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Regno Unito: offensiva dei ferrovieri contro il nuovo governo

I lavoratori dell’azienda britannica che gestisce il trasporto ferroviario sono di nuovo sul piede di guerra. I dipendenti del Network Rail organizzati dal sindacato RMT (The National Union of Rail, Maritime and Transport Workers) hanno infatti dichiarato un nuovo sciopero di 24 ore per il prossimo 25 maggio. Con ogni probabilità, se portato fino in fondo lo sciopero avrà un fortissimo impatto sui servizi ferroviari in tutto il Regno Unito e si pensa potrebbe rivelarsi uno dei blocchi più estesi di sempre, con pesanti ripercussioni sulla quotidianità di milioni di cittadini. Quello dei combattivi ferrovieri dell’RMT sarebbe il primo sciopero di questa portata (nel Regno Unito 24 ore di sciopero non sono certo usuali) da vent’anni a questa parte, ma in certe categorie del mondo del lavoro si fa strada la convinzione che sia proprio arrivata l’ora di fermare tutto e scendere in strada.
Innanzitutto occorre tener presente la controparte: Network Rail, già Railtrack, è l’agenzia responsabile del coordinamento e il mantenimento della rete ferroviaria in Gran Bretagna. È una società a responsabilità limitata fondata nel 1993, quando il governo del conservatore John Major pensò bene di privatizzare il sistema ferroviario del paese. I lavoratori sul piede di guerra svolgono attività di segnalazione e di mantenimento, un lavoro altamente specializzato che richiede un alto livello di qualificazione.
Il sindacato RMT, che a livello mondiale fa parte del WFTU (Federazione Sindacale Mondiale), ha convocato pochi giorni fa un’assemblea generale dei suoi iscritti e simpatizzanti per decidere il da farsi dopo che i negoziati con Network Rail – relativi a salari e licenziamenti – non avevano portato a un risultato soddisfacente per i lavoratori. L’azienda aveva infatti proposto un incremento salariale risibile, che l’RMT ha ritenuto non coprire assolutamente l’aumento del costo della vita reale degli ultimi anni. Il sindacato ha anche respinto la proposta dell’azienda di bloccare i licenziamenti fino a dicembre 2016, considerandola non sufficiente a garantire la sicurezza del posto di lavoro agli impiegati: un solo anno in più non basta a tutelare la stabilità delle famiglie.
Una portavoce dell’RMT ha dichiarato che la lotta ai licenziamenti è ciò che più interessa al sindacato, affermando che “quello che vogliono fare è estromettere senza giusta causa dall’azienda alcuni lavoratori. Contemporaneamente, si stanno avvicinando a un modello occupazionale che si regge su lavoratori temporanei e con contratti zero hours”.
Un corrispondente della BBC, John Moylan, ha ricordato che il fatto stesso che l’RMT abbia dato un preavviso di sciopero di ben 10 giorni – nel Regno Unito è obbligatorio annunciare una mobilitazione almeno una settimana prima della sua effettiva realizzazione – potrebbe dare ad entrambe le parti più tempo per risolvere la controversia in maniera concordata. Uno spiraglio nelle trattative dunque, un regalo del sindacato che bisognerà vedere se la direzione di Network Rail saprà (e vorrà) sfruttare.
Nel momento in cui un accordo si rivelerà impossibile, si passerà dunque all’offensiva di piazza. Sarà il primo importante sciopero sotto il nuovo governo scaturito dalle elezioni di inizio maggio ed è stato dichiarato negli stessi giorni in cui l’amministrazione Cameron ha annunciato l’intenzione di limitare fortemente il diritto di sciopero: tra le altre proposte, il governo vuole abolire la legge che vieta ad un’azienda di pagare lavoratori temporanei per sostituire quelli in sciopero. Se tali cambiamenti saranno effettuati avrà conseguenze gravissime per i lavoratori della Gran Bretagna, rendendo completamente impotente e ininfluente l’atto di scioperare.
La reazione dell’opinione pubblica britannica non sembra, per ora, particolarmente solidale con gli scioperanti. Disinformazione e terrorismo mediatico, come sempre accade in questi casi, fanno la loro parte: si va dal commento del quotidiano londinese The Metro, che recita “è ora di rompere con i sindacati: i minatori sono stati sistemati e ora possiamo fare lo stesso con questi”, alle parole dell’amministratore delegato di Network Rail, che parla di “sciopero che terrà i passeggeri in ostaggio”.
Sarebbe interessante capire se è più criminale chi “tiene in ostaggio” pendolari e turisti o chi consapevolmente ci lega mani e piedi con politiche classiste e discriminatorie, chi non tollera i diritti perché esistono solo i doveri, chi dispensa precarietà e insicurezza perché il profitto deve salire.
C’è più bisogno che mai di capire quel che sta succedendo e di schierarsi con decisione: prendere parte nel conflitto in atto, che sia anche una singola vertenza particolare, com’è quella dei lavoratori delle ferrovie inglesi, è ormai una questione di coscienza. E il grillo parlante non c’entra nulla stavolta, la coscienza è un’altra e chi ha orecchie per intendere…

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