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La “concorrenza” a favore dei privati diventa legge. Ce lo impone il Recovery Plan

Servizi pubblici locali, sanità, porti, energia nel mirino. Doveva essere pronto entro il 31luglio ma il governo non c’è riuscito. Eppure rimane uno degli obiettivi più velenosi tra quelli fissati dal Recovery plan (Pnrr). Si tratta della “Legge sulla concorrenza” e che sarà la prima delle 4 leggi annuali per la concorrenza delineate dal piano.

I settori investiti dalle nuove regole sulla concorrenza non si discostano molto dalle indicazioni contenute nel Pnrr.

Ovviamente al primo punto ci sono i servizi pubblici locali con una norma che imponga alle amministrazioni locali un forte stop alla gestione “in house” dei servizi. Le amministrazioni infatti dovranno giustificare anticipatamente il mancato ricorso al mercato o l’eventuale aumento della partecipazione pubblica nelle aziende di servizi.

Per il trasporto pubblico locale l’obiettivo è incentivare le unioni tra Comuni riducendo il numero di enti e di amministrazioni aggiudicatrici (con l’ipotesi di bacini di almeno 350mila abitanti). Semplificazioni specifiche dovrebbero riguardare le autorizzazioni agli impianti per la gestione del ciclo dei rifiuti. Ma su questo per ora non trapela molto.

Nella legge in discussione diventa ben visibile il cavallo di Troia della sanità privata. Infatti nei contratti sul welfare aziendale tra imprese e assicurazioni private, queste ultime – per evitare “pratiche discriminatorie” (sic!) non potranno più indicare solo le strutture sanitarie convenzionate con la sanità pubblica, ma dovranno coprire e rimborsare anche il ricorso alle strutture sanitarie private vere e proprie.

La legge influirà anche sulle procedure per appalti e concessioni, su cui peraltro il Ddl concorrenza integrerebbe quanto già avviato recentemente con il disegno di legge delega sui contratti pubblici. Vale per il principio del divieto di proroga delle concessioni, fatti salvi i principi europei in materia di affidamento in house, e per concessioni in specifici settori.

Con la legge concorrenza nel mirino ci sono anche i porti. Da un lato eliminando gli ostacoli che impediscono ai concessionari portuali di fondere le loro attività in concessione in diversi porti di grandi e medie dimensioni, dall’altro abrogando il divieto per i concessionari dell’autoproduzione dei servizi portuali utilizzando le proprie attrezzature.

Non sembrano poi esserci troppi ostacoli all’introduzione di regole favorevoli all’installazione di ricariche pubbliche, funzionali a raggiungere l’obiettivo che il Pnrr fissa nella realizzazione di almeno 7.500 punti di ricarica nelle superstrade e 13.750 punti di ricarica nei centri urbani.

Saranno introdotti criteri “trasparenti e non discriminatori” per l’assegnazione di spazi agli operatori per l’installazione delle colonnine premiando anche chi offre prezzi per i servizi di ricarica più favorevoli agli utenti finali. Al tempo stesso sarà però abrogato l’articolo del “decreto semplificazioni” del 2020, che prevedeva tariffe regolate per la fornitura dell’energia elettrica destinata alla ricarica dei veicoli. In pratica via libera alla liberalizzazione dei prezzi anche per l’energia per la ricarica della batterie  dei veicoli elettrici.

C’è poi la revisione della normativa sulle concessioni balneari, oggetto di procedura di infrazione Ue per violazione della direttiva Bolkestein ma, secondo il Sole 24 Ore, quasi sicuramente questo aspetto non entrerà nel testo e l’infinito contenzioso sulle concessioni ai privati delle spiagge demaniali dovrebbe trovare soluzione in autunno, a estate chiusa e dopo un’altra stagione in cui la privatizzazione delle spiagge ha fatto il pienone.

Più problemi, secondo il Sole 24 Ore, si registrano sulla questione delle concessioni idroelettriche, che il governo intenderebbe inserire nella legge imponendo alle Regioni di definire i criteri economici alla base della durata dei contratti di concessione e definendo criteri generali e uniformi a livello centrale. Ma il fronte dei governatori leghisti fa muro, fu proprio il Carroccio durante il primo governo Conte a ottenere la regionalizzazione delle dighe.

Sono i Comuni invece l’ostacolo da superare per le gare sulla distribuzione del gas di città, che il governo vorrebbe comunque imprimere già nel Ddl con un sistema di incentivi all’avvio delle procedure pubbliche.

Questa legge in pratica vorrebbe essere una lapide contro la ri-pubblicizzazione dei servizi dopo decenni di privatizzazioni sciagurate e dannose per i conti pubblici e le esigenze popolari.

Come si dice? Bisognerà fare ancora testa a testa, ma con un pizzico di cattiveria in più alla luce dei disastri a cui abbiamo assistito in questi anni.

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