Giovedi mattina, dopo aver letto la piattaforma per la manifestazione nazionale per la pace di sabato 5 marzo, avevamo dato indicazione ai nostri lettori di partecipare al corteo. Anche perchè dalla società emergevano segnali interessanti di differenziazione rispetto alla linea bellicista del governo Draghi.
La piattaforma , anche se non del tutto condivisibile, evidenziava punti importanti di contrasto alla linea guerrafondaia e all’economia di guerra annunciati dal governo Draghi in Parlamento. Inoltre declinava sia la condanna dell’invasione russa dell’Ucraina sia l’esigenza dello stop all’espansionismo a Est della Nato e il ripristino della sicurezza collettiva in Europa. Insomma una cornice che consentiva una partecipazione, anche critica, alla manifestazione.
Ma nella mattinata di giovedi è arrivata come una doccia fredda su molti. La decisione dei promotori – la Rete per la pace e il disarmo – di modificare la piattaforma già circolata e che aveva incontrato adesioni e orientamenti positivi sulla partecipazione. Non solo. Le modifiche introdotte alla piattaforma – come documentavamo già di ieri – ne eliminavano completamente i punti politicamente più significativi. Tale modifica era stata effettuata per favorire l’adesione di Cgil Cisl Uil al corteo.
In realtà, leggendo la nuova piattaforma, la manifestazione a questo punto è stata convocata su una linea non dissimile da quella indicata dal governo e che obiettivamente più che tesa alla pace sembra tesa a legittimare l’interventismo militare contro la Russia. Insomma le ragioni della pace vengono così depotenziate profondamente dalla legittimazione del consenso ad una linea bellicista che vede come capofila proprio il Pd.
Non è una novità. Qualcosa di molto simile l’abbiamo già visto, sperimentato – e combattuto – durante la “guerra umanitaria” della Nato in Jugoslavia e durante i bombardamenti Nato sulla Libia di Gheddafi.
La modifica della piattaforma originaria della manifestazione per la pace del 5 marzo ha suscitato reazioni in molti ambiti, che pure quella manifestazione e la prima piattaforma avevano contribuito a costruirla (1). Molte associazioni pacifiste, reti sociali, forze politiche hanno espresso indignazione per questioni di merito – i contenuti eliminati – ancora più che di metodo.
Per questa ragione, da 48 ore impazzano discussioni sul se o il come partecipare alla manifestazione per la pace del 5 marzo. Il dato che colpisce di più – e negativamente – è che si sta ragionando su questa manifestazione come se fosse una delle tante manifestazioni nazionali degli anni precedenti e non sul contesto – inquietante e straordinario – nel quale ci troviamo.
Il rischio della guerra – e di una guerra vera – è diventato altissimo, più di quanto la memoria storica delle ultime due generazioni possa ricordare. Non solo. In questa precipitazione della storia ci ritroviamo con un governo apertamente interventista e deciso ad esporre il paese ai rischi di guerra e scaricare i costi dell’economia di guerra sulla società.
Se questo è vero non possiamo che mettere in campo “lo spirito di Zimmerwald”, cioè di quei pochi delegati del movimento operaio che nel 1915 si dichiararono contrari all’interventismo dei propri paesi nella Prima Guerra Mondiale e ai relativi crediti di guerra per finanziarla. Quindi nessuno sconto al bellicismo del proprio governo interventista e dichiarazione di “guerra alla guerra”.
In tal senso come possiamo differenziarci sia da coloro che sostengono l’interventismo dell’Italia nella guerra alla Russia (vedi le forze presenti in Parlamento tranne una piccola coraggiosa pattuglia di parlamentari), sia da coloro che non trovano ancora il coraggio politico di mettersi di traverso a questa tendenza?
E’ un problema di contenuti ma anche di affermazione visibile e pubblica di una alternativa alla spirale di guerra. E questa, nella nostra parte di mondo, non può più prescindere da scelte dirimenti contro l’adesione dell’Italia alla Nato e la presenza delle basi Usa/Nato in Italia.
Certo, le truppe russe devono ritirarsi dall’Ucraina, occorre imporre un immediato cessate il fuoco e il mantenimento dei negoziati tra Russia e Ucraina. Ma senza dimenticare la guerra dimenticata che da otto anni ha devastato le popolazioni e le Repubbliche del Donbass, né la spregiudicata e bellicista espansione della Nato a Est.
Per rendere visibile questo smarcamento da ciò che la piattaforma della manifestazione per la pace del 5 marzo non dice, l’assemblea contro la guerra tenutasi a Roma ha deciso di concentrarsi sabato pomeriggio a Piazza Esquilino invece che a Piazza della Repubblica, quindi lungo il percorso del corteo che, immaginiamo, sarà molto grande e contraddittorio. Invitiamo tutte e tutti coloro che non hanno accettato o mal digerito lo stravolgimento dei contenuti della piattaforma a vedersi lì per partecipare insieme alla manifestazione.
E questo perché vogliamo evitare ed evitarci il solito scenario degli spintoni in piazza alla partenza di un corteo dove si presentano posizioni diverse e in alcuni casi contrapposte.
Questo non è più il momento delle esibizioni muscolari, è il momento in cui le posizioni e soluzioni diverse in uno scenario di “guerra vera” devono manifestarsi pubblicamente. Non è molto, ma non è neanche poco.
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(1) Siccome abbiamo una memoria da elefanti, vogliamo ricordare che lo stesso scenario avvenne durante la manifestazione nazionale contro gli euromissili a Comiso nell’ottobre 1983. La piattaforma e le modalità decise all’assemblea dell’Imac a Comiso durante i blocchi alla base militare in estate, furono stravolte dagli organizzatori della manifestazione. E finì a “pizze in piazza”. Uno scenario da evitare e non ripetere.
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Alida Vilardi
per quanto condivida l’articolo ritengo che le manifestazioni le fanno chi ci va e non solo le piattaforme e sicuramente moltissimi non rispecchiano i contenuti della piattaforma
da parte mia partecipero’ad entrambe e nella prima faro’sentire la mia voce
Massimo Di Bartolomeo
Ho fatto l impossibile per arrivare ma alle 16 piazza Esquilino era deserta. Non ho parole. Viaggio a vuoto e la vista irritante dei pacifisti radicale chic con bandiere gialloblù al seguito. Peccato non avervi incontrato.