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Vertice Putin-Biden: Mosca e la “prolifica mucca cinese”

Dunque, si sono incontrati e il calendario è rimasto immutato: sin da quando si era cominciato a parlare del vertice tra Joe Biden e Vladimir Putin e qualcuno, ad esempio il politologo russo Vladimir Pavlenko, paventava che la data proposta da Washington nascondesse (male) i propositi yankee: si parlava del 15-16 giugno, immediatamente dopo il G7 in Gran Bretagna e il vertice NATO a Bruxelles. Ora, non è che il lunario fosse stato pensato alla Casa Bianca per risparmiare sul carburante avio e approfittare di un unico viaggio sul vecchio continente. Non era indispensabile essere dei geni, per concordare con Pavlenko, quando scriveva che Biden voleva incontrare Putin con alle spalle il «sostegno dei satelliti, rivendicando il “diritto” a rappresentare la posizione collettiva dell’intero Occidente». Quelle erano effettivamente le intenzioni USA; realizzatesi però, ai vertici di cui sopra, solo per quel tanto che serve a rinverdire l’antica pratica delle “Potëmkinskie derevni” (la leggenda dei finti fiorenti villaggi che il principe Grigorij Potëmkin faceva allestire lungo la strada di Elisabetta II verso la Crimea): “diritti umani”, l’unità delle “democrazie più forti del mondo”, “fronte comune” contro le “minacce delle autocrazie” e via discorrendo.

Il “sostegno dei satelliti” alle questioni più pesanti dell’agenda USA a Ginevra è stato in gran parte come si dice della nebbia: lascia il tempo che trova. Soprattutto per le mezze schiarite degli “alleati satelliti” con la Cina.

E così, Biden è arrivato a Ginevra con lo zaino delle provviste mezzo vuoto, tanto che, nelle dichiarazioni (in camere separate) del dopo summit ha solo biascicato che i rapporti USA-Russia devono essere stabili e prevedibili; i paesi devono accordarsi sulle regole del gioco, il “tono dell’incontro è stato positivo”; e poi gli immancabili “diritti umani” e Naval’nyj, i cyber-attacchi e il nucleare dell’Iran, ecc. Cui Putin (dalla camera accanto) ha avuto buon gioco a rispondere che sono stati gli USA a dichiarare la Russia nemica, a sostenere “l’opposizione non sistemica” russa, che Washington si arroga il diritto di stabilire che siano gli Stati Uniti a mantenere le “regole e l’ordine “ in Russia: ma questo è solo «nelle vostre leggi, in quelle americane», ha detto Putin.

Interessante il punto di vista del politologo russo-israeliano (ex funzionario dei servizi segreti di Tel Aviv; ospite fisso dei maggiori talk-show russi) Jakov Kedmi a proposito della questione su cui Biden e Putin non avrebbero trovato convergenza di vedute: l’obiettivo USA di separare Mosca da Pechino. Troppo grossi e troppo importanti sono gli interessi comuni tra Russia e Cina, dice in definitiva Kedmi.

Proponiamo il suo articolo pubblicato su inforuss.info poche ore prima dell’incontro.

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Su che cosa non si sono accordate Russia e America

Jakov Kedmi

Per ora, villa La Grange attende ancora l’arrivo delle delegazioni ad alto livello; ma già oggi è chiaro che russi e americani non hanno potuto accordarsi sulle questioni di principio. Ciò significa che i gruppi di lavoro per la preparazione del summit non sono riusciti a elaborare, prima del vertice, un punto di vista comune sui problemi fondamentali – di conseguenza, il summit si ridurrà a dichiarazioni  sulle posizioni delle parti.

Sì, ci saranno delle cose, sulle quali verremo incontro l’un l’altro, ma saranno cose non di principio. Come risultato, Joe Biden terrà una propria conferenza stampa sull’esito del vertice, e Vladimir Putin terrà la sua. E questo sarà il segno più significativo dei risultati del prossimo incontro a Ginevra.

Obiettivo principale degli americani è quello di allontanare la Russia dalla Cina. E, su questo, vale la pena raccontare una storia del recente passato e del presente, che è sulla bocca di tutti, ma che la gente valuta in modo completamente errato. In altre parole, mettiamo finalmente insieme il puzzle che da diverso tempo si è formato nella comunità degli esperti.

