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Bolivia. Molto di più che un addio alla Coca Cola


Nei mesi scorsi il Ministro degli Esteri boliviano David Choquehuanca, nel solco della politica del governo di Evo Morales di riappropriazione dell’identità culturale dei popoli originari, aveva annunciato la fine della Coca Cola per il prossimo 21 dicembre, giorno in cui si festeggerà la fine della bibita simbolo dell’economia globalizzata e l’inizio dell’era della
mocochinche, la bibita di pesca locale e naturale sicuramente più salutare delle corrosive bollicine.

Con la messa al bando della bevanda nel giorno del solstizio d’estate si chiuderà il ciclo della Macha, la “notte oscura”, l’egoismo, l’individualismo e la divisione, cioè l’estrinsecazione del capitalismo e inizierà la Pacha, la nuova vita, il vivere in armonia, il socialismo primitivo delle comunità e la fratellanza. L’avvenimento verrà festeggiato con una cerimonia tradizionale nell’Isola del Sole, situata sul lago Titicaca, alla quale presenzieranno migliaia di indigeni, leader dei movimenti sociali di tutto il mondo e Capi di Stato del continente Latino Americano.

Per Choquehuanca, esperto della cosmovisione andina, il “Vivir Bien”, cioè il modello che sta attuando il governo di Evo Morales, si può riassumere come il vivere in armonia con la natura, recuperando i principi ancestrali delle culture della regione andina, principi riconosciuti nell’art. 8 della Costituzione Politica dello Stato (CPE).

Per grandi linee e schematizzando, Vivir Bien significa mettere in primo piano e dare priorità alla natura, piuttosto che all’essere umano che si sente parte di essa e rispettoso della Madre Terra o Pacha Mama. Vivir bien è valorizzare la complementarità tra gli esseri umani; recuperare l’identità e la sovranità del paese; dare priorità ai diritti della Madre Terra piuttosto che ai diritti dell’uomo; alimentarsi in maniera naturale secondo il ritmo delle stagioni; proteggere le semenze per evitare i prodotti transgenici; vivere bene è diverso dal vivere meglio che si rapporta al capitalismo; è recuperare le ricchezze naturali del paese e permettere che ne beneficino tutti in maniera equilibrata ed equa; è nazionalizzare e recuperare le imprese strategiche del paese nel quadro dell’equilibrio e della convivenza tra l’uomo e la natura in contrapposizione allo sfruttamento irrazionale delle risorse naturali; è incoraggiare i popoli a unirsi in una grande famiglia, una grande comunità, come l’America Latina che in questi ultimi anni ha intensificato il processo di unificazione di tutti i popoli, non solo a livello economico con l’Unasur e il Mercosur, ma anche a livello politico con l’Alba e la più recente Celac.

Cosa ha significato per l’economia e per la popolazione boliviana il processo di cambiamento della struttura economica portato avanti in questi anni dal Governo di Evo Morales, in alternativa al sistema economico neoliberista che per venti anni ha sfruttato e ridotto in miseria la maggioranza dei Boliviani?

Anche la Bolivia, come gli altri paesi del continente latino americano, nelle due ultime decadi del ‘900 è stata vittima degli esperimenti svolti dal “laboratorio” neoliberista che considerava l’intervento dello Stato nell’economia dannoso per lo sviluppo del paese e che, al contrario, riteneva che solo lasciando agire il mercato senza restrizioni, fosse possibile aumentare l’efficienza; solo lasciando la determinazione dei prezzi all’interazione dell’offerta e della domanda, potesse esserci un beneficio per la società; solo privatizzando le imprese pubbliche, si potesse riportarle ad un livello di efficienza produttiva; solo restringendo i diritti sindacali e i salari dei lavoratori, fosse possibile un recupero della produttività.

Conseguenza pratica di queste scelte fu l’attuazione di un programma di privatizzazioni tramite il quale, a un prezzo irrisorio, le maggiori aziende strategiche del paese come la YPFB Giacimenti Petroliferi Fiscali Boliviani, la ENFE Impresa Nazionale delle Ferrovie, la ENTEL Impresa Nazionale delle Telecomunicazioni, l’Impresa Metallurgica Vinto furono consegnate alle transnazionali e ai privati, garantendo loro l’82% degli utili e lasciando allo Stato solo il18%.

Le privatizzazioni, la cancellazione dei diritti sindacali, l’annullamento di qualsiasi forma di stato sociale -l’abdicazione insomma dello Stato nei confronti del mercato- erano misure che rientravano nel pacchetto dei piani di aggiustamento strutturale pretesi dal FMI e dalla BM a garanzia del rinnovo dei prestiti. Questo modello neoliberale produsse la distruzione economica, politica e sociale del paese: su 9 milioni di abitanti, quasi 2 milioni emigrarono in Argentina e altrettanti si disparsero in tutto il mondo.

I movimenti sindacali ed operai furono praticamente annientati e corrotti da 20 anni di neoliberismo. Infatti non furono né gli operai, né i minatori, né la classe media, ma i contadini, da sempre emarginati in Bolivia, che cominciarono a prendere coscienza, ad assumere il ruolo di contestatori del processo neoliberale e a dotarsi di uno strumento politico il MAS-IPSP Movimento Al Socialismo-Strumento Politico per la Sovranità dei Popoli che contava tra i suoi dirigenti indigeni Evo Morales.

Finalmente eletto nel 2005, Evo Morales vara nel 2006 il “Nuovo Modello Economico, Sociale, Comunitario e Produttivo” che è l’antitesi del modello neoliberista, in quanto prevede il primato della politica sull’economia, dello Stato sul mercato.

