Ammesso che il pianeta sopravviva alla fine del mondo preannunciata – così dicono – dai Maya, l’umanità dovrà fare i conti con una calamità non di poco conto.
I prezzi degli alimenti di base potrebbero infatti raddoppiare nei prossimi 20 anni a causa del cambiamento climatico e della moltiplicazione degli eventi estremi che l’accompagnano: siccità e inondazioni. A lanciare l’allarme è un rapporto dell’organizzazione non governativa internazionale Oxfam, secondo la quale nel 2030 il rischio accresciuto di siccità, simile a quello che ha colpito gli Stati Uniti dal giugno scorso – il più grave da mezzo secolo – potrebbe far aumentare il prezzo del mais del 140% rispetto al prezzo medio attuale. Secondo Oxfam gli effetti del riscaldamento del pianeta sono “sotto stimati” dai governi e dalle Nazioni Unite perché “i cambiamenti a evoluzione lenta delle temperature medie e degli schemi di precipitazione”, globalmente sfavorevoli all’agricoltura, provocheranno “perdite delle colture causate da eventi meteo estremi, più frequenti e più intensi”. Nell’Africa australe, “siccità e inondazioni potranno provocare un aumento del 120% dei prezzi al consumo del mais e degli altri cereali”, sottolinea lo studio secondo il quale nei prossimi 20 anni, nell’Africa sub sahariana il prezzo del mais all’esportazione aumenterà del 177%, del grano del 120% e quello del riso raffinato del 107%.
“Aumenti di prezzo come questi sarebbero un colpo mortale per i più poveri della terra, che spendono fino al 75% dei loro guadagni in cibo” avverte Elisa Bacciotti, responsabile della campagna Coltiva per Oxfam Italia. “Sentiremo tutti l’impatto degli aumenti dei prezzi, ma i più poveri saranno quelli maggiormente colpiti”. Eppure il potenziale impatto di eventi meteorologici estremi sui futuri aumenti dei prezzi degli alimenti non è presente nel dibattito odierno sui cambiamenti climatici. “Mentre le emissioni continuano ad aumentare, le condizioni meteorologiche estreme negli Stati Uniti e altrove, sono un preavviso di come sarà il nostro sistema alimentare in un futuro mondo surriscaldato. Il nostro pianeta si sta dirigendo verso un riscaldamento globale medio di 2,5-5° C in questo secolo. È tempo di affrontare ciò che questo significa per la fame e la malnutrizione di milioni di persone sul nostro pianeta”, conclude Bacciotti.
Ad aver già causato un aumento dei prezzi dei cereali deviando il flusso dall’alimentazione alla produzione di energia – e quindi pesando ancora una volta sull’accessibilità al cibo di centinaia di milioni di persone con redditi bassissimi – sono stati in questi anni i cosiddetti ‘biocombustibili’ – meglio sarebbe chiamarli agrocombustibili, prodotti proprio a partire da vari prodotti agrcoli.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa