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Un bosone da Nobel. Vincono Higgs ed Englert per la fisica

Il Nobel per la Fisica è stato assegnato al belga Francois Englert, della Libera Università di Bruxelles, e al britannico Peter W. Higgs, dell’università di Edinburgo. Entrambi, in modo indipendente, hanno previsto l’esistenza della particella grazie alla quale esiste la massa.

Englert, 81 anni, e Higgs, 85 anni, hanno teorizzato l’esistenza del bosone di Higgs in modo indipendente nel 1964. Englert aveva pubblicato il suo articolo insieme all’americano Robert Brout, morto nel maggio 2011, pochi mesi prima dell’annuncio dei dati preliminari sulla scoperta, presentati nel dicembre 2011 al Cern di Ginevra. Vista la scelta di assegnare il premio ai fisici teorici fatta dalla Fondazione Nobel, il terzo dei premiati avrebbe potuto sicuramente essere Brout. Non è stato possibile però premiare anche Brout perchè il regolamento del Nobel non prevede l’assegnazione del premio a ricercatori deceduti.

La teoria è stata confermata nel 2012 grazie agli esperimenti condotti nel Cern di Ginevra Cms e Atlas, guidati all’epoca dagli italiani Guido Tonelli e Fabiola Gianotti, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).

Il Cern di Ginevra ha immediatamente trasmesso un tweet di congratulazioni a Englert e Higgs, vincitori del premio Nobel di fisica. ”Congratulazioni dal Cern, esperimento Atlas e esperimento Cms a François Englert e Peter Higgs per il Premio Nobel di Fisica”, recita il breve testo.

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Fin qui l’Ansa, che ha dato la notizia.

Da parte nostra possiamo aggiungere solo che forse mai, negli ultimi anni, un Nobel per la fisica era stato così meritato. E che si tratta di una rivincita potente della “teoria” anche in campo scientifico.

L’affermazione va sostanziata meglio, perché nel linguaggio volgare – la tv e i media in genere, e quindi il “senso comune” di tanti imbecilli (anche “di sinistra”) – ha da decenni relegato “la teoria” al campo delle belle chiacchiere con poca attinenza con “la realtà”.

“Sì, sì, in teoria sarebbe così, ma in realtà va in un altro modo…” Chi non ha avuto a che fare con qualche testa vuota che ripeteva frasi simili a questa? In un paese dove quel che si dice e quel che si fa sono sfere separate con molta cura, è ideologia dominante.

Al contrario “teoria”, in campo scientifico (e in Marx in primo luogo), significa capacità di astrarre dal concreto le leggi immanenti (ovvero stabili) del movimento del reale. Leggi che quasi sempre sono “controintuitive” rispetto ai fenomeni percepiti.

Un esempio per aiutarci: la “legge di gravità”, da Galileo in poi, recita che ogni tipo di “grave” (corpo fisico) viene attirato da uno più “pesante” (come la Terra) con la stessa velocità indipendentemente da natura, conformazione, peso, struttura del corpo preso in esame. Naturalmente “nella realtà” terrestre vediamo cose assolutamente diverse: un pallino di piombo e una piuma arrivano a terra con tempi assai diversi; per non parlare degli uccelli o dei meccanismi in grado di volare.

Il segreto della teoria scientifica, in altri termini, sta nella capacità di individuare “la legge unitaria” esistente all’interno di movimenti o fenomeni anche opposti, facendo astrazione – appunto – dalle “condizioni a contorno”. Nell’esempio appena fatto – la legge di gravità – non si prende in considerazione l’aria; anzi, in sede di esperimento di laboratorio, la si toglie del tutto. Al di fuori dell’atmosfera, insomma, la piuma e il piombo viaggiano alla stessa velocità verso il pianeta che li attrae. In tutto l’universo la legge di gravità funziona nello stesso modo; anche sulla terra, anche in un ambiente fatto di aria o acqua.

Torniamo al Nobel. Molti dei premiati in campo fisico degli ultimi anni, tra cui l’italiano Carlo Rubbia, sono stati o sono grandissimi “costruttori di esperimenti”. Gente che sa costruire le macchine per generare l’assenza di “condizioni a contorno” necessarie a dimostrare quel che la teoria accettata (o standard) prevede.

“La teoria”, insomma, precede la verifica sperimentale e la rende possibile, mettendo in campo una credibile ipotesi di spiegazione dei fenomeni fisici (o economici, nel caso di Marx). Non “sogno astratto” o “dover essere” moralistico, insomma; ma guida per la ricerca empirica. Perché si trova soltanto quel che viene attivamente cercato (il contrario della “fortuna”).

Higgs e Englert, anche per essere riusciti incredibilmente ad arrivare alle stesse conclusioni in modo indipendente (era accaduto anche a Leibniz e Newton per il calcolo infintesimale, in sede di analisi matematica), dimostrano che solo una potente capacità teorica può creare lo spazio entro cui avanza la ricerca della verità scientifica. Ricerca che naturalmente non termina mai, ma procede per acquisizioni “certe” e “vere” fin quando una nuova e più “comprensiva” teoria non riesce a spiegare anche quei fenomeni “strani” o “inspiegabili” per la teoria precedente.

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