La destra di potere e di governo, quella che con poche famiglie possiede il Cile, ha una gran paura! Come a novembre 2019 (allora riuscì a restare in modo truffaldino, purtroppo) trema di fronte al furore popolare e si trova costretta a cedere alla potente protesta dei portuali, che ieri hanno bloccato oltre 20 porti in tutto il Cile da Iquique a Puerto Montt. Barricate e incendi di copertoni bloccano gli inutili tentativi di recuperare gli spazi portuali da parte governativa.
Anche altri sindacati si sono uniti alla protesta, da quello degli impiegati pubblici, ANEF, a quelli del mondo accademico – sia studentesco che degli insegnanti, che per venerdì 30 aprile invitano a uno sciopero generale della salute. Infatti alla vertenza per il terzo ritiro dei fondi dalle AFP si uniscono una serie di tematiche di fondo, le stesse che hanno dato vita alla “esplosione sociale” iniziata il 18 ottobre 2019 ed ancora in corso.
Piñera aveva fatto ricorso al Tribunale Costituzionale per impedire che venisse attuata la possibilità del terzo ritiro dei fondi dei pensionati dalle AFP. Il Tribunale gli ha rilanciato la palla bocciando il suo ricorso per 7 voti contro 3.
Ora tocca a lui, in quanto Presidente della Repubblica, di decidere se promulgare la “legge del terzo ritiro” o bloccarla definitivamente. A seguito della bocciatura del ricorso di Piñera da parte del Tribunale Costituzionale, ormai sembra che a Piñera non resti che promulgare il decreto per il terzo ritiro del 10%.
Anche Evelyn Mattei, della UDI, uno dei partiti governativi, suggerisce tassativa a Piñera che “non rimane che promulgare oggi stesso la legge del ritiro”. Voci di dimissioni del gabinetto politico si rincorrono freneticamente dei corridoi della Moneda, e anche qualche mezza ammissione del Ministro degli Interni, Rodrigo Delgado.
Per salvarsi in blocco, anche i partiti governativi questa volta chiederanno le dimissioni di Piñera?
No, non tutti. Il Partido Republicano sostiene che quella del Tribunale Costituzionale è una scelta di “resa incondizionata di fronte a una sinistra antidemocratica che per vie di fatto cerca di usurpare il potere e una destra vigliacca che ha messo gli interessi elettorali avanti al suo impegno con la Costituzione e la legge”. Comunque Piñera sa che è arrivato alla frutta.
Il 25 aprile, aveva fatto un tentativo disperato per salvare le sue motivazioni del no al ritiro dei fondi, presentando un progetto di legge che rappresenta la classica toppa che è peggio del buco. Con questa proposta, infatti, in qualche modo concede il ritiro, ma finanzia comunque le AFP e spese dell’erario e quindi di tutto il popolo cileno. Questo ha fatto infuriare ancora di più la popolazione, ovviamente. Inaccettabile. E non è passata.
Ormai è fuor di dubbio: le AFP sono la scintilla, come i 30 pesos del biglietto della metro. Il popolo cileno in tutte le sue espressioni non sopporta più le angherie neoliberiste spinte dei suoi governanti. È altrettanto certo che tutti cercheranno di intestarsi la vittoria, che invece appartiene solo al popolo organizzato.
Il giornale la Izquierda (qui sotto l’articolo) fa anche notare come il PCC non si sia esattamente posto alla guida di questa seconda ondata di ribellione, che probabilmente riuscirà ad ottenere la testa di Piñera. Ed ha ragione…
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Piñera assume la sconfitta e decreterà il ritiro del 10 % di fronte alla minaccia di estensione di scioperi e proteste
Il governo è stato sconfitto. L'”opposizione parlamentare” cercherà di dimostrare che è stato “il suo trionfo” con le sue manovre. Niente di più lontano dalla realtà. Sono stati gli scioperi portuali, i cacerolazos e la protesta popolare, e la sua minaccia di estenderla, soprattutto, ai settori strategici della classe operaia, a portare alla sconfitta di Piñera.
Direttore La Izquierda Diario Chile / Partido de Trabajadores Revolucionarios
Martedì 27 aprile | 18:24
Pochi minuti fa Piñera ha tenuto una conferenza stampa annunciando che oggi stesso promulgherà la legge per il terzo ritiro del fondo pensioni approvato dal parlamento. Questo dopo che il Tribunale Costituzionale, il più grande difensore finora di Piñera, basato sulla difesa della “costituzione”, ha sbattuto la porta in faccia allo stesso Piñera – con 7 voti contro 3 – negandogli la stessa ammissibilità del ricorso che aveva presentato per fermare il terzo ritiro e che ha innescato una crisi politica nel governo, e suscitato disordini con scioperi nei porti, proteste popolari e cacerolazos che hanno acceso il “fantasma” di una “nuova esplosione”.
