di attori.
Bellissimo il suo vocabolario. Alto, basso, a volte bassissimo. L’indicazione per quel primo coro delle lavandaie, non fu “epico e brechtiano“ ma una nota sola. Sempe ‘a stessa…
Per il resto sono nottate in macchina nella mia 500 dove si parlava di tutto e di niente. E il tempo si fermava.
Le lunghe telefonate notturne diventarono indicazioni di regia. Mi registrai in segreteria l’intero brano della Tarantata della lavandaia del terzo atto, per cui non bastava un pizzino.
Addio Roberto. Grazie di tutto!
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
