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Lettera di 200 ex CIA, preoccupati della ristrutturazione di Trump

Abbiamo seguito le vicende della USAID perché, come abbiamo scritto, attraverso un caso specifico si può osservare meglio la portata – e i rischi – della ristrutturazione dell’infrastruttura imperialistica USA che sta portando avanti la nuova amministrazione Trump. E intanto arriva anche una lettera pesante, perché parla dello stesso processo, ma riguarda addirittura i servizi segreti.

Infatti, circa 200 ex dirigenti della “sicurezza nazionale”, che hanno lavoro nella o a stretto contatto con la CIA, hanno inviato una lettera alle Commissioni intelligence della Camera e Senato. Il motivo è la preoccupazione suscitata dal piano di incentivi a favore dell’uscita volontaria dell’agenzia statunitense.

Parliamo di una sorta di indennità di buonuscita, che dovrebbe sostanziarsi in otto mesi di stipendio e altri benefici, come un qualsiasi impiegato comunale, insomma…

Questa possibilità è parte del più ampio piano di snellimento del governo federale, e soprattutto di rimodellamento del suo personale e del suo funzionamento secondo gli indirizzi della nuova amministrazione.

Il nuovo direttore della CIA scelto da Trump, John Ratcliffe, che come vice avrà Michael Ellis, uomo della Heritage Foundation, ha detto che l’agenzia deve tornare a essere più “aggressiva“. Un nuovo approccio per il quale è necessario “garantire che la forza lavoro della CIA risponda alle priorità di sicurezza nazionale dell’Amministrazione“.

Ratcliffe ha parlato di una “strategia olistica per infondere all’Agenzia rinnovata energia“, e questo è stato additato dai 200 estensori della lettera inviata ai due rami del Parlamento come un “ambiguo linguaggio orwelliano” che nasconde grandi “pericoli“. A loro avviso, si rischia di avere un “vuoto di intelligence“, del quale potrebbero approfittare Mosca e Pechino.

Il primo nodo evidenziato è quello dellla “eliminazione sistematica di competenze ed esperienze istituzionali all’interno della CIA“. Dei bravi 007 non si formano nell’arco di qualche settimana, ma diventano tali solo dopo un imponente investimento – anche di tempo – nell’apprendimento del funzionamento e dei meccanismi tipici dei servizi segreti.

Perdere personale rodato significa perdere anche la loro esperienza e i loro contatti: “le relazioni di collegamento si basano sulla fiducia e i nostri partner stranieri si affidano a ufficiali esperti che hanno coltivato questi legami per molti anni. Un esodo di massa di personale esperto eroderà queste relazioni, indebolirà la condivisione di intelligence e ridurrà la capacità della CIA di operare efficacemente all’estero“.

Infine, in questo modo ci rimetteranno dunque dipendenti “dotati di memoria istituzionale, profondità analitica ed esperienza operativa per fornire ai decisori politici informazioni solide e imparziali“. Insomma, agenti che hanno esperienza sul campo, che hanno imparato a muoversi nel mondo complesso e quasi sempre “informale” dell’intelligence, fatto di depistaggi, trappole, doppio gioco e controspionaggio.

Alcune fonti della CNN hanno parlato del fatto che, per alcuni ruoli e competenze, la possibilità di uscita volontaria non sarà prevista. E tuttavia nella lettera si mettono in guardia deputati e senatori dalla tentazione di “modellare la forza lavoro in modo da dare priorità alla lealtà politica rispetto all’integrità professionale“.

E forse ancora più interessante è che questi 200 ex esponenti della sicurezza nazionale si sono firmati come membri dello “steady state“, cioè quella parte dell’apparato statale che è sempre rimasto stabile nel tempo, al di là delle diverse linee politiche perseguite di volta in volta dalla Casa Bianca.

Alcuni lo potrebbero identificare, almeno dal lato istituzionale, come il deep state. E col titolo che si sono dati hanno dunque mostrato, loro malgrado, come c’è un blocco di ‘potere amministrativo’ che governa il sistema-paese secondo interessi consolidati, al di là dell’altalena di governanti determinata dalle elezioni democratiche.

Ma soprattutto va sottolineato che identificarsi come steady state, ed esprimere preoccupazione per ciò che sta facendo Trump, è un modo di gridare ai quattro venti la profondità dei cambiamenti in atto nell’establishment stelle-e-strisce. Un percorso complesso e rischioso, ma su cui si procede spediti.

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