Questa minaccia è stata quella presa in considerazione dal Tribunale Costituzionale, organo in mano a una casta di magistrati politici milionari nominati dal regime (dai tre poteri), per votare contro la stessa cosa per la quale qualche mese fa avevano votato a favore.
“Le condizioni sociali sono cambiate e ciò che il tribunale esaminerà non è da dove viene la legge, ma come essa aiuta i cittadini“, aveva detto in mattinata il Ministro Aróstica.
Piñera ha subito una sconfitta a causa del malessere sociale e dei primi scioperi e proteste che si sono manifestati in molti settori.
Già ieri abbiamo assistito a tagli, blocchi e scontri in quasi tutti i porti del Paese. I lavoratori portuali erano ancora mobilitati, dopo un violento sciopero nazionale dei lavoratori portuali dal secondo turno in 25 porti del paese. Si sono concentrati, hanno bruciato pneumatici, gridato e si sono mobilitati. Nella zona centrale, San Antonio, ci sono stati scontri con la polizia, anche a Valparaíso.
L’odio contro Piñera è stato espresso in scioperi e picchetti. Il sostegno popolare ai lavoratori portuali, che dimostrano ancora una volta la loro importanza, è grande. A Chuquicamata, nel pomeriggio, i dirigenti sindacali hanno bloccato per un po’ il percorso verso la miniera. I grandi sindacati minerari si sono dichiarati in allerta, così come numerosi sindacati. E questo venerdì c’è uno “sciopero generale della salute” che ha ricevuto il sostegno di molti settori.
E questo è stato accompagnato la scorsa settimana dal ritorno dei cacerolazos e dalle proteste nelle città. Inoltre, nel quadro del massimo isolamento per la pandemia e con il coprifuoco dalle 21.
Il governo è stato sconfitto. L'”opposizione parlamentare” cercherà di dimostrare che è stato “il suo trionfo” con le sue manovre. Niente di più lontano dalla realtà. È stata la minaccia che scioperi e proteste si estendessero e generalizzassero, soprattutto nei settori strategici della classe operaia, quella che ha propinato la sconfitta a Piñera.
La vecchia Concertación proverà a dimostrare di essere “opposizione” a un governo del 9% di una coalizione Chile Vamos, in crisi. Ma hanno sempre tenuto la mano a Piñera.
Il FA [n.d.t..Frente Amplio] dirà che loro promuovono l’accusa costituzionale, ma lo fa solo per fare pressione e di lotta non se parla nemmeno. Il PC, che con la CUT sta promuovendo lo sciopero generale della salute, non ha proposto di prendere l’esempio dei portuali per estenderlo a livello nazionale e fare di venerdì un enorme sciopero per conquistare un piano di emergenza, perché ci sono forze che vogliono ottenere un reddito universale di emergenza, salari e pensioni in linea con il paniere familiare, la fine dei licenziamenti e delle sospensioni, la libertà ai prigionieri politici, la fine delle AFP e che la crisi non la paghiamo noi ma le grandi imprese.
Il suo calendario “elettorale” è ciò che definisce la sua agenda, non la promozione di questa lotta.
Ci sono le forze per conquistare tutte le misure d’emergenza di cui abbiamo bisogno ora. Non possiamo lasciare quella lotta per domani. Non possiamo continuare a pagare la crisi mentre le grandi imprese, i banchieri e i “padroni del Cile” stanno vincendo come mai prima d’ora.
C’è la forza perché questo venerdì ci sia uno sciopero nazionale, con un piano di lotta per conquistarli e aprire la strada per farla finita con questo governo criminale. Con i minatori, i forestali, i trasporti, i servizi, insieme alla sanità e agli insegnanti che prendono l’esempio dei lavoratori portuali, e con le popolazioni, è la forza per vincere.
Questa crisi dimostra che Piñera avrebbe dovuto andarsene da tempo, nella ribellione, e che la classe lavoratrice ha la forza di rimuoverlo se avanza verso uno sciopero generale. Non saranno né le accuse parlamentari né le manovre del regime.
È necessario convocare assemblee, comitati di sciopero e coordinare la lotta. Come l’esempio del coordinamento sorto ad Antofagasta e che viene convocato in altri settori come a Puente Alto per preparare la giornata del 30.
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