La campagna elettorale dei due principali contendenti alle elezioni regionali in Emilia Romagna è stata una meticolosa e capillare distrazione di massa. Questa campagna è servita a mobilitare i propri elettorati da parte dei leader di due schieramenti che altrimenti avrebbero fatto fatica a trovare distinzioni.
Difficile distinguere cosa pensino di diverso tra loro Lega e PD sull’articolo 18 (alla cui cancellazione entrambi sono favorevoli), sul TAV e le Grandi Opere, che fanno a gara a promettere così come i soldi alle imprese, sulle privatizzazioni dei servizi e della sanità, cui entrambi in concreto lavorano.
Di fronte al dilagare dello sfruttamento del lavoro, anche per opera della degenerazione del ruolo e della funzione delle cooperative, i due contendenti condividono il comune rifiuto della proposta di Potere al Popolo di un salario minimo di 9 euro all’ora, primo passo per rompere la catena del sottosalario.
Se poi guardiamo a sicurezza ed ordine pubblico, la pratica reale delle amministrazioni di centrosinistra e di quelle di destra in Emilia Romagna tende sempre di più a coincidere, con sgomberi, daspo, interventi polizieschi sempre più attuati e rivendicati senza distinzione. Anzi a volte il rimprovero è: “perché non hai messo più poliziotti?” “No li ho messi, sei tu che mi hai ostacolato“.
Infine, sulla madre di tutte le battaglie leghiste, la sciagurata autonomia differenziata, il PD è entusiasticamente d’accordo. Bonaccini si contrappone a Borgonzoni nella sua regione, ma poi condivide con il lombardo Fontana ed il Veneto Zaia la rivendicazioni di poteri speciali per la Padania.
Insomma se Lega e PD si fossero confrontati su cosa sono e fanno davvero, avrebbero trovato difficoltà a costruire una mobilitazione di massa a proprio favore. Infatti cinque anni fa in Emilia Romagna quasi due terzi degli elettori non andarono a votare.
Si è cosi costruita una campagna dell’immaginario che è riuscita, bisogna riconoscerlo, a nascondere la realtà.
Salvini ha inventato la liberazione della regione dai “comunisti”. Ora, i comunisti non governano più l’Emilia Romagna da almeno trent’anni, e non solo per il cambio di nome del PCI, ma per il progressivo trasformarsi in altro della classe politica di governo in regione.
Ma quali comunisti, in Emilia Romagna sotto altro nome governano i democristiani, anche più liberisti di quelli di una volta.
Alla liberazione anticomunista immaginaria di Salvini ha risposto la resistenza antifascista immaginaria di Bonaccini e Zingaretti. Sia chiaro, il sentimento di rifiuto della xenofobia reazionaria della Lega è sacrosanto ed è una ottima cosa che finalmente si manifesti con manifestazioni di popolo. Ma indirizzare questo sentimento giusto verso l’appoggio al PD che difende ancora le leggi Minniti è una operazione politica.
Così come è una operazione politica indirizzare verso la Lega dei ricchi la rabbia sacrosanta degli operai per decenni di politiche liberiste. Sono operazioni politiche che indirizzano sentimenti e ragioni sociali giuste verso rappresentanze sbagliate, che hanno successo grazie alla rappresentazione di ciò che non sono.
E questa rappresentazione di massa messa in piedi da Lega e PD ha come sentimento fondamentale la paura, di cui entrambi i partiti sono diventati imprenditori.
Salvini ha concluso la campagna elettorale usando il dramma di Bibbiano e spargendo il timore dei ladri di bambini, i comunisti senza dirlo, e poi quella degli spacciatori, gli immigrati naturalmente.
Zingaretti ha fatto riferimento agli “untori” nelle pestilenze medioevali. Che in realtà, come ci ha raccontato il Manzoni, erano poveri innocenti, accusati di spargere la peste, massacrati dalle autorità per dare sfogo e soddisfazione alla paura popolare.
“Dagli agli untori“, “dagli ai ladri di bambini“… In questi sentimenti di paura irrazionale è sprofondata la campagna elettorale nella regione con il più alto sviluppo politico.
La paura del fascismo, quella del comunismo, sono state sparse sotto traccia, senza mai nominarle esplicitamente per rendere più nascoste ed efficaci. Nessun esponente del PD ha mai detto che i leader della Lega sono fascisti, anzi si cercano parole di copertura come seminatori d’odio e simili. Mai Salvini ha dato del comunista ai leader del PD, come invece faceva Berlusconi. La paura è più forte ed efficace se l’oggetto di essa non viene nominato.
La paura, in politica, è sempre stata di destra. Su di essa ha governato la DC contro i comunisti e le sinistre. Volete davvero il salto nel buio, non avete paura di ciò che può succedere se vincono gli altri? Con questo appello alla paura più cieca ed irrazionale i democristiani vincevano le elezioni quando si sentivano minacciati.
La sinistra invece ha sempre dovuto combattere la paura, il primo atto di uno sciopero, di una lotta, di una resistenza, è sconfiggere la paura di quello che può fare l’avversario contro cui si alza la testa.
Ora invece il PD in Emilia Romagna sdogana a sinistra la paura, come ha fatto con le privatizzazioni e la distruzione dello statuto dei lavoratori. È un danno grave anche alla lotta antifascista, perché combattere il fascismo e votare per paura sono una contraddizione insanabile e paralizzante.
Così in questa campagna elettorale regressiva, sono ancora più giuste le ragioni ed i sentimenti della comunità senza paura di Potere al Popolo.
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