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Francia. Primo Maggio in piazza, anche contro l’estradizione degli esuli italiani

Come d’abitudine oltralpe, il corteo del Primo Maggio parigino vede la partecipazione di migliaia di persone, attivisti sindacali, militanti di associazioni, collettivi e organizzazioni politiche. Dopo il Primo Maggio dell’anno scorso, passato in casa alle finestre per via del primo lockdown in piena pandemia Covid-19, quest’anno le strade del centro di Parigi sono state attraversate da un corteo estremamente partecipato e animato; le stime della Prefettura di polizia parlano di 15mila manifestanti, oltre i 25mila secondo la CGT.

Circa 280 manifestazioni e mobilitazioni di vario tipo hanno avuto luogo in tutta la Francia, con oltre 150mila persone tutte le piazze dell’Esagono. Un segnale chiaro di lotta, anche in momento difficile dal punto di vista della pandemia che non dà cenni di rallentare se non ad un ritmo molto lento.

Le misure sanitarie adottate dal governo hanno avuto un effetto minimo nel ridurre i contagi e nel cercare di alleggerire la pressione nei reparti di terapia intensiva, dove attualmente sono ricoverati oltre 5.500 pazienti per Covid-19.

Il governo francese e il presidente Macron stanno approfittando della catastrofica situazione sanitaria (per molti, eccetto le multinazionali di Big Pharma) per imporre un’accelerazione all’agenda neoliberista: il prossimo 1° luglio entrerà in vigore la riforma della assurance chômage mentre qualche giorno fa, in un’intervista a Europe1, il ministro dell’Economia Bruno Le Maire ha affermato che la riforma delle pensioni (temporaneamente sospesa a causa della pandemia, dopo il passaggio in forza all’Assemblée Nationale) è una “necessità per la Francia“.

Pertanto, questo Primo Maggio è stato caratterizzato dalle parole d’ordine di difesa dei diritti dei lavoratori, dei precari e dei disoccupati, della difesa dei servizi pubblici e dello Stato sociale, ovvero di tutte le conquiste politiche e sociali che i governi sia di destra che socialisti stanno sistematicamente smantellamento per conto dell’Unione Europea da oltre venti anni.

La pandemia di Covid-19 rappresenta l’ennesima occasione per imporre ulteriori manovre lacrime e sangue per i settori popolari e continuare ad arricchire le tasche di ultra-ricchi e multinazionali.

Il corteo parigino, partito da Place de la République in direzione di Place de la Nation, è stato più volte attaccato dalla polizia la quale, attraverso ripetute e violente cariche e fitte piogge di lacrimogeni, ha cercato di spaccare in due parti i manifestanti.

La polizia ha bloccato il percorso dopo che alcuni manifestanti avevano distrutto la vetrina di una filiale della Société générale su Boulevard Voltaire. L’intervento delle Brigade de Répression de l’Action Violente (BRAV), con il pretesto di impedire la “formazione di uno spezzone black block” in testa al corteo, ha incrementato la tensione, fino a quando i CRS (la celere francese) non è riuscita a isolare questa parte di corteo e a circondarla completamente.

Si sono immediatamente dimostrati i risvolti pratici dell’approvazione della Loi Sécurité Globale voluta da Macron, ovvero la criminalizzazione e la repressione di qualunque forma di opposizione sociale. Il ministero degli interni ha comunicato che a Parigi sono state arrestate 46 persone, di cui 17 prima dell’inizio della manifestazione.

In uno Stato securitario, la repressione poliziesca agisce soprattutto in via preventiva, anche con l’intento di intimorire e depotenziare qualsiasi tipo di “azione violenta”. Ci sia oppure no, a loro insindacabie giudizio.

Il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, si è congratulato con i poliziotti e i gendarmi (oltre 5.000 mobilitati nella capitale francese) per aver fermato i pericolosi “casseurs”. Al governo e ai media non resta che agitare lo spauracchio dei fantomatici “black block” per giustificare la sua politica securitaria e repressiva, la sua torsione autoritaria e l’impunità garantita alle forze dell’ordine.

In una giornata di mobilitazione così importante e in un corteo così partecipato, è da riportare soprattutto la presenza dello spezzone organizzato da numerosi compagni italiani e francesi dietro lo striscione “LIBERTÁ! Non à la vengeance d’État contre les exilé.e.s italien.ne.s”, in solidarietà con gli esuli e rifugiati politici italiani arrestati mercoledì scorso e dopo neanche 48h messi in libertà vigilata, in attesa dell’esame della domanda di estradizione dell’Italia.

Lo striscione ha attirato l’attenzione di molti manifestanti che hanno subito solidarizzato con la lotta contro l’estradizione, dimostrando ancora una volta la sostanziale differenza politica, sociale e culturale che esiste oltralpe rispetto alla vergognosa barbarie vendicativa che lo Stato italiano è riuscito ad imporre attraverso una lunga campagna martellante di distruzione della memoria storica delle lotte degli anni ’70.

La battaglia giuridica e processuale comincerà il prossimo 5 maggio con le prime udienze alla Chambre d’Instruction del Tribunale della Corte d’appello di Parigi. Anche su questo fronte il Presidente Macron avrà non pochi problemi, dopo aver cercato di dare un colpo di spugna ai principi della comunemente nota “dottrina Mitterand”.

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