Domani il vertice al MInistero degli Interni. Ma la polizia non ci sta ad essere l’unica soluzione dei problemi.
Dopo gli scontri di Roma tra gli operai dell’Alcoa e la polizia sotto al ministero del lavoro, il ministro dell’Interno Cancellieri ai margini di un convegno, ha parlato di ”situazione difficile anche sotto l’aspetto dell’ordine pubblico ribadendo che, comunque, il Viminale e’ ”apprezzato” per affrontare una situazione nella quale ”l’ordine pubblico resta l’ultima spiaggia e – aggiunge subito – speriamo non ci si arrivi mai”. Ma incrociando i dati occupazionali dell’Istat e quelli realizzati da Prometeia, i risultati nel secondo semestre di quest’anno rivelano che in Italia si rischia di perdere 202.000 posti di lavoro. “Se teniamo conto che circa 30.000 esuberi sono riconducibili ad addetti occupati nelle grandi aziende che hanno aperto un tavolo di crisi presso il ministero dello Sviluppo Economico, gli altri 172.000 sono alle dipendenze delle piccole e medie imprese” segnala un rappporto della Cgia di Mestre sulle crisi aziendali.
Di fronte all’emergenza lavoro perduto che si somma a quella della disoccupazione crescente (soprattutto tra i giovani e gli ultracinquantenni) e all’emergenza sociale dovuta alle misure antipopolari adottate dal governo in base ai diktat della Bce e dell’Unione Europea, gli esponenti dell’esecutivo annusano l’aria pesante che si respira nel paese e che gli operai dell’Alcoa hanno concretizzato durante la manifestazione a Roma di lunedi scorso. Le giustificazioni del passato, strumentali e consolatorie allo stesso tempo, non bastano a offrire un quadro realistico della situazione. Alimentare il demone degli “infiltrati” non regge alla prova dei fatti. La stessa Cancellieri ha confermato come nel corso della manifestazione davanti al ministero del Lavoro non vi siano state le temute infiltrazioni di gruppi estremi tra i lavoratori in protesta. La rottura dell’ordine pubblico dunque è venuta dai diretti interessati: gli operai di una importante fabbrica in una zona ad altissima disoccupazione. Il governo dunque è messo di fronte alle proprie responsabilità e alle soluzioni che deve indicare ad una emergenza sociale, occupazionale e democratica che non può ancora nascondere sotto il tappeto grazie alla collaborazione dei partiti e dei sindacati ufficiali che lo sostengono. Diventa problematica anche la soluzione apparentemente più tradizionale: quella dell’ordine pubblico. Un governo che dichiara di non avere né di voler offrire niente a lavoratori, disoccupati, precari sente molto forte il richiamo della foresta del modello sabaudo: bastonare chi protesta e chi disturba il manovratore. Ma i manganelli, gli arresti, le denunce per manifestazioni che tornano a piovere in tutto il paese non sono affatto una soluzione. A sostenerlo ormai sono anche i sindacati dei poliziotti. “Chiediamo adesso alla classe politica e al Governo di agire concretamente per impedire che tutto diventi un problema di ordine pubblico, perchè le tensioni sociali non possono essere sempre scaricate sui poliziotti” afferma Nicola Tanzi del Sap. “Una cosa sia chiara – fa sapere Romano Felice segretario del Siulp – il Governo e i tecnocrati dell’Economia non pensino che la tutela dell’ordine pubblico si possa garantire sulla pelle dei poliziotti che, tra l’altro, sono tra i più danneggiati dall’ascia cieca dei tagli indiscriminati, poiché noi abbiamo già dato e diciamo basta”.
Ieri c’è stato un inconcludente e per molti aspetti minaccioso vertice delle parti sociali a Palazzo Chigi. Domani al Viminale si riunisce il Comitato nazionale per l’ordine pubblico. Monti pensa di governare così, a Bruxelles e Francoforte ragionano e agiscono per diktat. Le elezioni del prossimo anno e il parlamento che ne scaturirà rischiano di diventare una formalità del tutto inutile. E’ uno scenario che non va bene, non va affatto bene. Si impone un cambiamento di rotta sostanziale e da qualche parte occorre cominciare.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa