Nella notte di venerdì scorso, due operatori stranieri dell’hub di via Mattei che stavano raggiungendo a piedi la fermata dell’autobus per tornare a casa, sono stati affiancati prima da una macchina che poi è ripartita quasi subito, e poi da una seconda macchina, dalla quale sono partiti insulti e colpi di pistola scacciacani caricata a salve.
Gli operatori, dopo aver denunciato il fatto, hanno scoperto che questo non è stato un episodio intimidatorio isolato, ma che la stessa cosa è successa in almeno altri tre casi, tutti avvenuti nello stesso tratto di strada antistante l’ex-cie e che ha per vittime ospiti ed operatori stranieri dell’hub.
Il primo caso, raccontano gli operatori, ha avuto come malaugurato protagonista uno degli ospiti della struttura il quale, mentre rientrava all’hub, è stato affiancato da un’auto dalla quale sono partite urla e insulti, mentre uno dei passeggeri mostrava una pistola dal finestrino.
Il secondo ed il terzo episodio sono invece avvenuti a breve distanza l’uno dall’altro nella serata di lunedì 16 ottobre, tra le 23 e le 23.15. La prima volta, un ospite è stato affiancato da una moto da cui sono stati esplosi tre colpi in aria; nel secondo caso, le solite due macchine (dalle testimonianze una BMW bianca ed una Punto grigia), hanno affiancato un operatore e da una di queste sono stati esplosi colpi a salve.
Una vicenda raccapricciante che abbiamo l’obbligo di riportare all’attenzione dei nostri lettori, e che fa aprire una serie di riflessioni sulla gestione del sistema di accoglienza migranti, dell’hub, e della “sicurezza” nei territori.
In particolare in via Mattei, circa una decina di giorni fa è scoppiata l’ultima protesta di alcuni degli ospiti, in merito ai tempi di permanenza in struttura che, se per legge non dovrebbe superare i 3 mesi, arriva in molti casi anche a 9-12 mesi e oltre. Durante la protesta, una cinquantina di ospiti in attesa di ricollocamento ha dato vita ad un presidio spontaneo lungo via Mattei bloccando il traffico e chiedendo chiarimenti sulla loro posizione. La protesta è rientrata dopo poche ore grazie anche alla mediazione di alcuni operatori con la Prefettura.
Molto spesso, i motivi del protrarsi della permanenza nell’hub oltre i tempi previsti dalla legge non riguardano soltanto la lentezza della burocrazia ma, cosa decisamente più vergognosa, hanno a che fare con il gioco di appalti e finanziamenti tra cooperative e prefettura coinvolto nella gestione dei migranti, e con l’impossibilità di gestire un sistema di prima e seconda accoglienza non adeguato all’entità del problema.
Inoltre, molti degli ospiti di questa come di altre strutture, hanno alle spalle storie di violenza e sfruttamento particolarmente pesanti, essendo spesso vittime dei trafficanti di esseri umani che ricattano i migranti e le loro famiglie per costringerli alla prostituzione o a lavori in condizioni di semi-schiavitù o nella totale illegalità. Si tratta molto spesso di persone in stato psicologico fragile e che avrebbero bisogno di sistemazioni ben diverse da quelle offerte dalle strutture come l’ex-caserma come l’hub in via Mattei.
Ma se la gestione delle strutture di accoglienza mostrano ormai evidenti e gravi contraddizioni e inadeguatezze, gli episodi delle scorse settimane avvenuti in prossimità dell’hub a danno di operatori e ospiti del centro, evidenziano altrettanto chiaramente come le politiche di sicurezza tanto sbandierate dalle amministrazioni come cavallo di battaglia in difesa dei territori contro il degrado e la criminalità, siano molto spesso politiche riservate solo a una parte della popolazione, in chiave securitaria e ben poco responsabile.
Le ronde notturne delle forze dell’ordine (ma anche di privati cittadini associati in varie forme) sono ormai diffuse in città contro il degrado, lo spaccio, e tutta una serie di forme di disagio sociale, ma quanto avviene nelle vicinanze dell’hub di via Mattei, senza volerci vedere nella perversione, quanto meno strano. A poche centinaia di metri dalla piu grande struttura bolognese per la prima accoglienza dei migranti, sorge infatti l’ex Consorzio Agrario, una struttura abbandonata da anni, messa sotto sequestro e recentemente data in gestione a Alessandro Lucia, noto personaggio legato ad ambienti della destra e dell’estrema destra bolognese, ex pugile, candidato non eletto alle ultime comunali con Forza Italia. Nell’area dell’ex consorzio, Lucia ha ripristinato una discoteca, che dopo varie segnalazioni dei residenti per rumori molesti, è stata recentemente trasformata in circolo privato che ora ospita serate musicali, corsi di boxe e arti marziali, e partite di softair orgnizzate del dal gruppo XXII Legione “Leoni Neri” (un nome un programma…).
Insomma non che l’apertura di un circolo privato in cui si praticano sport come questi sia per forza sede di personaggi che incitano alla xenofobia e al razzismo, sia chiaro, però a scanso di equivoci, forse la gestione degli spazi dovrebbe interessarsi con un po più di attenzione a questo tipo di dinamiche, ai gestori di questi posti e a quali equilibri e relazioni possano innescare nelle vicinanze di un centro come l’hub di via Mattei. In altre parole, forse non è stata la scelta più lungimirante da parte dell’amministrazione, quella di affidare a individui come Lucia uno dei pochissimi posti di aggregazione di via Mattei, in una zona periferica della città già di per se problematica, tra capannoni e palazzi-dormitorio, dove mancano servizi e luoghi d’aggregazione e nel quale troneggia la struttura dell’ex-caserma che ospita l’hub, con le muraglie contornate da filo spinato.
Episodi di violenza e intimidazioni come quelli accaduti in via Mattei segnano la necessità di sorvegliare con maggiore attenzione una delle zone di Bologna dove tensioni e malumori sono effetto diretto di una mala gestione del territorio. Ignorare questo aspetto, potrebbe sfociare in gravi esplosioni sociali, che mettono migranti contro italiani, ma fondamentalmente alimentano solo la guerra tra poveri.
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