Un articolo apparso stamane sul New York Times riprende la nota ufficiale dei generali israeliani che confermano ciò di cui si vocifera da tempo: la creazione di muri sotterranei sul confine con la Striscia di Gaza. A giustificazione della nuova impresa di Tel Aviv ci sono le impressioni degli abitanti d’Israele che vivono a ridosso del confine, una sorta di voci di dentro. Rumori di sterro celati da presunte stanze stereo, “scavatrici” con cui Hamas crea nuovi tunnel per attacchi in territorio israeliano, sino a vere e proprie fobìe di possibili esseri che sbucano dal terreno. A questi segnali, reali o presunti, i generali di Tsahal prestano particolare attenzione tanto che da tempo attuano uno specifico addestramento militare. Usano supporti tecnici che simulano azioni e fasi di battaglia da sviluppare anche negli angusti spazi dei tunnel. Un lavoro predisposto da ingegneri che hanno messo a punto strumenti con cui vengono addestrati i reparti che potrebbero affrontare quelle condizioni di scontro. La preparazione rientra nella tipologia di conflitto fisio-psicologico da anni studiato e attuato da Israele. Per giustificare l’iniziativa delle barriere sotterranee (all’epoca di Mubarak si proponeva di crearne anche sul confine egiziano di Rafah) l’Idf mostra alcune immagini aeree.
Indicano due presunti ingressi di tunnel presenti a Gaza city: Al-Atatra e Beit Lahia, in direzione dell’attraversamento di Erez. Uno sarebbe sotto un edificio di sei piani, l’altro si sviluppa nelle viscere della casa dove vive con la famiglia uno dei capi di Hamas, in un’area prospiciente la moschea. Tutte le notizie sono diffuse dal Mossad e sostengono come Hamas stia costruendo infrastrutture per l’eventualità d’un conflitto nell’area civile. Il documento non specifica se quest’area sia il territorio israeliano o, invece, quello di Gaza, che farebbe pensare a nuovi attacchi pianificati contro i palestinesi come lo furono: “Piombo Fuso” (2008-09), “Pilastro di difesa” (2012), “Margine di protezione” (2014) che provocarono rispettivamente 1.400, 171 e 2.300 morti fra i gazawi, molti dei quali civili; 91 vittime fra gli israeliani, quasi tutti militari. In realtà da tre anni la situazione nell’area non ha prodotto grandi incidenti. Secondo i fautori d’una sedicente sicurezza grazie all’Iron Dome, il costosissimo sistema difensivo che intercetta nello spazio aereo possibili razzi e missili lanciati dalle formazioni della resistenza palestinese.
Di fatto, anche per la fase di difficoltà politico-militare vissuta dal partito di Hamas nello sconquasso dell’area mediorientale con la guerra civile siriana e la liquefazione dell’Iraq. Dalla debolezza del fronte palestinese cerca di trarre vantaggi la linea securitaria del premier Netanyahu che rilancia la necessità di sigillare i confini della propria nazione, soffocando le vite dei vicini gazawi. E visto che l’iperdifesa è un ottimo viatico per le fobìe della popolazione ebraica il governo rilancia ulteriori spese e per il muro, previsto a 130 metri sottoterra, è pronto un miliardo di dollari. Un progetto cui guardano con interesse vari leader dell’isolazionismo che sdogana paura e angosce: dall’immancabile Trump antimessicano, agli “europeisti” razzisti di Visegraad. Mentre esercito e Intelligence israeliani sono impegnati per evitare che le fasi della costruzione producano contestazioni politiche e Intifade, un migliaio di maestranze sono già in fase operativa. “La minaccia israeliana non spaventerà la resistenza”, afferma un portavoce del partito islamista palestinese, aggiungendo che l’esperienza acquisita nei decenni farà trovare ai combattenti la via per aggirare il nuovo ostacolo.
articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it
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