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Il governo fibrilla sull’adesione dell’Italia al MES.

L’Italia adesso è l’unico paese europeo a non aver ratificato il MES (Meccanismo Europe di Stabilità) . Il governo Meloni aveva detto di voler attendere la decisione della Germania per capire il da farsi, ma proprio a Karlsruhe la Corte costituzionale tedesca si è espressa pochi giorni fa per procedere alla ratifica del nuovo Mes.

Il Mes è un meccanismo intergovernativo dei 19 membri dell’Eurozona, nato nel 2012 per sostituire il Fondo salva-Stati che aveva sostenuto finanziariamente i Paesi a rischio default dopo la crisi economica del 2007-2008, ma in cambio di riforme d’austerità, con tagli feroci alla spesa pubblica, privatizzazioni, aumenti delle imposte su salari, pensioni, servizi.

Questo nuovo strumento di vincolo finanziario sui prestiti in sede europea, era stato utilizzato dopo il 2011 in occasione della crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona, soprattutto per tormentare e batostare con feroci misure di austerity la Grecia.

Il Mes è guidato da un “Consiglio dei Governatori” composto dai 19 Ministri delle finanze dell’Eurozona che deve deliberare all’unanimità tutte le principali decisioni (incluse quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria e all’approvazione dei protocolli d’intesa). Ma che può operare a maggioranza qualificata (85% cento del capitale) se in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dell’area dell’euro, la Commissione europea e la Bce richiedano l’assunzione di decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria.

Il governo della destra, che in passato aveva visto le forze che lo compongono (tranne Forza Italia, ndr) sostenere il rifiuto dell’adesione al Mes, adesso potrebbe trovarsi al centro delle pressioni degli apparati europei per “allinearsi” all’ennesimo vincolo esterno sull’economia italiana.

A novembre, in una riunione dell’Eurogruppo,  il ministro dell’Economia Giorgetti sembrava aver capitolato sull’accettazione del MES, ma rispondendo in questi giorni ad una interrogazione parlamentare nel merito, lo stesso Giorgetti è tornato a parlare di un “MES come istituzione impopolare e in crisi”, spiegando poi che un’eventuale decisione di procedere o meno alla ratifica dovrebbe essere “preceduta da un adeguato e ampio dibattito in Parlamento”.

Potere al Popolo già dal 2020 si era schierato contro l’adesione dell’Italia al MES. “Il MES rischia di dare il via ad una nuova ondata speculativa ai danni del debito dell’Italia e dei paesi del Sud Europa. Alla quale seguirà una nuova ondata di tagli sulla sanità, sulla scuola, sui servizi pubblici, sui diritti sociali per riconquistare credito. Un circolo vizioso devastante che rischia di ripartire già dal 2022, quando finiranno le deroghe e gli allentamenti sui vincoli di rigore di bilancio”.

Vedremo adesso se il livello di subalternità ai diktat europei espresso finora dal governo Meloni andrà in continuità o se ci saranno punti di dissonanza che metterebbero però l’esecutivo italiano di nuovo nel mirino degli apparati europei.

 

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1 Commento


  • Eros Barone

    Vi è da augurarsi, di fronte a questo nuovo cappio che viene imposto dalla UE al nostro paese, che emergano con forza quelli che nell’articolo vengono definiti “punti di dissonanza” tra l’esecutivo italiano e gli apparati europei. Se su questo versante il governo Meloni sarà coerente con le dichiarazioni anti-MES più volte espresse, si verrà a creare finalmente uno scontro tutt’altro che lieve con il giugulatorio vincolismo recessivo della UE. L’Italia non è la Grecia (sia detto con tutto il rispetto per quest’ultimo paese), ma è uno dei più importanti membri fondatori della UE. Un conflitto di questa portata aprirebbe spazi nuovi ed importanti all’iniziativa del movimento di classe. Non bisogna mai dimenticare: a) che il capitale è un ente che appartiene alla categoria dei ‘pluralia tantum’, ovvero è un sistema composto da più capitali in lotta fra di loro; b) questa natura intraconflittuale del capitale europeo, acuita dalle crisi geopolitiche e geoeconomiche in corso, può mettere in moto dinamiche divergenti rispetto agli indirizzi che vengono perseguiti dalle istituzioni imperialiste e al controllo che queste vorrebbero esercitare sui singoli Stati-nazione. In tal caso, quella che potrebbe profilarsi è la crisi finale della UE, prodotto di più fattori (guerra, crisi economica mondiale, progressivo asservimento senza reali contropartite alla potenza egemone, marcescenza istituzionale e corruzione diffusa, progressivo impoverimento delle masse).

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