E’ in arrivo una stangata, di quelle vere, ed è solo l’ultima di un trend in corso negli ultimi due anni.
Aumenti delle tariffe già c’erano stati a luglio scorso, ma ad ottobre verranno aggiornati contratti e tariffe di gas e luce. E in qualche proveranno a indorare la pillola affermando che saranno “aumenti a fin di bene” in nome della transizione ecologica.
Secondo il Sole 24 Ore “la colpa questa volta non è del solito petrolio: bisogna guardare come si è spostato l’asse del settore energetico, e in particolare le speculazioni internazionali sul metano e sulle emissioni Ets di anidride carbonica, il gas accusato di scaldare il clima”.
L’Enea nell’Analisi trimestrale del sistema elettrico diffusa venerdì aveva rilevato che già nella prima metà dell’anno in Italia erano in forte aumento i consumi di energia, i costi e anche le emissioni di CO2, diventate carissime; inoltre già il 1° luglio le bollette di luce e gas avevano avuto un aumento consistente, e adesso il 1° ottobre le bollette del gas potrebbero crescere oltre il 30%, quelle della corrente elettrica del +20%.
IìInfatti il 1° ottobre l’Autorithy dell’energia Arera aggiornerà come ogni tre mesi le tariffe di corrente elettrica e gas, avvicinandole ai costi di produzione e ai mercati internazionali. Nello stesso giorno partiranno i contratti annuali di fornitura ai grandi consumatori e alle imprese, poiché per convenzione l’anno termico contrattuale va dal 1° ottobre al 30 settembre.
Ma il problema riguarderà anche il prezzo della benzina e del gasolio per trasporti, ma in misura inferiore a quello delle bollette. In questo caso il ruolo della materia prima, il petrolio, rappresenta appena un terzo del prezzo finale, mentre i due terzi sono rappresentati dalle penalizzazioni fiscali.
Secondo la rilevazione condotta il 6 settembre dal ministero dello Sviluppo economico, la benzina costa in media 1,65 euro al litro, di cui 62 centesimi di costo industriale e 1,03 euro di disincentivo fiscale. Il costo medio del gasolio è di 1,50 euro al litro di cui 61 centesimi di costo industriale e 89 centesimi di fisco.
La narrazione sulle liberalizzazioni e privatizzazioni che avrebbero contenuto i prezzi grazie alla concorrenza, si frantuma così davanti al dato di fatto che le bollette sono aumentate esponenzialmente negli ultimi anni (ognuno può aprire il cassetto dove le tiene e verificare di persona). E la famosa Autorithy – baracconi per gettare fumo negli occhi all’opinione pubblica – ha sempre ratificato gli aumenti, giustificandoli spesso in modo fantasioso.
Questa del carovita sta tornando rapidamente ad essere una emergenza sociale a tutto tondo, è un meccanismo insito nelle misure di austerity imposte al nostro paese e sul quale in troppi da tempo fanno i finti tonti.
L’11 ottobre i sindacati di base e conflittuali hanno convocato lo sciopero generale. Ma forse è urgente che sul tema degli aumenti delle tariffe si cominci a ragionare ed agire sin da adesso. Sono un taglio doloroso ai salari e ai redditi che dal 1984 e poi dal 1993 (abolizione della Scala Mobile) non dispongono più di alcuno strumento di adeguamento ai prezzi.
I lettori più grandi rammentano come contro l’aumento delle tariffe nelle città crebbe negli anni ’70 il movimento popolare per l’autoriduzione delle bollette. Ma le aziende erogratrici erano pubbliche (Enel, Acea, Italgas etc.) mentre oggi, dopo la privatizzazione, c’è un verminaio di aziende private senza scrupoli che ti bussano addirittura alla porta di casa.
Ma qualcosa, un nuovo strumento di difesa e resistenza popolare contro il carovita e l’assalto ai salari, occorre cominciare a invertarselo. Cominciamo a far funzionare il cervello.
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