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“Cucchi torturato”, chiesta la condanna per cinque medici

«Stefano Cucchi è stato ucciso dai servitori dello Stato, si tratta soltanto di stabilire il colore delle divise».
La requisitoria del pg Eugenio Rubolino al culmine del processo-bis sulla morte di Stefano Cucchi, è la più dura mai pronunciata dalla procura durante l’intero caso giudiziario. «Non vorrei che Cucchi venga ucciso per la terza volta, la prima volta lo hanno ucciso dei servitori dello Stato in divisa, la seconda volta lo hanno ucciso dei servitori dello Stato in camice bianco», ha detto il pg.
Così, con l’accusa di omicidio colposo, Rubolino ha chiesto cinque condanne: quattro anni per il primario Aldo Fierro, tre anni e sei mesi per i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Silvia Di Carlo e Luigi De Marchis Preite.
Stefano è morto il 22 ottobre del 2009 all’ospedale Pertini, nel reparto di medicina protetta dove era stato ricoverato in seguito al suo arresto avvenuto una settimana prima. I cinque medici erano già finiti sotto processo: condannati in primo grado, assolti in secondo, giudizio che poi è stato annullato dalla Cassazione e allora ecco che si sta celebrando il nuovo giudizio d’Appello.
«Annullando l’assoluzione dei medici – ha detto ancora Rubolino – la Cassazione ha evitato che sulla vicenda calasse una pietra tombale. Già all’ingresso del Pertini sono state riportate circostanze false sulla cartella clinica di Cucchi: era un brachicardico patologico, eppure i medici non gli hanno mai preso il polso». E ancora: «Presentava una frattura alla vertebra sacrale per il pestaggio avvenuto nelle fasi successive all’arresto. Aveva un trauma sopraccigliare con scorrimento del sangue, per migrazione, sotto gli occhi, aveva un forte dolore fisico in conseguenza di quell’aggressione, eppure al Pertini gli è stato solo somministrato un antidolorifico che ha contribuito a rallentare il cuore, muscolo già indebolito perché non sufficientemente irrorato. L’apparato muscolare nel suo complesso, in quella cartella clinica fasulla, venne definito tonico e trofico ma il paziente non aveva neppure i glutei per poter ricevere una iniezione».
Poi, l’accusa: «Cucchi rifiutava le terapie e non mangiava perché nessuno lo metteva in contatto col suo avvocato. Nessuno si è preoccupato di riferire ad altri le sue esigenze. La sua morte è arrivata dopo cinque giorni di vera agonia». La conclusione di Rubolino: «Cucchi non doveva stare in quel reparto perché non era stabilizzato. Eppure si è fatto in modo che venisse ricoverato lì, in quella struttura protetta lontana da occhi e orecchi indiscreti».

 

Mario Di Vito

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