Questo paradigma alternativo al modo di produzione capitalista è caratterizzato da uno Stato che pianifica l’economia per la crescita economica e la riduzione della povertà: cioè nazionalizza le risorse strategiche; investe gli utili nel settore produttivo manifatturiero, nel turismo e nell’agricoltura tutti settori che hanno capacità di generare entrate ed occupazione; amministra le imprese pubbliche; assume il ruolo di Banca; redistribuisce l’eccedente con investimenti in programmi sociali – come il Bono Juancito Pinto un contributo per l’istruzione, la Renta Dignidad un vitalizio per gli anziani e il Bono Juana Azurduy un incentivo economico per le mamme – per dare preferenza a quei settori che storicamente non sono stati mai beneficiati.

I risultati sono evidenti: durante il periodo neoliberista tra il 1985 e il 2005 il PIL era intorno al 3%, mentre a fine 2011, nonostante la crisi sistemica che colpisce anche l’America Latina, si è attestato al 5,1%; non solo, anche il PIL pro capite è salito da 871 USD del 2005 a 2.283 USD nel 2011, cioè è quasi triplicato. Gli investimenti tra il 1985 e il 2005 arrivarono, tra pubblici e privati, a 1,5 miliardi di USD, mentre la previsione di investimento per il 2012 di 3,3 miliardi di USD. A dimostrazione poi che le imprese pubbliche, se ben gestite, possono essere produttive è testimoniato dall’attivo raggiunto nel 2011 di 1,3 miliardi di Bolivianos.

Insomma, in soli sei anni di vigenza del nuovo modello, i suoi risultati positivi dimostrano che un’alternativa al modo di produzione capitalistico è possibile, che è percorribile una via diversa per fermare il sistema di dominio del capitalismo e per rifiutare le “cure liberiste” sempre più selvagge, che continuano a mietere vittime nella classe lavoratrice, come sta accadendo oggi in Europa e in modo eclatante in Grecia, dove i tagli alla sanità hanno innescato una catastrofe umanitaria, per 1,2 milioni di disoccupati che da più di un anno hanno perso il più elementare dei diritti: quello alla salute.

* Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti

Fonti:

http://www.economiasolidaria.org/noticias/vivir_bien_propuesta_de_modelo_de_gobierno_en_bolivia

http://medios.economiayfinanzas.gob.bo/MH/documentos/Materiales_UCS/Libros/Libro_empresas.pdf

https://www.contropiano.org/it/esteri/item/12859-grecia-alla-fame-un-milione-di-poveri-senza-cure

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1 Commento


  • Claudio Tedaldi

    Temo che siasolo propaganda. Scusate l’intervento ma sono piuttosto caldo su questo tema. Conosco la zona da molto tempo e ultimamente ho condotto 8 laboratori di animazione a La Paz e dintorni (proprio quest’estate). E’ stata un’esperienza bellissima ed entusiasmante sotto molti punti di vista, come penso sia quasi inevitabile visitando quei posti fantastici… ma ho dovuto ricredermi alla grande su Evo. Evo è un maestro della comunicazione, sia per la polvere (in vari sensi) che distribuisce all’interno del paese, che per quella rivolta all’estero, dove gioca sulla sacralità dell’asse con altri capi di stato di sinistra, tra i quali alcuni decisamente più seri e in buona fede. Gli amici boliviani mi hanno spiegato una realtà completamente diversa che lo vede invece come un furbastro alla Berlusconi. Quanto alla Coca-cola, come ho già avuto modo di dire… ognuno dovrebbe essere libero di scegliere, no? In Bolivia la scelta non c’é, c’è miseria e coca, quest’ultima gestita in larghissima misura da pochissimi potenti, tra cui Evo Morales. Questo presunto campione della sinistra, stando alle mie fonti, in realtà è un “falso indio” (non sa parlare né quechua né aymara) che ha forti interessi legati alla coca, che controlla buona parte dei mezzi d’informazione, che gioca la sua politica nazionale sulle divisioni creando artificiosamente tensioni interne e divide il paese in “stato plurinazionale” presumendo che esistano “nazioni indie” pure (e non, ad esempio, meticci e immigrati), che per favorire il commercio della coca vuole costruire un’autostrada in Amazzonia fino al Brasile (passando anche nella riserva naturale del Tipnis, contro la volontà degli indigeni che hanno marciato già due volte a piedi fino a La Paz, ma che sono stati accolti da Evo con lacrimogeni e manganelli proprio mentre io ero là), che (contrariamente a quanto risulta dall’articolo) mentre tutti i suoi vicini si sviluppano rapidamente) mantiene il paese nella povertà e nel disprezzo delle più elementari regole nelle relazioni con gli stati vicini (legalizzando, ad esempio, 500.000 auto rubate e favorendo il contrabbando di grande scala come quello del gigantesco mercato di El Alto), che come Berlusconi un giorno dice una cosa e il giorno dopo smentisce e incolpa gli organi di informazione fino ad essere lo zimbello del sudamerica, che a quanto dice la stampa si tromba la figlia quindicenne di una sua ministra… e via discorrendo. Al posto della coca-cola Morales farà bere una bevanda terrificante a base di zucchero e pesca: può un presidente imporre anche quali bevande bere? C’entra qualcosa la democrazia, il buon senso, la Pachamama, il progresso, l’ambiente, il salutismo, la rivoluzione, la sinistra, ecc…?

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