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Mercato del lavoro. E’ partito l’assalto finale

Il quadro delle proposte presentate ieri sera dal ministro Fornero è stato ricostruito a spizzichi e bocconi, tra mezze parole e goffi tentativi di limitare la portata di quello che stanno preparando, all’uscita dei “sindacati complici” dall’incontro.

L’attacco è totale e non risparmia nulla.

Ammortizzatori sociali. Attualmente c’è la cassa integrazione ordinaria per le crisi aziendali temporanee (durata 12 mesi), quella straordinaria per ristrutturazione o cessazione attività (24 mesi), e quella “in deroga” per i settori che non possono utilizzare le prime due forma perché non pagano i contributi. La cig è infatti co-finanziata da imprese e lavoratori, non dallo stato; tranne quella “in deroga”. Fin quando un lavoratore è in cassa integrazione mantiene formalmente il posto di lavoro e non viene iscritto tra i disoccupati.

C’è poi l’indennità di mobilità (due anni per i lavoratori under 50, tre per quelli più anziani). E infine un’indennità di disoccupazione poso usata e con pochissimi soldi.

Il progetto Fornero è semplice come un omicidio: conservare solo la cassa “ordinaria”, cancellare la straordinaria e la mobilità, introdurre una nuova indennità di disoccupazione  durata massima 12 mesi, che diventano 15 per gli over 58 anni – con tetto massimo di 1119 euro lordi, che si riducono del 15% dopo sei mesi e di un ulteriore 15$ dopo altri sei.

In pratica, se l’azienda si deve ristrutturare o chiudere gli “esuberi” vengono licenziati subito e “coperti” con l’indennità per un tempo molto più breve di quello attuale. “In compenso”, secondo il governo, tale indennità verrebbe estesa anche ai lavoratori pubblici – che oggi non sono licenziabili – quando verranno buttati fuori, e anche ai precari. Diciamo “verrebbe” perché candidamente il governo ammette di non aver ancora trovato i soldi per finanziare questo strumento. Quindi, al momento, non c’è assolutamente nulla.

Inizialmente si era detto che questo massacro sarebbe entrato a regime nel 2017. Confindustria aveva fatto pressione per rinviare il più possibile il varo di questa riforma vista la recessione in atto. La cig, infatti, è una misura a favore delle imprese e sono loro a richiederla, non i lavoratori. Ora Fornero vuole anticipare tutto al 2015, cominciando però da subito un “periodo di transizione” di cui ancora non sono stati chiariti i termini (cosa cessa da subito?).

Su contratto di apprendistato e art. 18, vi proponiamo alcuni articoli sulla stampa di oggi.