E iniziamo da Majdan. No, non dalle sue conseguenze, di cui si è già parlato così tanto da provocare bruciori di stomaco, ma di qualcosa del tutto diverso.

E dunque, il 2014. A Kiev c’è la rivoluzione della “gidnosti” (della dignità), la Crimea fa le valigie e salpa verso la Russia insieme alla stazione e alle sue spiagge; a Odessa, con metodi da Gestapo e del tutto impunemente, si uccidono gli ucraini che la pensano diversamente e nell’est dell’Ucraina scoppia una vera e propria guerra civile.

Più o meno nello stesso periodo, nel 2014, in Russia è adottata la fondamentale decisione sulla realizzazione del gasdotto “Forza della Siberia”. Si procede a affinare i dettagli del progetto con i partner cinesi – e non appena questo processo viene completato con successo, nel 2015 Mosca decide la costruzione dell’impianto di lavorazione del gas sull’Amur (AGZ: Amurskij gazopererabatyvajuščij zavod), la cui prima fase tecnologica ha preso il via un paio di giorni fa.

Ricordate quegli ululati a più voci nel 2015-2016 a proposito del prezzo del gas chiaramente basso per la Cina? I criceti della rete erano diventati immediatamente esperti in materia di gas e, con la schiuma sui loro incisivi anteriori, dimostravano che Putin aveva venduto la Russia ai cinesi a buon mercato?

Coloro che esortavano a aspettare i dettagli del contratto del gas svenivano riempiti di sputi fin sopra la testa, come dire “di quale altra prova c’è bisogno? Putin ha venduto tutta la Russia ed ecco che ora si appresta a cedere le Isole Kurili ai giapponesi e Kaliningrad a tedeschi e polacchi”.

A questo punto è il caso di evidenziare diverse cose importanti. In primo luogo, il contratto con i cinesi venne elaborato così a lungo, solo perché la Russia era d’accordo di vendere al Celeste impero esclusivamente metano puro – e tutti gli altri “manicaretti” derivanti dal gas naturale avrebbero dovuto uscire dall’impianto AGZ. Il gas naturale ha molti “bocconcini”, incluso l’elio, che sarà prodotto dal AGZ nella quantità di 60 milioni di tonnellate all’anno. Su sei linee tecnologiche, la prima è proprio l’elio.

In secondo luogo, l’intero progetto di “Forza della Siberia” e AGZ non è che una parte della preparazione al balzo industriale e tecnologico della Cina. Se guardiamo alle decisioni dell’Assemblea nazionale del popolo del marzo 2021, vediamo un quadro molto interessante: “La Cina ha alzato la posta nella sua corsa tecnologica con gli USA, dato che i leader hanno elaborato piani per accelerare, in cinque anni, lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia, dai chip all’intelligenza artificiale, all’informatica quantistica entro cinque anni. Nel progetto di piano economico presentato alla legislatura annuale del paese, i funzionari hanno dichiarato che aumenteranno la spesa per ricerca e sviluppo di oltre il 7% annuale per cinque anni fino a tutto il 2025. Ciò rappresenterà una percentuale di prodotto interno lordo maggiore rispetto al quinquennio precedente».

In altre parole, il 14° piano quinquennale 2021-2025 prevede una serie di passi fondamentali per superare la dipendenza dell’industria cinese dalla base tecnologica occidentale. A marzo 2021, il fondo sovrano cinese deteneva 3,7 trilioni di dollari e la Cina intende spendere nei prossimi cinque anni 1,5 trilioni di dollari per una svolta in questo settore.

Questi 1,5 trilioni significano circa trecento nuove imprese per la produzione di elementi base per la microelettronica. La microelettronica sono semiconduttori, nella cui produzione viene utilizzata un’enorme quantità di elio; proprio per questo, la prima linea tecnologica avviata al AGZ, è destinata alla produzione di questo gas.

