Nena News. La strana morte di Yasser Arafat, uno dei più grandi misteri del Medio Oriente, potrebbe cominciare ad avere una soluzione a partire da oggi con l’esumazione della salma del presidente palestinese, deceduto in un ospedale francese nel novembre 2004, che sarà esaminata da team di specialisti provenienti da Francia, Svizzera e Russia. Un mistero in effetti non lo è mai stato per i palestinesi che, un po’ tutti, pensano che «Abu Ammar» (il nome di battaglia di Arafat) sia stato avvelenato da collaborazionisti di Israele. Gli esperti – quelli francesi sono stati nominati dopo una denuncia presentata alla Procura di Parigi dalla vedova di Arafat, Suha Tawill – andranno alla caccia di tracce di polonio, una sostanza altamente pericolosa trovata lo scorso agosto su indumenti ed oggetti appartenuti al leader palestinese.
La riesumazione della salma di Arafat giunge mentre un alto esponente dell’establishment israeliano, il ministro della difesa Ehud Barak, che nel 2000 legò il suo nome a quello del presidente palestinese scomparso, annuncia il suo inatteso abbandono della politica. Barak, in qualità di primo ministro laburista, fu protagonista 12 anni fa del drammatico fallimento a Camp David (era presidente americano Bill Clinton) delle trattative per quella che a quel tempo era nota come la «soluzione definitiva» del conflitto israelo-palestinese, sulla base degli Accordi di pace di Oslo, firmati sette anni prima alla Casa Bianca.
L’ex premier israeliano ordinò una dura repressione della seconda Intifada palestinese nei pochi mesi nei quali rimase ancora al potere fino alla pesante confitta elettorale che, all’inizio del 2001, vide l’ascesa della destra di Ariel Sharon. L’improvvisa uscita dalla scena politica di Barak – frutto anche di contrasti personali con il premier Netanyahu – apre la strada, con ogni probabilità, alla nomina a ministro della difesa dell’attuale ministro degli esteri Lieberman. Dopo le legislative israeliane del prossimo 22 gennaio Netanyahu sarà ancora primo ministro (lo dicono tutti i sondaggi) di un governo «di guerra» (all’Iran). Lieberman, un ultranazionalista di destra, da parte sua non nasconde di volere la difesa in vista dell’attacco israeliano alle centrali atomiche iraniane di cui si parla da mesi se non da anni. Netanyahu quindi potrebbe optare per un ministro degli esteri con una immagine più moderata da spendere all’estero.
Intanto, a pochi giorni dalla fine dell’offensiva militare israeliana “Colonna di Difesa” contro Gaza, il movimento islamico Hamas sembra spaccarsi sulla richiesta di adesione dello Stato di Palestina (come non membro-osservatore) che il 29 novembre il presidente dell’Olp e dell’Anp Abu Mazen presenterà all’Onu. Se da un lato il leader uscente, Khaled Meshaal, si dice favorevole all’iniziativa, dall’altro non pochi dei dirigenti di Hamas a Gaza, tra i quali il premier Ismail Haniyeh, si dichiarano contrari. La frattura sulla questione dello Stato segue i passi mossi nei giorni scorsi dal partito di Abu Mazen, Fatah, e dal movimento islamista verso una possibile riconciliazione nazionale, con l’annuncio della scarcerazione di prigionieri politici da entrambe le parti.
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