Il G7, formato da Regno Unito, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e Stati Uniti, era il “salotto buono” di un branco di guerrafondai terrorizzati dalla prospettiva di non essere più i padroni del mondo. La rapidissima riunione in Canada ha confermato che sono e restano sette guerrafondai, ma che chi conta è soltanto uno. Ed è Washington.
Il comunicato finale, steso di corsa mentre Trump già saliva sulla scaletta dell’aereo, sfida la logica, prima ancora che la verità. Accusa infatti l’Iran di essere “la principale fonte di instabilità e terrorismo” in Medio Oriente (!) e ha ribadito che Teheran “non deve, in nessuna circostanza, acquisire un’arma nucleare”.
Per quanto riguarda il “terrorismo” ci sarebbe quasi da ridere, a pochi giorni dall’ammissione di Netanyahu di star usando l’Isis – l’Isis, ricordate? – per provocare divisioni e più morti tra I palestinesi a Gaza.
Per quanto riguarda “l’atomica”, invece, che è argomento tecnicamente più complesso, rimandiamo ai contributi illuminanti di uno scienziato nucleare che ha partecipato ai controlli internazionali nei siti nucleari di Tehran e spiega come e qualmente l’Iran non stia costruendo “la bomba” (anche se indubbiamente la sua sicurezza sarebbe migliore se l’avesse).
I leader del G7, magnanimemente, hanno chiesto una soluzione della crisi e una de-escalation che includa un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Ma la dichiarazione congiunta ha affermato soprattutto che “Israele ha diritto a difendersi”. E quindi tutto potrà andare avanti, compreso il genocidio.
Le loro vere preoccupazioni sono tutt’altre: “le possibili ripercussioni sui mercati energetici internazionali”, per cui sono pronti a coordinare misure “per salvaguardare la stabilità del mercato”.
La fretta e la guerra hanno fatto mettere da parte le innumerevoli divisioni interne al G7 – dai dazi all’obbligo di riarmarsi a tutti i costi – fino al colpo di scena finale, che ha tagliato via ogni discussione.
Dopo la cena, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dovuto lasciare Kananaskis per rientrare a Washington con un giorno di anticipo rispetto al programma, rendendo oltretutto inutile l’arrivo di Zelenskij, come sempre a chiedere più soldi e più armi.
La Casa Bianca ha giustificato il ritorno anticipato e inaspettato con i cinque giorni di attacchi missilistici reciproci tra Israele e Iran.
Trump ha però anche dichiarato: “Devo tornare il prima possibile. Vorrei poter restare anche domani, ma capiscono: è una questione molto seria.” “Appena andrò via da qui, faremo qualcosa”.
Tanta fretta sarebbe già stata sospetta, ma la frase principale uscita di bocca a The Donald è un’altra: “Tutti dovrebbero evacuare immediatamente Teheran“. Chiaramente rivolta ai “soci” del G7 perché allontanino quanto prima il personale diplomatico dalla capitale iraniana.
Sul perché di questo “consiglio” si può solo ipotizzare. Ma non occorre essere veggenti per capire che da Tel Aviv qualcuno preme per poter usare l’atomica (che nega di possedere e che ha costruito in spregio di tutti i trattati internazionali, senza che i guerrafondai del G7 trovino nulla da eccepire), presumibilmente perché le cose militari si stanno rivelando un po’ meno facili del previsto e del “narrato”.
Se è così, inutile dirlo, si avvicina – ma in tutt’altro senso rispetto a Fukuyama – “la fine della Storia”.
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antonio D.
… cosa significa l’ultimo “strillo” del “ biondo pagliaccio” ( e dei suoi cortigiani) sull’invito a evacuare Teheran?…. sarà forse oggetto di …”nuclearizzazione” prossima? ..altrimenti: che vuole significare o dire? .. good luck a d good nigth (G.Clooney)
angelo
che ridere vedere la vonderlines con quella ridicola giacchetta azzurra una clowna di successo
Paolo DP
i sionisti sono terroristi anzi gli unici terroristi e quindi tutte le loro azioni vertono come terrorizzare il più possibile.
però il mondo gira e verra’ anche per loro la resa dei conti.
Mauro
Al di là delle vittime civili(purtroppo) è una rissa tra coatti…
Eros Barone
Se la politica estera, per essere efficace e non velleitaria, deve basarsi sul realismo, è molto istruttivo, da questo punto di vista, e va riproposto rispetto all’aggressione scatenata dagli USA e da Israele contro l’Iran, il giudizio che la Corea del Nord ebbe a formulare, quattordici anni fa, sulla crisi libica. In esso si rilevava che l’esito di quella crisi confermava la “verità storica per cui la pace può essere preservata soltanto costruendo una propria forza, fino a quando nel mondo si presenteranno comportamenti arbitrari e prepotenti”. Ecco, dunque, definito con la massima precisione, nella lungimirante ottica nord-coreana, l’errore tattico-strategico che costò a Gheddafi, e rischia ora di costare all’Iran, la sconfitta militare: la mancanza della bomba atomica, unico scudo efficace per proteggere il proprio paese dall’arroganza senza limiti dell’imperialismo israelo-statunitense.