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Autonomie regionali e campagne elettorali. Bonaccini e Maroni ci riprovano.

È un’appassionante saga a puntate quella della “via emiliana per l’autonomia” che vede l’Emilia Romagna in trattativa per il riconoscimento di forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’art. 116 della Costituzione. (Per approfondire clicca QUI)

In un intervento nell’ Assemblea Legislativa regionale lo scorso 15 gennaio il presidente della regione, Stefano Bonaccini, ha fatto il punto sul percorso intrapreso negli ultimi mesi. “Il confronto è aperto e procede in stato avanzato soprattutto su istruzione, lavoro, ambiente e sanità _ dichiara il presidente_ e fra due settimane, nella seduta del 30-31 gennaio, l’assemblea legislativa potrebbe già approvare il mandato a siglare l’accordo”. I presidenti delle regioni ER e Lombardia, Bonaccini e Maroni, fedeli protagonisti d’avventure di questa novella, puntano a stipulare una pre-intesa prima delle elezioni politiche del 4 marzo, in modo da piantare una bandierina in vista del percorso contrattuale che sarà da avviare con la prossima legislatura. Ricordiamo che il procedimento prevede: 1) una iniziativa della Regione; 2) una consultazione con gli enti locali; 3) il rispetto dei principi dell’art. 119 Cost.; 4) l’intesa tra la Regione interessata e lo Stato; 5) l’approvazione della legge da parte delle Camere a maggioranza assoluta.

L’iniziativa regionale dell’Emilia Romagna è a cura della Giunta ed è rivolta al Governo con il quale il 18 ottobre scorso si è formalizzata sulla carta l’approvazione del percorso di autonomia. Dopo la firma della dichiarazione d’intenti e l’inizio formale del negoziato lo scorso 9 novembre, oggi il presidente Bonaccini ha la premura di informarci che il percorso con l’esecutivo nazionale condiviso con la Lombardia sta felicemente proseguendo in un clima oltretutto sereno visto che anche gli iniziali rigurgiti della Lega, che tentavano di differenziarsi e opporsi al progetto marchiato PD rivendicando istanze secessioniste della Romagna dall’Emilia, sono caduti nel nulla. Anche i 5 stelle hanno dato l’ok all’autonomia mettendo sul tavolo alcuni elementi (come la rimodulazione del bollo auto in base alla capacità di inquinamento), non prima di aver accusato Bonaccini di gestire questa trattativa da padrone e non da Presidente, come uomo solo al comando.

La mossa di Bonaccini, che ora apre all’autonomia con una relativa fredda, sembra aver dato il via alla campagna elettorale, facendo entrare il tema dell’autonomia nel calderone delle promesse elettorali e delle soluzioni miracolose che il PD emiliano romagnolo vuole propinare agli elettori, nella speranza di attrarre quella parte di elettorato che negli anni si è mosso dal PD ad altre sponde.

Che questo non fosse un accordo di portata storica come lo ha definito più volte Bonaccini è facile intuirlo. Del resto chiunque vada al governo (anche locale) non avrà vita facile dovendo rispettare il “patto di stabilità” dei trattati europei e l’obbligo al pareggio di bilancio inserito nella costituzione. Gli appetiti dei poteri forti, della finanza, di quella speculazione che fa affari sulle forti disparità sociali, su opere inutili e su progetti faraonici, le basi per ulteriori privatizzazioni possibili, avranno ancora più spazio se la ricchezza sarà trattenuta “in casa”. Ma anche con questa mossa, l’impoverimento che ha investito tutti i lavoratori non si arresterà e i problemi sociali restano ancora tutti senza risposte e senza soluzioni.

Il ruolo che la regione si gioca in quanto area politico economica “virtuosa” (LEGGI QUI ) determina il tipo di interessi a cui risponde questo tentativo di riconoscimento delle autonomie che può diventare l’assetto istituzionale idoneo, per consentire all’establishment di perseguire gli “interessi nazionali” in un contesto di competizione interna che si sviluppa tra gli stati dell’Unione Europea. D’altro canto, in un contesto produttivo dove i margini di profitto sono comunque tutto sommato ristretti, metter mani su una quota delle tasse diventa il modo più semplice di ridurre i costi e conformare il territorio intorno ai bisogni dell’impresa. Motivo per cui tutto l’arco delle forze politiche avvalla il progetto senza guardare alla popolazione fatta di lavoratori dipendenti, precari, pensionati, disoccupati, ai quali si promette la solita favola che se le cose andranno meglio per le imprese allora andranno meglio per tutti. Il Pd senza avere troppi argomenti con cui “sedurre” gli elettori fa della Lega e delle destre nazionali un finto nemico di comodo quando invece, come due facce della stessa medaglia, i due partiti si trovano perfettamente allineati su una linea profondamente reazionaria.

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