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USB: fermare TUTTE le attività non essenziali

SOS salute-occupazione-salario. Lo sciopero alla Bartolini di Caorso diventa una indicazione generale di USB a tutte le strutture

I lavoratori di Caorso, del magazzino della Bartolini, nel ricorrere allo sciopero per tutelare se stessi e tutta la cittadinanza, rivendicando l’adozione di misure di protezione, hanno suggerito una indicazione generale che l’Esecutivo nazionale confederale dell’Usb ha deciso di estendere a tutti: in tutti i luoghi di lavoro dove è messa a repentaglio la salute dei lavoratori, anche perché i datori di lavoro si rifiutano di adottare le opportune misure precauzionali ed i dispositivi di sicurezza, le strutture aziendali dell’Usb sono invitate ad entrare in agitazione ed a proclamare interruzioni dell’attività di lavoro per salvaguardare la salute di tutti.

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Ci sono nella legislazione italiana diversi riferimenti che possono essere utilizzati, dall’articolo 44 del d.lgs sulla sicurezza 81 del 2008 fino allo stesso articolo 2 comma 7 della legge 146 sul diritto di sciopero, dove si fa riferimento alla “protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”.

Siamo di fronte ad una situazione di enorme emergenza nazionale ed anche la scelta di ieri sera del governo di estendere a tutto il paese le misure, finora ristrette alla sola Lombardia ed a 14 province, dimostra che viviamo una condizione senza precedenti. Tuttavia il governo dovrebbe smetterla di rincorrere l’emergenza con misure tampone ed assumere decisioni ben più drastiche senza continuare a mettere al primo posto le ragioni economiche.

Giusto chiudere le scuole ed evitare assembramenti, chiudere le palestre, le discoteche o le stazioni sciistiche ed invitare a sospendere la movida. Tuttavia per essere efficaci questi provvedimenti devono impedire tutte le situazioni che producono concentrazioni di persone. Non possono perciò rimanere aperte le fabbriche o i magazzini della logistica con centinaia ed in alcuni casi migliaia di lavoratori quotidianamente a contatto. O che siano in funzione stazioni ferroviarie, aeroporti, linee della metropolitana e centri commerciali. O che restino aperti uffici a contatto con il pubblico senza aver assunto tutte le dovute precauzioni. Che senso ha il sempre più pressante invito a rimanere a casa se poi le attività produttive continuano a funzionare come se niente fosse? Che senso ha estendere la zona rossa a tutto il paese e stabilire severe sanzioni per chi la viola se poi si consente il regolare funzionamento delle attività di impresa?

Il governo sta invitando ad utilizzare lo smartworking o telelavoro per evitare il contatto e mantenere in funzione le attività. Ma su più di 15milioni di lavoratori dipendenti del solo settore privato quasi 9 milioni sono operai e per loro non c’è alcuna possibilità di ricorrere al lavoro da casa: sono condannati ad esporsi quotidianamente al rischio contagio o hanno lo stesso diritto di tutti alla tutela della propria salute? L’associazione nazionale dei calciatori ha chiesto ed ottenuto giustamente di fermare il campionato per evitare il rischio contagio. Noi chiediamo difermare l’attività economica e la mobilità per lo stesso motivo.

Qualcuno dirà che non si può fermare tutto, altrimenti in pochi giorni potrebbero scarseggiare anche i beni alimentari e di prima necessità. Ecco, questo è il problema: il governo deve prendere scelte drastiche, fermare tutte le attività, a cominciare dalla mobilità aerea, ferroviaria ed urbana, quelle produttive e commerciali, con la sola esclusione di tutto ciò che è essenziale all’approvvigionamento dei beni e servizi indispensabili. Se il primo obiettivo è fermare il contagio e salvaguardare la salute dei cittadini occorre fermare tutto quello che si può fermare senza altro interesse che quello della collettività. E predisporre il massimo dei dispositivi di sicurezza per quelli che non possono astenersi dal lavoro.

I lavoratori devono poter restare a casa avendo la certezza del mantenimento del posto di lavoro e del salario per tutto il tempo in cui durerà l’emergenza sanitaria e fino al ripristino della normalità. Devono poterlo fare i lavoratori pubblici e quelli privati, indipendentemente dal contratto (determinato o indeterminato), ma anche i lavoratori autonomi e le tante forme di lavoro atipico. Perché questo avvenga c’è bisogno di bloccare ogni forma di licenziamento e di estendere gli ammortizzatori sociali previsti oggi per le sole zone rosse a tutto il paese, ma anche di prevedere una estensione del reddito di cittadinanza a tutti quelli che si ritroveranno senza lavoro per il colpo mortale che sta ricevendo tutta l’economia informale e l’insieme del lavoro grigio che come sappiamo sono molto diffusi soprattutto al sud.

Occorre fermare gli sfratti in tutto il paese, sospendere il pagamento dei mutui, delle bollette, delle rette per i servizi scolastici.

Per fare tutto questo servono ingenti risorse che possono essere prelevate esclusivamente da chi ce l’ha. È urgente una tassa sui patrimoni, sono quelli che hanno di più che devono mettere a disposizione del paese le risorse accumulate. Bisogna prelevare le risorse dalle spese militari, bisogna tassare le rendite finanziarie. E soprattutto tornare ad usare il deficit pubblico come leva fondamentale dell’economia, rompendo quegli assurdi parametri di Maastricht che rischiano di compromettere la nostra stessa sopravvivenza ed istituendo piuttosto un Fondo europeo ad hoc.

La portata di queste misure è enorme, difficile credere che questo governo si disporrà ad attuarle. Dietro l’angolo però c’è la diffusione del contagio ed il rischio che il nostro sistema sanitario non riesca a far fronte ad una estensione clamorosa del virus. Un disastro di proporzioni inimmaginabili che ci rifiutiamo di pronosticare.

Lo sciopero nelle singole aziende è la nostra forma di tutela ma anche di pressione affinchè vengano salvaguardati i diritti di tutti. Un’arma che vogliamo utilizzare come estrema ratio di fronte al cinismo dei padroni. Ma anche una scelta che potrebbe diventare generale se la situazione continuasse ad aggravarsi e la salute continuasse a venire messa dopo le esigenze delle imprese.

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