L’attacco del 14 maggio 2013 al cantiere Tav di Chiomonte fu “una aggressione alla personalità dello Stato”: così è cominciata la requisitoria della pubblica accusa al processo a quattro No Tav imputati di “terrorismo”. Oggetto del processo è l’incendio di un piccolo generatore di elettricità all’interno del cantiere Tav, a Chiomonte.
“Noi – ha esordito il pm Antonio Rinaudo – dobbiamo valutare le condotte, non le idee. Può piacere o no, ma l’opera è stata deliberata dallo Stato. Quella notte, con quelle condotte, sono state attaccate scelte e interessi fondamentali dello Stato”.
Di fronte a frasi del genere, è bene riflettere e farsi un’opinione. Astenendosi dai commenti…
Al termine della sua requisitoria, il pm ha chiesto quattro condanne a nove anni e mezzo di carcere per vari reati, fra cui l'”atto terroristico”, per Claudio Alberto, Nicolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi, in carcere da dicembre. Una condanna che considerare “sproporzionata” è un eufemismo, visto che viene di rado comminata persino per casi di “rapina a mano armata”.
L’unica considerazione possibile è che si è fatta strada, al di fuori di qualsiasi cultura giuridica democratica, che “lo Stato” può tranquillamente dichiarare – ben guardandosi dall’interpellare i cittadini direttamente coinvolti – una qualunque zolla del terreno nazionale “di interesse strategico”. E quindi trattare ogni cosa sia dichiarata rientrante in questo “interesse” . inevitabilmente estensibile fino all’arbitrio più sfacciato – al pari di una “zona militare”. Persino un volgare generatore, purché collocato in quella zona e finalizzato a determinate opere.
E considerare chiunque danneggi determinati beni, sia pure del valore di poche centinaia di euro, un “pericoloso terrorista”. ALtro che “notte della Repubblica”…
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