L’invito all’Italia della Commissione europea è ultimativo: entro ottobre il governo deve varare una manovra correttiva per poter rispettare gli impegni presi con la Ue sull’azzeramento del deficit entro il 2014 e per dare il via a una sostanziosa riduzione del debito, come previsto dal nuovo Patto di stabilità. «Raccomandazioni» specifiche non sono state rivolte solo all’Italia, la Commissione le ha inviate a tutti i 27 paesi dell’Unione tra i quali c’è chi (pochi) sta peggio di noi e (molti) decisamente meglio.
La Commissione europea ha fatto all’Italia in totale sei raccomandazioni specifiche. Oltre quella sui conti pubblici, si sottolinea la necessità di affrontare il nodo dell’occupazione da una parte «aumentando la pressione contro il lavoro nero», e dall’altra adottando misure per combattere «l’attuale segmentazione» che vede condizioni diverse per differenti categorie di lavoratori. Si sollecita, inoltre, «l’adozione di misure per promuovere una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro aumentando la disponibilità in tutto il paese di strutture di sostegno» come gli asili. Partendo dalla riforma del lavoro del 2009 e in accordo con le parti sociali, l’Italia deve inoltre adottare misure per assicurare che «la crescita degli stipendi rifletta la maggiore produttività» oltre che lo stato di salute dell’economia locale e dell’azienda in cui si lavora.
C’è poi un singolo capitolo dedicato alla concorrenza: nel campo dei servizi, in particolare quelli professionali, la Ue auspica «l’adozione di nuove misure per aumentare il grado di concorrenza». L’Italia deve inoltre migliorare il quadro regolatorio per gli investimenti privati nel settore della ricerca e dell’innovazione estendendo gli attuali incentivi fiscali e migliorando le condizioni operative per «il venture capital». Non manca una bacchettata su fatto che l’Italia non sta sfruttando le opportunità offerte dai fondi strutturali europei. Giunta ormai a metà del periodo 2007-2013, la quota dei fondi mobilitati dall’Italia sul totale è pari solo al 16,8% e nel sud questa percentuale è ancora più bassa. In pratica, Bruxelles chiede di prendere misure per accelerare la spesa a sostegno della crescita cofinanziata dai fondi di coesione per ridurre le persistenti disparità tra le regioni, migliorando la capacità amministrativa e la governance.
Le ultime due raccomandazioni riguardano la richiesta di «adottare misure per promuovere l’accesso delle piccole e medie imprese al mercato dei capitali, rimuovendo gli ostacoli normativi e riducendo i costi e l’invito a migliorare il contesto degli investimenti per il settore privato nella ricerca e nell’innovazione, estendendo gli incentivi fiscali e migliorando le condizioni per l’apporto di capitale.
L’elenco di cose che l’Italia dovrebbe fare è pertanto lungo. Ovviamente tutto parte dai conti pubblici. E sui conti le condizioni sono stringenti. Nel caso in cui i Paesi membri non dovessero rispettare le raccomandazioni fatte dalla Commissione europea in materia di politica economica e di bilancio, «ci aspettiamo che il Consiglio eserciti pressioni da pari a pari». A chiarirlo è stato il commissario europeo agli Affari economici e monetari, Olli Rehn. «Sono proposte che dovrebbero diventare raccomandazioni del Consiglio – ha spiegato Rehn – e il Consiglio ci ha già fatto sapere che le appoggia».
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