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Kiev e NATO spingono sull’escalation, ma che succede se Pokrovsk cade?

Il parlamento di Kiev ha approvato la legge che prevede la possibilità per uomini di eserciti stranieri di servire come ufficiali nelle forze armate ucraine. Del resto, è ormai risaputo e non più negato il coinvolgimento diretto di consiglieri e specialisti euroatlantici nelle operazioni militari contro la Russia.

Si tratta di una spinta sul pedale dell’accelerazione dell’escalation che arriva probabilmente in un tentativo di controbilanciare i risultati magrissimi che si stanno ottenendo sul fronte. Con la prospettiva della caduta di uno dei fulcri delle linee di difesa di tutto l’oblast’ di Donetsk: Pokrovsk.

Si era già letta e commentata la riflessione di un analista ucraino apparsa su Euromaidanpress riguardo all’importanza di questo centro, accanto a quello di Kramatorsk, per la logistica delle operazioni militari. Era un mese fa e la presa da parte dei russi della città di Vuhledar, a inizio ottobre, rende sempre più concreta la definitiva perdita della regione da parte di Kiev.

Le due città non si trovano una di seguito all’altra: Vuhledar era un punto di intersezione tra Donetsk e il fronte meridionale della guerra, mentre Pokrovsk si trova a una cinquantina di chilometri più a nord, in linea d’aria. Ma la caduta della prima rende ancora più facile la presa della seconda.

Pokrovsk è un fondamentale snodo ferroviario per la logistica bellica di Kiev, e con i russi sempre più vicini diventa impossibile evitare il bersagliamento dei convogli. Bisogna poi ricordare che dalle miniere intorno alla città proviene la maggior parte del carbone utilizzato dall’industria siderurgica del paese.

La produzione di ferro e acciaio rappresenta quasi il 6% del PIL dell’Ucraina, e negli ultimi mesi sono nettamente aumentate le importazioni di carbone usato nella produzione metallurgica. In particolare, sembra che una grande quantità sia arrivata dai siti statunitensi della compagnia ucraino-olandese Metinvest, che opera anche intorno a Pokvrovsk.

L’impatto che la perdita di quella fonte di combustibile potrebbe avere sull’economia e sulle forze armate ucraine non è difficile da immaginare. “Senza acciaierie, l’economia ucraina morirà“, ha dichiarato Stanislav Zinchenko, amministratore delegato di GMK Center, una società di consulenza industriale con sede proprio in Ucraina.

Dopo Pokrovsk non solo l’oblast di Donetsk sarebbe più saldamente sotto Mosca, ma si aprirà anche la strada per continuare l’avanzata verso Dnipro (anche se non si tratterebbe dell’affare di un giorno, e forse nemmeno di mesi). Ma è vero che, oltre quella città, sono molte di meno le aree adatte a stabilire una linea di difesa.

Ad ora i russi stanno prendendo terreno a ridosso all’agglomerato urbano, sperando di poter arrivare a controllare Pokrovsk prima dell’inverno. La preoccupazione per il peso strategico e simbolico della città si fa sentire tra le autorità ucraine.

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