Oggi, il 52% dell’elio mondiale è prodotto per ora dagli Stati Uniti, che sicuramente utilizzeranno questo fattore per frenare lo sviluppo della Cina. Ecco, per evitare che ciò accada, la Russia sta costruendo l’impianto AGZ che, oltre all’elio, produrrà altri elementi utili ad alto valore aggiunto, anche per lo sviluppo della base di elementi russi nella microelettronica.

Ricordo che i primi segnali delle future pressioni da parte dell’Occidente, erano stati avvertiti dai cinesi già con Obama. Allora, erano i primi accenni, quasi scherzosi – e siccome noi prestavamo attenzione solo a ciò che l’indimenticabile Jen Psaki (l’allora portavoce del Dipartimento di stato era costante oggetto di lazzi sui media russi, per le sue continue gaffe su geografia, storia, politica; fp) diceva sulla Russia, i suoi passaggi sulle questioni cinesi rimanevano fuori dalla nostra attenzione. Ma, Psaki parlava dei cinesi con tutta la sua spontaneità, costringendo i patrioti cinesi ad accumulare “mattoni” di social network sovrani – in questo siamo stati “fortunati”, proprio come i patrioti cinesi.

Terzo, valutate la portata del AGZ. È il secondo impianto più grande al mondo e il primo per volume di produzione di elio. Se aggiungiamo al AGZ il progetto “Forza della Siberia-2” per le forniture di gas dai giacimenti di Kovyktinskoe e Čajandinskoe, e anche il giacimento di carbone di El’ginskoe in Jakutia e ancora l’aumento della capacità di portata delle linee ferroviarie AJAM (Amur-Jakutsk), BAM (Bajkal-Amur) e Transsib (cioè il cosiddetto “Poligono orientale”), allora il quadro della partnership con i cinesi appare completamente diverso – e questo, ancora senza considerare esercitazioni militari congiunte e pattugliamento congiunto di mari diversi, dal Mediterraneo al mar del Giappone.

Riassumendo, bisogna notare che la partnership strategica tra Russia e Cina è iniziata molto prima dell’attuale guerra commerciale ed economica dell’Occidente contro Pechino. A volte lo sviluppo della partnership è stato un po’ traballante; a volte ha accelerato, fino allo sviluppo di un’unica strategia all’interno della SCO e dei BRICS – ma non è mai stata messa in discussione né a Mosca né a Pechino.

Da una parte, capisco gli americani, che hanno allevato con le proprie stesse mani un concorrente globale di se stessi. D’altra parte, qualsiasi tentativo di allontanarci dall’Estremo Oriente in cambio dell’Ucraina, con un bellissimo ma corto guinzaglio russo è semplicemente insensato – in una recente intervista, Putin ha fatto intendere che l’Ucraina di oggi è un tumore canceroso, in grado di uccidere anche l’organismo più forte, sia questo la NATO o l’Unione Europea. O addirittura la Russia.

Sì, è necessario prendere il controllo dell’Ucraina, ma non secondo lo scenario dell’Occidente. Non a caso, la retorica delle autorità russe è cambiata radicalmente negli ultimi mesi – il che significa che al Cremlino si sono prese decisioni fondamentali sul futuro dell’Ucraina. Inoltre, negli ultimi giorni, Vladislav Surkov ha ricominciato ad apparire attivamente nella sfera pubblica – e lui, lo voglio ricordare, è uno dei più ardenti sostenitori di una soluzione di forza.

Tornando ai cinesi, posso dire questo: noi possiamo vedere solo la parte pubblica della nostra strategia comune. Ciò che rimane sotto la linea di galleggiamento è sconosciuto, dalla parola “completamente” – ed è improbabile che verremo mai a sapere quale delle tecnologie cinesi, occidentali o domestiche, i cinesi ci stanno trasmettendo in risposta alla nostra realizzazione dello stesso SPRN (Sistema predupreždenija o raketnom napadenii: Sistema di allerta di attacco missilistico).

E ora, dunque, sapendo tutto questo, possiamo essere sicuri che Biden sarà in grado di allontanare la Russia da una così prolifica mucca come la Cina?

E allora, amico Xi, posso servirti un po’ di Germania? E anche di Britagna sopra, per un gusto migliore?

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