Ultimi aggiornamenti da Michele Giorgio da Gaza:
ore 20.40: Michele Giorgio riferisce di esplosioni a ripetizione
ore 20.00:
ore 19.40: l’agenzia Nena News rende noti i seguenti dati forniti dalle autorità ospedaliere palestinesi di Gaza: Sono 4 i morti dell’attacco israeliano al campo profughi di Al Maghazi. I loro nomi: il comandante Ahmad Abu Jalal, suo fratello Amjad Abu Jalal, il loro nipote Ziad Abu Jalal, Hasan Salem Abu Hamila. Secondo il portavoce medico Adham Abu Salmiya ci sono 270 feriti da mercoledì. Di questi oltre 250 sono civili. I morti palestinesi accertati sono saliti a 23.
ore 18.10: Nonostante siano sempre più insistenti le voci, il portavoce delle forze armate israeliane per la stampa araba, Avichay Adraee, ha negato l’abbattimento di un caccia da parte dei militanti palestinesi delle Brigate Ezzedin al-Qassam. Secondo l’agenzia Al Aqsa news, le Brigate AlQassam hanno invece rivelato l’origine del nome dato al razzo M75 (quello che ha colpito Gerusalemme). La M è in memoria del Martire Ibrahim Makadmeh e 75 sono i chilometri del raggio d’azione del razzo.
ore 18.00: l’agenzia Nena News riferisce che Il canale televisivo israeliano Channel 7 afferma che l’aviazione israeliana ha colpito la casa di Mohammed Abu Shanala, comandante del braccio militare di Hamas. Secondo il rapporto la sua casa e’ stata completamente distrutta, ma non e’ chiaro se il comandante sia stato ferito o ucciso nel raid aereo.
ore 17.15: Da Gaza le brigate Ezzedin al-Qassam, dichiarano di aver abbattuto un velivolo militare israeliano nella Striscia. Lo ha riferito lo stesso gruppo militante islamico, stando a quanto ha riferito l’emittente “Al-Jazeera”. Il velivolo militare israeliano che le Brigate al-Qassam, braccio armato di Hamas, sostengono di aver abbattuto sarebbe un caccia F16. La notizia per ora non trova conferma da fonti israeliane.
Intanto, secondo quanto riferisce il quotidiano israeliano “Haaretz”, le sirene di allarme antimissilistico stanno risuonando nell’area di Gerusalemme. Tre razzi “Fajr-5” di fabbricazione iraniana, lanciati dalla Striscia di Gaza, si sarebbero abbattuti al suolo su villaggi situati alle porte della Città Santa. Lo ha reso noto il Canale 10 della televisione di stato israeliana, che però non ha parlato di eventuali vittime. Le sirene di allarme antimissilistico non risuonavano a Gerusalemme dai tempi della prima Guerra del Golfo, nel 1991. Ma Gerusalemme era dal 1970, dice Ha’aretz, che non veniva colpita.
La foto di Gerusalemme raggiunta da tre razzi palestinesi
Migliaia di palestinesi hanno manifestato in Cisgiordania, a sostegno della popolazione della Striscia di Gaza: lo slogan più gridato è stato l’invito a Hamas a “bombardare Tel Aviv”. I manifestanti hanno bruciato le bandiere di Israele e issato l’effige del comandante Ahmed Jaabari, ucciso mercoledì in un raid israeliano mirato.
Nella capitale israeliana Tel Aviv i militari e la popolazione cominciano ad andare nei rifugi quando suona l’allarme.
Un aggiornamento di Michele Giorgio a metà mattinata da Gaza:
Qui di seguito la corrispondenza di Michele Giorgio che si trova a Gaza
Piange Sami Ajrami, per la sua bimba. La scheggia di una bomba esplosa a pochi metri dalla sua casa ha reciso di netto due dita della piccola. Sami non si dà pace, lo sfogo del pianto non basta a tenere a freno quel misto di rabbia e disperazione che gli stringe lo stomaco da quando uno dei raid aerei israeliani ha rischiato di sterminare la sua famiglia. Un dramma umano ma anche professionale, perché lui con gli israeliani lavora da anni, come giornalista. Il suo ebraico perfetto lo ha portato qualche anno fa all’incarico di collaboratore fisso di un canale tv. Lavoro che però non lo ha reso immune dall’offensiva aerea cominciata giovedì con l’assassinio del comandante militare di Hamas, Ahmed Jaabari.
Anche Sami è sotto le bombe, come tutti i palestinesi. E nemmeno il potente nome della Bbc ha potuto proteggere Jihad Misharawi, cameraman dell’emittente britannica. I medici e gli infermieri dell’ospedale Shifa raccontano di quando giovedì sera Mishrawi è entrato di corsa nella sala del pronto soccorso con in braccio il figlio più piccolo, Omar, ormai senza vita. E non dimenticano neanche la giovane donna incinta arrivata morta all’ospedale.
