Sindacati di base, gruppi di lavoratori, associazioni ambientaliste, movimenti studenteschi: sono questi i gruppi segnalati dalla Polizia di Stato al Ministero dell’Interno nell’annuale relazione sulla stato della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata. (vedi qui 1 – 2 )
Una sorta di lista nera di chi – secondo gli agenti – avrebbe minacciato l’ordine pubblico in Italia nel 2014.
La ‘colpa’ dei gruppi menzionati nel documento, nella maggior parte dei casi, sarebbe quella di aver promosso o partecipato a manifestazioni di protesta particolarmente accese.
Ad aprire il capitolo sul mondo del lavoro sono tutti quei sindacati e “gruppi di ispirazione operaista” che – a detta della Polizia – “hanno puntato a inasprire e radicalizzare le contestazioni” contro il Jobs Act.
Un ampio passaggio viene dedicato agli operai dell’AST-TK, storico polo siderurgico di Terni acquisito a inizio secolo dal gigante tedesco ThyssenKrupp.
Esasperati dal rischio di licenziamenti di massa e dal mancato pagamento degli stipendi, i 2.800 dipendenti hanno inscenato uno sciopero di 36 giorni. Una mobilitazione che, nella lettura delle forze dell’ordine, è stata “caratterizzata da aspre e prolungate forme di lotta.
Tra queste, probabilmente, la decisione di incatenarsi davanti all’ingresso dell’azienda e quella di bloccare l’autostrada Terni-Orte. O forse, la giornata in cui un corteo di operai è stato caricato “a freddo” dalla polizia, spedendo tre lavoratori in ospedale.
Scorrendo il report, ci si imbatte poi nelle ‘maestranze’ della Fincantieri, azienda statale di cantieristica navale. La decisione di quotare in Borsa la società ha accesso le proteste dei dipendenti, che secondo la relazione sono stati supportati da “militanti di formazione operaista di matrice marxista-leninista.”
Il richiamo è all’Organizzazione Comunista Internazionalista (OCI) – piccola organizzazione che dichiara di porsi “alla difesa del proletariato” – e allo SLAI Cobas per il Sindacato di Classe.
I gruppi ambientalisti
L’attenzione viene poi posta sulla delicata questione dell’ILVA, che nel 2014 – periodo di riferimento – viveva alcuni tra i suoi momenti più caldi.
A comparire nella relazione qui è il comitato ‘Lavoratori e Cittadini Liberi e Pensanti’, definito come “un sodalizio ecologista radicale favorevole alla definitiva chiusura dell’acciaieria.”
Formatosi dopo il commissariamento dell’impianto tarantino e il conseguente blocco delle attività, il gruppo di operai e abitanti ha organizzato diverse mobilitazioni — tra cui anche il maxi-concerto del Primo Maggio.
Restando in ambito ecologista, la blacklist dell’Interno si occupa anche delle associazioni ambientaliste della Basilicata – regione interessata dalle più imponenti estrazioni petrolifere d’Italia.
“La campagna contro le trivellazioni in Basilicata,” riporta il documento, “è da tempo al centro dell’impegno di sodalizi d’area ecologista più volte scesi in piazza con manifestazioni di protesta e iniziative volte a stigmatizzare i conseguenti danni alle falde acquifere e alla salute pubblica.”
Il dito viene puntato contro tre gruppi attivi nella sensibilizzazione sulle tematiche petrolifere: Organizzazione Lucana Ambientalista (OLA), No Scorie Trisaia e Scanziamo le Scorie.
Inevitabilmente, l’inclusione di queste organizzazioni nel report ha suscitato numerose polemiche. Il gruppo No Scorie Trisaia ha chiesto ad Alfano un’audizione per “chiarire e rettificare quanto affermato nel rapporto.”
Addirittura, l’OLA ha deciso lo scorso giugno di sospendere a tempo indeterminato le proprie attività. “Una scelta libera,” scrive l’associazione in un comunicato d’addio, ma dettata dalla “costante ‘criminalizzazione’ ed isolamento di chi ha sempre esercitato ed esercita democraticamente il diritto ad informare.”
Nel capitolo dedicato alle tematiche ambientali non potevano poi mancare le altre due grandi questioni degli ultimi anni: la TAV Torino-Lione e il MUOS di Niscemi, in Sicilia.
“Il progetto ferroviario ad alta velocità,” si legge sul report, “ha continuato a rappresentare il fronte più attivo della strategia antagonista e anarco-insurrezionalista.”
Per quanto riguarda il MUOS, l’imponente sistema di comunicazione satellitare statunitense, la lente d’ingrandimento finisce sul coordinamento regionale di attivisti Colpevoli, secondo le forze dell’ordine, di aver occupato la base americana dopo aver tagliato le reti di protezione.
I centri sociali
Nell’universo delle mobilitazioni studentesche sono due le associazioni a finire nel mirino del ministero: il centro sociale ZAM e il Collettivo Lambretta.
Entrambe milanesi, i due gruppi hanno organizzato azioni di protesta contro il test Invalsi, ritenuto “troppo nozionistico” e volto a piegare l’istruzione a “logiche manegeriali.” Rispondendo all’invito delle associazioni, numerosi studenti hanno boicottato le prove del test.
Sgomberato nel luglio 2014, lo ZAM – “il centro sociale dalla canna libera” – ha successivamente rioccupato l’ex scuola di via Santa Croce a Milano dove è situata la sua sede.
Anche per il Collettivo Lambretta l’estate del 2014 è stata segnata dallo sgombero intimato dalla Prefettura milanese. Una decisione ovviamente osteggiata dagli esponenti del centro sociale. All’arrivo delle forze dell’ordine per eseguire il decreto, una decina di attivisti hanno occupato il tetto dell’edificio in segno di protesta.
Le tifoserie di calcio
A chiudere la black-list del Viminale ci sono ‘le tifoserie ultras’: secondo le stime della Polizia, 403 club composti da circa 40.260 persone.
Un nutrito numero di questi gruppi, spiegano le autorità, avrebbe mostrato un forte orientamento politico: l’11 per cento delle ‘curve’ occupa posizioni di estrema destra, mentre il cinque per cento è caratterizzato da un’ideologia di sinistra radicale.
“Come evidenziatosi già in passato,” prosegue il report, “gli ultras hanno dimostrato di essere una pericolosa massa di manovra in grado di inserirsi dovunque vi sia l’intenzione creare disordini e devastazioni.”
Tra le ‘prese di posizione’ del mondo ultras viene sottolineata la partecipazione di alcune frange alla mobilitazione nazionale del Coordinamento Nove Dicembre, noto anche come il movimento dei Forconi.
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