Stretta finale sul lavoro
Francesco Piccioni

Ammortizzatori nuovi (e di meno) dal 2015, ma da subito si cancella cig per cessazione attività e mobilità. Un’«ecatombe sociale», anche per Bonanni. Restano i contratti atipici, ma sarà «dominante» l’apprendistato per i nuovi assunti. E si prepara il funerale per l’art. 18 Fornero scopre il gioco: peggio che con le pensioni, dopo un mese ha riproposto le stesse misure iniziali
Quella sulla «riforma» del mercato del lavoro è una partita che il governo ha condotto a carte coperte. Ma ora si comincia a vedere qualcosa di concreto. E fa orrore.
Il ministro continua a scommettere che la conclusione arriverà tra il 21 e 23 di questo mese. Al tempo stesso, però, ammette che «non sono in grado di dirvi dove saranno trovate le risorse, il governo è impegnato a cercarle». Erano tutti entrati convinti che erano stati trovati 2 miliardi per la «riforma degli ammortizzatori sociali». Un vecchio volpone delle trattative come Raffaele Bonanni aveva subito fatto notare che quella cifra viene spesa ogni anno soltanto per la cassa integrazione «in deroga» (l’unica forma a carico dello stato), e che quindi «il governo doveva chiarire».
Sull’argomento ci si è dilungati parecchio, e Fornero è intenzionata a mandare a regime la sua «riforma» a partire dal 2015 anziché dal 2017, come chiedeva persino Confindustria. Peggio: vuol fare iniziare oggi stesso il processo di «transizione», cominciando dall’abolizione sia della della cig «per cessazione di attività» che della «mobilità»; un gesto che mette a rischio tutte le vertenze per crisi oggi sul tavolo (compresa quella che riguarda proprio il manifesto). Accoppiata al già varato aumento dell’età pensionabile, dice anche Bonanni, «sarebbe un’ecatombe sociale». È anche il primo punto su cui si è espressa Susanna Camusso, segretario generale della Cgil: «il dato di oggi è un passo indietro». L’accelerazione dell’ingresso della riforma degli ammortizzatori, spiega, «si traduce nel breve periodo, durante la crisi, in una riduzione della copertura e nessun vantaggio sulla prestazione economica». Insomma, nessuna nuova risorsa sugli ammortizzatori sociali da parte del governo, ma «solo una diversa redistribuzione di quelle esistenti».
In mancanza di notizie certe, tutti si erano fin lì esercitati ieri sul «modello tedesco». Se n’era parlato soprattutto in riferimento all’art. 18, che governo e Confindustria (più Cisl e Uil) vorrebbero modificare in due punti sostanziali: la «reintegra» sul posto di lavoro (con sentenza del giudice) sparirebbe in caso di licenziamento per «motivi economici» e per «motivi disciplinari». Resterebbe così in piedi solo il divieto di licenziare «motivi discriminatori», il caso più difficile da dimostrare in aula. In pratica: scomparirebbe. In ogni caso, da oggi partiranno «incontri bilaterali» tra il ministro e i leader delle varie «parti sociali» proprio su questo tema, «lasciato per ultimo».
Il «modello tedesco» delega il giudice a decidere tra reintegra e indennizzo (proprozionale a stipendio, età, carico famifliare). Ma il sistema di protezione sociale complessivo è molto più forte che non in Italia. Ad esempio, ci sono almeno tre forme di sussidio per i disoccupati: indennità (dai 6 ai 32 mesi, secondo l’età), sussidio (equivalente alla nostra «mobilità») e «aiuto sociale» per quelli esclusi dale prime due forme. In pratica, la Germania spende per le politiche del lavoro complessivamente il 2,26% del Pil, mentre l’Italia solo l’1,84.
Il governo sembrava stesse perfezionando un’«assicurazione sociale» (Aspi) per tutelare le forme di lavoro «non a tempo indeterminato». I dettagli tecnici sono andati cambiando di ora in ora; alcuni sembravano più che altro esche per far fare i titoli sui giornali, come il «bonus per tutti i disoccupati da 1.119 euro al mese». Se si dovesse prendere sul serio la cosa – visto che i disoccupati sono ufficialmente 2 milioni e 300mila – il governo dovrebbe spendere quasi 3 miliardi al mese (mentre, si diceva all’inizio, fanno fatica a trovarne 2 per un anno). Poi si è capito che in realtà si tratta solo dell’indennità che dovrebbe sostituire – con perdita secca – tutte le tutele attuali, compresa la mobilità, tranne la cig ordinaria. «L’«ecatombe sociale» di cui parla Bonanni, ma presentata come un «fatto positivo».
Sulla flessibilità in entrata (assunzioni), Fornero propone un «contratto dominante» ma «non unico». Anche Angeletti (Uil) e Bonanni (Cisl) hanno storto il naso parlando di «aspetti da correggere», anche se «sono stati fatti passi avanti sui contratti a termine». La convergenza con i sindacati avverrebbe sul «contratto di apprendistato a tempo indeterminato», ma resterebbero in vigore moltissimi contratti «atipici» anche se il ministro ha detto che «dovrebbero costare un po’ di più».
Che misure come queste siano in grado di abbattere il tasso di disoccuparione dall’attuale 9,2% all’obiettivo dichiarato dal governo (4-5%), appare decisamente utopistico. Certo, le imprese avranno un bel po’ di mano libera sui lavoratori che decidono di tenere o di licenziare. Ma non c’è nulla in queste proposte che, onestamente, possa essere considerato un «incentivo all’assunzione». Solo un abbattimento violento del grado di copertura degli ammortizzatori sociali, nell’illusione che poi «il mercato» sappia mettere ordine da solo nei disastri che ha provocato.

 
da “il manifesto”

A leggere il giornale di Confindustria sembra invece che siamo per entrare in paradiso: “1.100 euro ai disoccupati!”.