Si piange anche dall’altra parte del confine. Un palazzo a Kiryat Malachi, nel sud di Israele, ieri è stato centrato in pieno da uno dei razzi sparati dai palestinesi dopo l’assassinio di Ahmed Jaabari. Forse un Grad, più potente degli artigianali Qassam. Gli uccisi sono stati tre, una coppia di trentenni e una giovane di 20 anni. Morti che potrebbero innescare quell’offensiva di terra, parallela a quella dell’aviazione, tante volte minacciata dal premier Netanyahu e dal ministro della difesa Barak. I razzi ieri hanno raggiunto anche Holon, Rishon Letzion ed uno di essi è caduto nelle acque davanti Giaffa, alle porte di Tel Aviv dove hanno suonato le sirene di allarme. La guerra, evidentemente, non serve a bloccare i lanci di razzi, come aveva già dimostrato “Piombo fuso” nel 2008. Il problema era e rimane l’assedio di Gaza, è un problema politico, non militare. Eppure Netanyahu e Barak vanno avanti. Ripetono di voler garantire la piena sicurezza della popolazione israeliana e di voler ristabilire il «potere di deterrenza» di Israele. I riservisti sono stati richiamati, i carri armati sono pronti in qualsiasi momento ad entrare a Gaza. L’aviazione attende l’ordine di intensificare le incursioni che hanno fatto 15 morti fino a ieri sera, tra i quali anche bambini, come Hanin e Walid, rispettivamente di nove mesi e due anni e mezzo. I feriti sono oltre 150. L’israeliana Michal Vasser però dice «no» alla guerra. Vive nel kibbutz Kfar Aza dove non poche volte cadono i razzi lanciati da Gaza. Ma rifiuta un conflitto, gli attacchi alla popolazione palestinese. «Per piacere non difendetemi, non in questo modo», ha scritto sul quotidiano Haaretz rivolgendosi a Netanyahu e Barak. Un altro israeliano, Gerhson Baskin, un pacifista che è stato mediatore nella difficile trattativa per lo scambio un anno fa tra il soldato Ghilad Shalit, rimasto prigioniero a Gaza per cinque anni, e un migliaio di detenuti palestinesi, ha rivelato che nei giorni scorsi aveva avviato i passi necessari per la tregua, resi vani dall’assassinio di Ahmad Jaabari, sepolto ieri al termine di un funerale seguito da migliaia di palestinesi. Una pioggia di critiche ed attacchi lo ha sommerso quando lo ha rivelato ai mezzi d’informazione.
Oggi arriva a Gaza il premier egiziano Hisham Qandil, assieme ad alcuni ministri. È una evidente manifestazione di appoggio del governo dei Fratelli musulmani all’esecutivo di Hamas dopo il gelo sceso sulle già difficili relazioni con Israele, segnato dal richiamo reciproco degli ambasciatori. La popolazione spera che il primo ministro egiziano si dimostrerà in grado di avviare una mediazione per mettere fine all’escalation. La notizia arriva anche allo Shifa ma nessuno ci fa caso. Medici e infermieri del principale ospedale di Gaza sono impegnati da due giorni a prestare soccorso ai feriti che arrivano in continuazione.
«Presto presto, allontanatevi, fate passare», urla un poliziotto cercando di aprire tra la folla di parenti, curiosi e giornalisti un varco per far passare la barella spinta da due infermieri. Il ferito si copre il volto con il gomito. «Arriva da Sudaniyeh, è un uomo di 52 anni», spiega Maher, un giovane pescatore da tempo impegnato ad aiutare gli attivisti stranieri che vivono a Gaza. Passa qualche minuto e un’ambulanza entra velocemente nel cortile dello Shifa. Altra corsa di fotografi e giornalisti. Stavolta è un agente della forze di sicurezza colpito a Tual, a nord di Gaza. Accanto a Maher, prendono appunti Rosa Schiano di Napoli e Alessandro Romano di Matera. Sono qui a Gaza in solidarietà con la popolazione palestinese e riversano tutte le informazioni che raccolgono nei social network. «La scorsa notte ero a Jabaliya, ospite di una famiglia e non abbiamo chiuso occhio – racconta Romano – i bombardamenti aerei sono stati continui e la casa tremava quando i missili cadevano a breve distanza».
Per il portavoce militare israeliano tutti gli obiettivi colpiti erano basi dell’ala militare di Hamas e dei servizi di sicurezza. A Gaza invece sottolineano gli effetti dei raid sulla popolazione civile. Un gruppo di una decina di cooperanti di Ong italiane con progetti nella Striscia di Gaza, ha diffuso un comunicato per rimarcare che i civili palestinesi stanno «subendo i continui attacchi di droni, bombardamenti, fuoco navale di questa offensiva militare indiscriminata e sproporzionata». «Ci rivolgiamo alle persone di coscienza in tutto il mondo – hanno aggiunto i cooperanti – perché si oppongano a questa aggressione illecita contro i civili palestinesi. La comunità internazionale deve intervenire con urgenza per fermare questi violenti attacchi». Su Gaza è calata ieri una notte di paura e tensione. E di timore per l’offensiva di terra preparata da Israele. Mentre scriviamo arriva la dura presa di posizione del ministro della difesa israeliana Barak, infuriato per il lancio di un razzo palestinese che, per la prima volta, è caduto alle porte di Tel Aviv. Annuncia di avere mobilitato 30 mila riservisti e ha dichiarato: «I palestinesi pagheranno un prezzo altissimo».
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