La notizia è arrivata ieri in prima serata. Kostas Vaxevanis, il giornalista greco rapidamente ribattezzato ‘l’Assange greco’ dai media dopo il suo arresto, è stato assolto.
Il direttore della rivista ‘Hot Doc’, “colpevole” di aver pubblicato, sul numero uscito nelle edicole lo scorso fine settimana, i nomi di 2.059 paperoni greci che avrebbero da anni nella banca svizzera HSBC conti per un valore di circa 2 miliardi di euro mai dichiarati al fisco, è stato quindi scagionato dall’accusa di ‘violazione della privacy’. Accusa da subito apparsa ridicola e pretestuosa, ma che gli era costata alcune ore di detenzione.
”Questo è un processo politicamente motivato e istruito per vendetta” aveva denunciato ieri in mattinata il 46enne giornalista d’inchiesta poco prima dell’inizio dell’udienza. Pochi minuti e poi tutto era stato interrotto. Fino a quando nel tardi pomeriggio sono cominciate a circolare voci sul fatto che la sentenza sarebbe arrivata di lì a poco. E così è stato, catalizzando l’attenzione dei media del paese e dell’opinione pubblica ellenica, che assiste con sconcerto alla vera e propria persecuzione contro i giornalisti ficcanaso. Persecuzione che ha colpito in pochi giorni ben 5 reporter, arrestati o rimossi dal proprio incarico.
Tra i temi tabù, anche per il nuovo governo che pure proclama un giorno si e l’altro pure la guerra senza quartiere ai contribuenti disonesti, la corruzione e l’evasione fiscale. Fenomeno assai diffuso in categorie sociali ampie – commercianti e imprenditori in particolare – ma che ha garantito alle oligarchie del paese di sopravvivere alla crisi che sta affondando la popolazione della Grecia e che anzi ha aumentato il divario tra i super ricchi e una classe media precipitata nel baratro della povertà – o quasi – da tagli orizzontali e indiscriminati al welfare, ai servizi, ai salari e alle pensioni. Una ristretta cerchia di superevasori ha esportato più o meno legalmente all’estero miliardi di euro di fondi sottratti al fisco, sotto gli occhi compiacenti di una classe politica trasversalmente subalterna all’oligarchia. E oggi, mentre il parlamento greco si accinge a votare misure intollerabili – decine di migliaia di licenziamenti nel settore pubblico, privatizzazioni, aumento dell’età pensionabile – il governo invece di punire i grandi evasori e recuperare il maltolto fa arrestare i giornalisti che denunciano connivenze e complicità mettendo a nudo un nervo scoperto. Secondo un rapporto Ue reso noto lo scorso anno, l’evasione fiscale in Grecia ammonta a circa 60 miliardi di euro, una cifra pari a un sesto del suo debito e alle manovre finanziarie degli ultimi anni messe insieme.
Nei giorni scorsi i partiti di governo – Nuova Democrazia e Socialisti in particolare – erano finiti sul banco degli imputati insieme alla Guardia di Finanza ellenica (Sdoe) che da due anni possedeva la lista dei potenziali evasori consegnata due anni fa ad Atene dalla Lagarde senza che nessuno mai verificasse, indagasse, prendesse provvedimenti. Fino a che l’arresto di Vaxevanis ha mostrato all’opinione pubblica che anche la magistratura ellenica si è prestata alla difesa dei privilegi dell’oligarchia. Il giornalista impiccione infatti è stato arrestato per ordine dei magistrati senza che nessuno dei 2059 personaggi citati nella famosa lista sporgesse denuncia contro di lui, e per un reato che al massimo può portare a una multa.
Il presidente della Federazione internazionale della stampa, Jim Boumelha, che ha testimoniato a difesa di Vaxevanis, si è detto ”sorpreso” per l’arresto del collega greco e ha definito il processo ”un’assurda farsa”. ”Se fossi stato al posto di Costas, anch’io avrei fatto la stessa cosa”, ha affermato invece Dimitris Trimis, presidente del sindacato dei giornalisti ateniesi, sottolineando che ”un conto bancario non è più un dato personale. Oggi viviamo in un’epoca di trasparenza”. Nel corso della requisitoria in cui ha chiesto la condanna dell’imputato, il pubblico ministero ha accusato Vaxevanis ”di aver ridicolizzato in pubblico una serie di persone e di averle messe in balia di una società assetata di sangue” ed ha concluso affermando che ”la soluzione dei problemi che il Paese sta attraversando non è il cannibalismo” ed ha chiesto che il giornalista fosse condannato a 3 anni di carcere. Ma poi, dalla camera di Consiglio, è arrivata l’assoluzione, accolta dagli applausi dei sostenitori del giornalista presenti in aula.
Una parziale, buona notizia, per un popolo abituato da anni a notizie tragiche. Così come la bocciatura della riforma delle pensioni in procinto di essere varata dal governo Samaras da parte della Corte dei Conti ateniese. Una notizia questa che non necessariamente equivale a una sospensione dell’iter di approvazione delle ingiuste e gravi misure contro i lavoratori e i pensionati ellenici. Il pronunciamento dei magistrati contabili ha ‘solo’ una valore consultivo, e quindi il premier potrà scegliere di sfidare la Corte dei Conti portando in Parlamento la riforma delle pensioni senza emendarla, oppure attenuare i tagli su quel fronte e accentuarli su un altro. Nel tentativo di placare gli appetiti di una troika che – questa si – appare ai greci assetata del loro sangue.
Ieri intanto la notizia ha provocato un crollo in Borsa ed ha aumentato il caos all’interno di una maggioranza di governo in progressivo spappolamento. Dopo l’espulsione di un deputato di Nuova Democrazia e le dimissioni di un collega di Dimar qualche giorno fa, ieri il Pasok ha perso due eletti al Parlamento, e altri sei si sono dichiarati dubbiosi sul voto alla manovra finanziaria da 13 miliardi di tagli e nuove tasse. La posizione più difficile è quella di Sinistra Democratica (Dimokratiki Aristera) che non potrà continuare a fare melina sul proprio voto alla manovra varata dal governo che sostiene. Ieri il segretario Fotis Kouvelis ha ribadito che i suoi voteranno i tagli ma non la riforma sul lavoro e che se Samaras deciderà di inserire tutte le misure in un solo provvedimento voteranno contro, uscendo di fatto dalla maggioranza.
Un’influenza importante sul voto dei parlamentari lo avrà sicuramente lo sciopero generale di 48 ore convocato dai tre sindacati ellenici – Gsee, Adedy e Pame – per il 6 e 7 novembre. L’assedio al Parlamento di decine – o centinaia – di migliaia di lavoratori, disoccupati e pensionati potrebbe convincere più di qualcuno alla defezione.
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