Il testo completo della lettera. «In vista di un riassetto e di una armonizzazione delle discipline contrattuali collettive aziendali e territoriali che si sono succedute nel tempo e nell’ottica di renderle coerenti e compatibili con condizioni di competitività ed efficienza vi comunichiamo il recesso a far data dal 1 gennaio 2012 da tutti i contratti applicati nel gruppo Fiat e da tutti gli altri contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali vigenti, compresi quelli che comprendono una clausola di rinnovo alla scadenza – per i quali la presente vale anche come espressa disdetta – nonchè da ogni altro impegno derivante da prassi collettive in atto». «Al riguardo riportiamo a titolo esemplificativo ma non esaustivo, in calce alla presente, gli estremi delle principali intese sopra citate. Saranno promossi incontri finalizzati a valutare le conseguenze del recesso ed eventualmente alla predisposizione di nuove intese collettive aventi ad oggetto le tematiche sindacali e del lavoro di rilievo aziendale con l’obiettivo di assicurare trattamenti individuali complessivamente analoghi o migliorativi rispetto alle precedenti normative».
In pratica, è l’annuncio della volontà di estendere il “modello Pomigliano” dappertutto (ricordate che all’inizio doveva essere “un’eccezione”, perché in quello stabilimento c’era “troppo assenteismo”?); l’iniziativa fa seguito all’uscita di Fiat da Confindustria e Federmeccanica.
«Non è una sorpresa, almeno per noi operai». Lo ha detto Giovanni Barozzino, l’ex operaio e sindacalista della Fiat di Melfi, licenziato dall’azienda con altri due colleghi perchè falsamente accusato di aver bloccato la produzione durante uno sciopero interno, licenziamento contro il quale la Fiom ha fatto ricorso. A Macerata, dove si trova per presentare il suo libro “Ci volevano con la terza media” nella facoltà di Filosofia, invitato dal Movimento studenti, Barozzino aggiunge: «come Fiom diciamo da troppo tempo che diritti e doveri dovrebbero andare di pari passo, ma qualcuno arriva sempre tardi». Il nuovo Governo «prenda atto che così non si può andare avanti, e apra un tavolo serio sulle dinamiche del lavoro». «Chi aveva e ha la volontà di parlare di lavoro viene definito estremista – conclude Barozzino – ma è esattamente il contrario: estremista è chi non vuole parlare di lavoro».
Quella di Marchionne non è una decisione tecnica ma un atto politico che ha il solo scopo di tolgiere le residue libertà ai lavoratori Fiat. È un atto di fascismo aziendalistico». Così Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale Fiom.
La Fiat con un’azione eversiva si pone fuori dalla Costituzione italiana». Lo sottolinea Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista. «Fa bene la Fiom – dice – ad andare avanti con le vertenze legali per ripristinare la legalità. Vogliamo sapere cosa ne pensa il governo Monti perchè a noi risulta che chi tace acconsente. Se continuasse questo assordante silenzio vorrebbe dire che questo non è solo il governo dei banchieri ma anche quello della Fiat».
La Fiom nazionale ha convocato una conferenza stampa per domani, in cui illustrerà le iniziative che intende prendere su tutti i piani; da quello sindacale a quello legale.
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