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Fed in crisi, non sa più che fare

Difficilmente un evento mancato è così gravido di conseguenze. La Federal Reserve Usa, ieri, non ha varato l’annunciato rialzo dei tassi di interesse base, lasciandoli – come da sei anni a questa parte – all’interno della “forchetta” tra zero e 0,25%. Il rubinetto del denaro gratis per le banche statunitense per ora continua a restere aperto, comincerà a chiudersi più in là. Forse.

Perché è così importante questa non decisione per l’economia mondiale? È dal 1971 che gli Stati Uniti manovrano a proprio piacimento l’”aspirapolvere globale” fondato sulla propria politica monetaria, senza più la preoccupazione di dover fa corrispondere una quantità d’oro alla moneta stampata. Quando ne hanno bisogno, inondano il pianeta di liquidità denominata in dollari (e in tanti, imprese e stati, si indebitano grazie ai tassi attraenti perché bassissimi), favorendo investimenti ovunque; e fanno il contrario quando hanno bisogno di far rientrare i capitali a casa, risucchiando anche tutti quelli originati durante le vacche grasse in altre aree del mondo.

Dopo sei anni di liquidità a gogo, il momento del reverse sembrava decisamente arrivato. Ma si è mostrata evidente la crisi cinese, che trascina al ribasso tutti i paesi emergenti esportatori di materie prime (spesso indebitati in dollari), la persistente debolezza europea, l’incertezza sulla reale forza della stessa “ripresa” americana (i posti di lavoro in più, creati in questi ultimi anni, sono lavoretti a bassa qualifica e basso salario; l’inflazione resta inchiodata vicino allo zero, ecc). “I mercati”, crollando ripetutamente e con forti oscillazioni in tutto il mese di agosto, hanno fatto vedere di essere molto nervosi e di desiderare, dunque, un prolungamento della politica monetaria “accomodante” ed espansiva seguita finora.

Si può dunque dire che la rinuncia ad alzare i tassi sia una “vittoria dei mercati” sulla Fed. Ossia un’inversione rispetto alla tradizionale funzione di guida della stessa Fed nei confronti dei mercati. Ma proprio in questo sta “la notizia”, specie se si confermerà anche ad ottobre. Sono due anni, infatti, che la Fed annuncia una “svolta” che non arriva mai.

È fin troppo facile, infatti, discettare sui pro e sui contro. Se la Fed dava inizio al rialzo del costo del denaro, partiva la fuga dei capitali dai mercati più deboli verso l’America, con conseguente aumento del valore del dollaro (e riduzione delle già non molte esportazioni Usa), del prezzo dei titoli del Tesoro, ecc. Mentre così tutti possono tirare il fiato o tirare a campare. Specie le praticamente già fallite società dello shale oil, che hanno sì – fatto aumentare la produzione Usa di petrolio e gas, ma producendo sottocosto e indebitandosi per cifre che non potranno mai essere restituite.

Le varibili dipendenti sono migliaia, e tutte di grandi dimensioni e quasi tutte di estensione globale. Ma questo significa che la Federal Reserve non può di fatto più operare tenendo d’occhio – come da statuto – soltanto il mercato interno e gli interessi degli Stati Uniti, segnatamente in base ai due pilatri storici (tasso di inflazione e tasso di disoccupazione). Deve guardare alle tendenze mondiali senza essere la Banca Centrale del mondo.

C’è una contraddizione in termini, in questo ruolo. Perché diventa evidente – con til continuo rinvio del rialzo dei tassi – che la Fed non può più agire solo come garante degli interessi Usa. Se aumenta il costo del denaro, anche di pochissimo, provoca una scossa di terremoto di dimensioni globali. Ma le conseguenze possono essere tali da rovesciarsi come uno tsunami sugli stessi Stati Uniti.

Basta guardare al caso Cina. Lì la crescita spaventosa, al ritmo quasi sempre superiore al 10% annuo (solo ora sceso ad “appena” il 7), è trainata dal contributo degli investimenti fissi: pari al 40% del Pil. Impossibile continuare così, specie in una situazione di evidente eccesso di capacità produttiva inutilizzata a livello planetario. La Cina, come già deciso da alcuni anni, sposterà dunque buona parte della sua crescita dagli investimenti ai consumi interni. Ottima notizia per i lavoratori e cittadini del Celeste Impero, ma una tragedia per gli esportatori di beni di investimento in Cina (in primis la Germania, ma anche gli stati Uiti). Per non parlare delle ricadute al ribasso sul prezzo del petrolio, già ai minimi terni. Anche qui, un’ottima notizia per consumatori e imprese energivore, ma una tragedia per i produttori (a cominciare dai protagonisti del fracking, praticamente falliti da alcuni mesi).

