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Grecia, ci si prepara alla ristrutturazione “morbida” del debito

È il ministro delle finanze del Belgio, Didier Reynders, a dare nuovi dettagli sulle cifre (peraltro vicine a quelle circolate finora), ma soprattutto il segnale che l’impasse sul coinvolgimento dei privati nel nuovo piano di salvataggio di Atene – dopo lo strappo tra Berlino e la Bce – è in via di soluzione. Magari facendo anche ricorso «a una pressione dolce sugli investitori privati» ammette Reynders.

Resta da vedere «a che livello il settore privato sarà implicato nell’operazione – spiega – ci auguriamo di raccogliere 25 miliardi per i greci da parte di banche, società di assicurazione e fondi pensione, ai quali si chiede amichevolmente di prolungare i prestiti esistenti. Se necessario, eserciteremo una pressione dolce su questi investitori privati».

Uno dei requisiti chiave è infatti la volontarietà del contributo, altrimenti – avverte la Bce – si verrebbe a configurare una situazione di default. E così se l’Europa accelera le manovre in vista del vertice d’emergenza dell’Eurogruppo programmato per martedì, il mercato e le agenzie di rating già hanno messo in conto come inevitabile un certo grado di “coercizione” (anche sui ceditori, oltre che quella – feroce – esercitata nei confronti del paese).

Parigi avrebbe fatto pressioni sulle banche francesi riuscendo a strappare l’ok a un riscadenzamento del debito ellenico. Queste, almeno, le ultime indiscrezioni del Financial Times mentre il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker avverte che la Grecia ha bisogno di una «ristrutturazione del debito soft, volontaria», e la cancelliera tedesca Angela Merkel, in un messaggio video, cerca di convincere i contribuenti tedeschi che per «non compromettere la ripresa della Germania, non c’è altra scelta che aiutare i Paesi dell’eurozona in crisi».

Ed è in questa chiave che va letto il pressing dei governi sui privati: l’obiettivo è quello di scavalcare con i fatti l’impasse sul coinvolgimento dei creditori nel nuovo salvataggio di Atene che ha portato allo strappo tra Berlino e la Bce. Il tempo stringe e lo spettro di colpevoli ritardi o di soluzioni ambigue che possano innescare un default di Atene con un disastroso effetto domino sulle economie più deboli dell’area, Portogallo e Irlanda in primis (Spagna e Italia a seguire, ma con conseguenza inimmaginabili visto il peso economico che rappresentano nella Ue), impongono una azione tempestiva, chiara e soprattutto pienamente condivisa alla luce della spaccatura emersa in seno all’Europa.

Per l’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, bisogna trovare subito una soluzione perché «la speculazione si sta sbizzarrendo e c’è il rischio che le tensioni sui mercati si accentuino». In gioco ci sono, oltre all’adesione “volontaria” delle banche e il costo che saranno disposte ad accollarsi, soprattutto la formulazione stessa di ristrutturazione “morbida” del debito greco che tutte le agenzie di rating bollano come un “evento di default”. E così Juncker assicura che la partecipazione dei privati deve essere «volontaria», deve comunque ottenere il via libera della Bce e che in ogni caso una soluzione alla crisi greca dovrà essere studiata in modo tale da non essere interpretata come un default dalle agenzie di rating.

La Domanda resta sospesa nell’aria: si arriva ad accettare lidea di ristrutturazione del debito – sia pure “morbida” – a oltre un anno dall’inizio della crisi e dell’applicazione di misure draconiane che hanno costretto la Grecia alla più rapida e inutile delle “cure dimagranti”. Il paese è in ginocchio dal punto di vista economico, in vendita da quello proprietario, e attraversato da manifestazioni di protesta sempre più massicce (ben 11 scioperi generali e “indignados” che assediano da giorni il parlamento). L’applicazione di una soluzione astratta, scritta nei testi sacri del monetarismo liberista, si è rivelata – come si sa dal 1929 – inutile, impoverente, pericolosa dal punto di vista sistemico.

Per che cosa? Per non toccare gli interessi dei “creditori”, ovvero le banche. Che in ogni caso, alla fine del giro, dovranno pagar dazio. Ma in maniera “morbida”, per carità…

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