Bonus disoccupati da 1.100 euro

Una «giornata decisiva per la definizione di un accordo» sulla riforma del lavoro. Con queste parole il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha dato inizio presso al sede del ministero in via Flavia a Roma all’atteso incontro Governo-parti sociali sulle nuove regole del mercato del lavoro, in particolare i nuovi meccanismi per gli ammortizzatori sociali. Obiettivo del ministro, d’accordo con il premier Mario Monti, è di «chiudere la trattativa tra il 21 e il 23 marzo». Tempi stretti, dunque, quelli annunciati ai leader sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, mentre Confindustria era rappresentata dalla presidente Emma Marcegaglia. Priorità dell’Esecutivo, ha spiegato il ministro, è «la riduzione strutturale e stabile dei livelli di disoccupazione portandola al 4-5 per cento». La piattaforma descritta dal ministro prevede l’introduzione di un contratto «contratto dominante» che privilegi la forma di ingresso dell’apprendistato a tempo indeterminato, mentre il finanziamento della riforma – uno dei nodi su cui nelle ultime settimane si sono sovrapposte varie ipotesi – non sarà garantito da risorse prelevate dal fondo sociale, ma queste verranno individuate al di fuori dei capitoli di spesa sociale. Ancora da capire dove, però: «Non sono in grado di dirvi dove saranno trovate le risorse – ha spiegato il ministro alle parti sociali – il governo é impegnato a ricercarle».

Al via subito, a regime nel 2015
Nel suo intervento di apertura del “tavolo” – il sesto incontro con le parti sociali da quando è iniziato il confronto sulla riforma del mercato del lavoro – il ministro ha anche accennato al periodo di transizione della riforma e del cambio del sistema di ammortizzatori: «cominciamo nel 2012 e andremo a regime nel 2015». In linea poi le ipotesi circolate negli ultimi giorni, il ministro ha poi confermato la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione straordinaria, che « resta e non scompare»: ad essere eliminata «sarà solo la causale per cessazione di attività». Il contratto a tempo determinato, invece, «dovrà costare un po’ di più» ai datori di lavoro.

Come funziona l’assicurazione sociale
La riforma farà perno sull’introduzione dell’assicurazione sociale per l’impiego (Aspi). In pratica, una forma di nuova tutela e di sostegno al reimpiego. Nelle intenzioni del Governo, l’Aspi è destinata a sostituire strumenti come le attuali indennità di mobilità, gli incentivi di mobilità e disoccupazione per apprendisti, l’una tantum per i Co.co.pro e altre indennità similari. L’assicurazione sociale si applicherà a tutti i lavoratori dipendenti privati e pubblici assunti con contratti non a tempo indeterminato. Tra i requisiti per l’accesso descritti nella proposta del Governo, almeno due anni di anzianità assicurativa del lavoratore e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. La durata dell’assicurazione dovrebbe essere di 12 mesi (che salgono a 18 per i lavoratori sopra i 58 anni), e un importo medio di 1.119 euro. Grazie ad un meccanismo di sfasamento, l’indennità subirà un abbattimento del 15% ogni seimesi. L’aliquota contributiva dovrebbe invece aggirasi intorno all’1,3% incrementata dell’1,4% per i lavoratori non a tempo indeterminato.

Lunedì nuovo appuntamento con il premier
La tabella di marcia, al termine della riunione, vede in programma un nuovo appuntamento per lunedì 19, questa volta a Palazzo Chigi, presente anche il premier Mario Monti. Nelle prossime ore, il ministro del lavoro trasmetterà a sindacati e imprese i documenti relativi alla nuova contrattazione di ingresso con la nuova assicurazione sociale per l’impiego, su cui, le parti sociali sono chiamati a ad esprimere controdeduzioni e osservazioni . Sull’altro fronte caldo della riforma, quello relativo ad articolo 18 e flessibilità in uscita, il ministro darà il via ad una serie di incontri informali.

 

Arriva l’Aspi, assicurazione sociale per l’impiego: ecco di che si tratta

L’ Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego) sostituirà quanto oggi non rientra nella cassa integrazione ordinaria (e la parte di Cig straordinaria che resterà dopo la riforma) comprendendo indennità di mobilità, incentivi di mobilità, disoccupazione per apprendisti, una tantum co.co.pro e altre indennità. È questo l’impianto dei nuovi ammortizzatori sociali che il ministro del Welfare, Elsa Fornero, ha illustrato alle parti sociali.

Vediamo dunque nei dettagli di che si tratta. Innanzitutto, l’importo: l’Aspi sarà di circa di 1.119 euro con abbattimento dell’indennità del 15% dopo i primi 6 mesi e un ulteriore 15% di abbattimento dopo altri 6 mesi. L’aliquota contributiva sarà dell’1,3%, incrementata di 1,4% per i lavoratori non a tempo indeterminato. L’Aspi si applicherà a tutti i lavoratori dipendenti privati e ai lavoratori pubblici con contratto a tempo determinato e sostituirà indennità di mobilità, incentivi di mobilità, disoccupazione per apprendisti, una tantum co.co.pro e altre indennità.

Quanto ai requisiti per accedere all’Aspi, in pratica occorrerà avere due anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane lavorative nell’ultimo biennio. La durata sarà di 12 mesi (15 per i lavoratori sopra i 58anni).

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