I mercati dunque hanno vinto, viva i mercati? Qui sottolineiamo l’ultima contraddizione. È una vittoria disastrosa, perché distrugge – o perlomeno incrina profondamente – la credibilità della Fed come “regolatore” dell’andamento dei mercati. I quali, da soli, danno ogni giorno prova di vivere con l’occhio alle mosse delle banche centrali (oltre alla Fed, di Bce, Boj e Banca d’Inghilterra), incapaci di autoregolarsi e ancor meno di autolimitarsi.

Ma se si mette in crisi questo potere della Fed si toglie buona parte dell’energia per far funzionare l’”aspirapolvere globale” in mano agli Stati Uniti. Dopo 44 anni. Apre le porte su un altro futuro, in cui nessuno è davvero più il dominus sui mercati globali.

 

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2 Commenti


  • luigi pauciullo

    Dagli anni 70 gli USA stampano dollari senza che ad essi debba corrispondere altrettanto oro nei forzieri della FED. Infatti nei primi 70 finiva il boom della ricostruzione post guerra ed iniziava a manifestarsi la crisi dell’accumulazione capitalistica. Già allora stampare più dollari appariva come la soluzione di tale crisi, al pari di oggi si pensava che più liquidità avrebbe favorito investimenti e crescita (senza inflazione perchè i dollari sarebbero stati usati negli scambi internazionali crescenti). In una parola, ai dollari non sarebbe più corrisposto l’oro ma il maggiore valore prodotto nell’economia. A dispetto di questa teoria borghese non si è visto un maggiore valore prodotto nell’economia, e ciò perchè la tecnologia diminuisce il tempo di lavoro nelle merci ovvero proprio il valore e la correlata quota di plusvalore o profitto. Solo grazie alla messa in concorrenza dei lavoratori di tutto il mondo (globalizzazione), il capitale ha pagato meno la sussistenza operaia recuperando plusvalore. Ma il tutto non è progressivo, oltre che l’aumento del valore e del plusvalore davvero prodotto viene meno anche la domanda mondiale a causa dei bassi salari. Infatti il capitalismo ormai vive solo della sfera finanziaria, lorsignori si scambiano azioni a prezzi sempre più alti ma non possono chiedere alla sfera produttiva di restituire il valore formale delle azioni, semplicemente poichè alla base esso non viene prodotto, le azioni e derivati vari si rivelano capitale fittizio cioè inesigibile. Non si può richiedere il valore delle azioni in moneta vera così come dagli anni 70 non si puo richiedere il valore della cartamoneta in oro. In termini assoluti, il valore formale delle azioni è inesigibile, ma prima o poi anche gli speculatori finanziari devono fare qualche vera presa di profitto ed allora crollano le borse come nel 2008. Per questa ragione la FED, ed anche la BCE, devono alimentare sempre la speculazione finanziaria fornendo a questa nuova cartamoneta ad interessi zero, solo così può aumentare a tempo indeterminato la crescita di valore di azioni e derivati scongiurando la presa di profitto che farebbe crollare tutta l’impalcatura capitalistica. Senza produzione di valore però, prima o poi il crollo estremo arriverà, a noi non resta che lottare per il socialismo


  • giorgino

    In effetti, le grandi aziende fanno profitti in assoluto, che pero calano rispetto al capitale investito. Per questo tendono a reinvestire i guadagni non solo nella produzione ma anche nella speculazione finanziaria cosi da elevare i profitti. Emettono obbligazioni, azioni, ma le cedole o le plusvalenze delle azioni restano capitale inesigibile perche l´economia reale non genera valore. A questo punto possono crollare i bilanci delle grandi ariende, i bilanci dei comuni che hanno emesso i loro bond , i grandi fondi pensione che acquistano prodotti finanziari. Ecco che allora la Yellen, Draghi, inondano i mercati di liquidita per sostenere la valorizzazione delle speculazioni finanziarie ed evitare il crollo delle borse. Questa analisi deve essero pero perfezionata con una particolare, senza di fondo una produzione di valore la liquidita emessa diventa a sua volta capitale fittizio per cui si sta preparando un crollo rispetta alla quale quello del 2008 non e niente. Il capitalismo non puo essere salvato dalla sua putrefazione, e lemissione di liquidita tende a cedere il passo agli scontri imperialistici con cui si vorrebbero salvare i propri capitali, anche fittizi, distruggendo quelli di altri territori. Il capitalismo porta dritto alla terza guerra mondiale e questo forse lo suggerisce anche llarticolo quando mostra come i tassi non possono essere piü l arma con cui gli Usa irregimentano il mondo nella pax americana.

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