Il 22 giugno non rappresenta solo la data simbolo del dolore e dell’afflizione per i popoli dell’ex Unione Sovietica; la data in cui, 75 anni fa, le orde naziste cominciarono l’invasione dell’Urss. Il 22 giugno 2016, alle 4 del mattino, proprio come 75 anni prima, le artiglierie pesanti della junta di Kiev hanno iniziato nuovi bombardamenti sui maggiori centri del Donbass.
Come a voler seguire in tutto e per tutto, caso mai ci fosse ancora bisogno di ulteriori prove, le orme dei propri “padri ideologici” del Terzo Reich, i golpisti ucraini mandano in prima linea, “a diretto contatto col nemico”, lungo la direttrice di Gorlovka, nuovi reparti dei battaglioni neonazisti “Azov” e “Donbass”, ufficialmente inquadrati nella Guardia nazionale: lo ha dichiarato il consigliere del Ministero degli interni ucraino, Zorjan Škirjak. A Mariupol arrivano invece altri caccia Su-25 di rinforzo. Le prime salve di mortai da 80 e 120 mm contro Jasinovata e l’aeroporto (quello che ne resta) di Donetsk, insieme al sobborgo di Spartak, erano iniziate nella serata del 21 giugno; verso le 23 il fuoco si era esteso a numerosi altri rioni periferici del capoluogo della DNR. Poi, alle 4 del mattino del 22 giugno, gli obici ucraini avevano aperto il fuoco contro Gorlovka: danneggiate le condutture di luce e acqua, alcune case bruciate e molte danneggiate, gli abitanti erano riusciti a mettersi in salvo. Si parla di circa cinquecento colpi al giorno esplosi con artiglierie e mortai di vario calibro nell’ultimo periodo. I bombardamenti non risparmiano nemmeno il territorio della Repubblica popolare di Lugansk, soprattutto in direzione di Stanitsa Luganskaja. Gli osservatori Osce si avvicinano alle località colpite, non vi si avventurano e poi tornano indietro senza aver verificato un bel nulla; pare che nemmeno la parte ucraina, ovviamente per altre ragioni, sia soddisfatta del lavoro della missione Osce.
E i bombardamenti sono continuati nella notte successiva e anche la scorsa notte, con più di una trentina di case danneggiate nei sobborghi Golmovskij e Zajtsevo di Gorlovka. Secondo i dati forniti ieri dal comando delle milizie della DNR, nelle ultime 24 ore le truppe ucraine avevano esploso contro le località più a ridosso della linea del fronte 15 colpi di artiglierie da 152 mm, una decina di salve da carri armati, 243 colpi di mortaio da 120 mm e 158 da 82 mm, oltre a lanciagranate e armi automatiche dei mezzi blindati.
Tutto ciò non toglie naturalmente il sonno ai “patrioti” ucraini, alle prese in questo momento con ben altri rebus sulla “sicurezza della nazione”. Uno di questi è quello se conservare o meno il titolo di “eroe dell’Ucraina” alla neonazista, ex cecchino del battaglione “Azov”, Nadezhda Savchenko: una petizione per chiedere a Petro Poroshenko di toglierle l’onorificenza è già comparsa sul sito web presidenziale. Dopo che i più maligni, il giorno stesso del suo rientro a Kiev, graziata da Vladimir Putin lo scorso 25 maggio, avevano insinuato trattarsi di una falsa Nadja, inviata da Mosca per sovvertire l’Ucraina; dopo l’intervista, in cui invitava Kiev a intavolare trattative con il Donbass; dopo che, in un’intervista alla Deutsche Welle, si era dichiarata per una riduzione per tappe delle sanzioni contro la Russia; dopo l’intervista a Radio Libertà in cui affermava che, per russi e ucraini “è meglio essere buoni vicini, piuttosto che cattivi fratelli”; dopo che, nell’ennesima intervista alla Voce dell’America aveva detto di non volere l’aiuto militare occidentale all’Ucraina, che “potrebbe condurre alla terza guerra mondiale”, i più fedeli custodi dell’ortodossia targata Stepan Bandera e Roman Šukhevič hanno deciso che la misura fosse colma: “Se i nostri “eroi” sono questi, allora si vergogni, signor Poroshenko”, hanno scritto nella petizione. A loro modo di vedere, è ormai fin troppo evidente come l’ex “eminenza grigia” del battaglione neonazista “Ajdar” non sia altro che un agente del Cremlino, “arruolata dal FSB”, il Servizio di sicurezza russo. La petizione rivolta a Poroshenko (per il momento firmata da 124 persone, delle 25mila necessarie) chiede di “Togliere a Nadezhda Savchenko il titolo di Eroe dell’Ucraina, che non merita”. Questo, nonostante Savchenko, nello stesso periodo, fosse in tournée di marketing pro-ucraino e, dalla tribuna dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE), in perfetta lingua russa, tuonasse che “non credo che all’Europa piaccia avere come vicino un orso, uscito dalla tajga. Può darsi che, nella tajga, l’orso la faccia da padrone. Ma solo quando è nella tajga; quando ne salta fuori, lo domano”.
Dunque, con la stella della “Jeanne d’Savchenko” un po’ appannata, ecco che sembrano risalire le quotazioni della sua ex “madrina politica” ed ex premier, oltre che ex oligarca del gas Julija Timoshenko: il suo partito “Patria” ha fatto causa al primo ministro Vladimir Grojsman e al governo per il raddoppio delle tariffe municipali su gas, acqua e riscaldamento. “Credo che Grojsman e Jatsenjuk prima o poi dovranno rispondere per aver stabilito tariffe del gas cinque-sei volte più care del prezzo di costo”, ha detto la Timoshenko. Ovviamente, non è certo l’amore per il popolo ucraino che muove l’ex eroina dell’occidente che, nelle prime settimane dell’aggressione armata contro il Donbass, proponeva di recintare la regione col filo spinato e “bombardarli con armi atomiche”.
E se ancora Kiev non è arrivata alle atomiche, sta però procedendo a grandi passi col filo spinato, nella costruzione di quel “vallo europeo” a difesa delle “frontiere orientali dell’Europa”, iniziato a suo tempo dal precedessore di Grojsman, l’ex beniamino di Victoria-fuck-the-UE-Nuland, il fuggitivo Arsenij Jatsenjuk. Già 230 km del vallo, con tanto di recinzione, filo spinato, trincee anticarro sono stati realizzati alla frontiera con la Russia (che di km ne conta circa duemila), nelle regioni di Kharkov e Černigov. Allo scopo, Kiev ha messo in bilancio 8 milioni di $ per il 2016 (ovviamente, dei fondi donati dalla UE), che vanno ad aggiungersi ai 16 già stanziati lo scorso anno: ancora molto poco rispetto al costo complessivo previsto, da ora al 2018, in circa 160 milioni di $. Più precisamente, sono stati realizzati 70 km di recinzione metallica, 230 km di trincee anticarro e 116 km di rotaie per i convogli militari lungo la “linea del fronte russo”; approntati 4 moduli blindati “Triton”, torrette di avvistamento ottico-elettronico e alloggiamneti speciali per le sentinelle. Per quanto riguarda i territori delle Repubbliche popolari, il mese scorso erano stati avviati i lavori per la costruzione di una “muraglia” tra il territorio della regione di Lugansk controllato da Kiev e la Russia.
Difficilmente però recinzioni e trincee potranno fermare la macchina “mentale” messa in moto dai golpisti a majdan e spinta sempre più all’impazzata con l’eroicizzazione dei propri idoli nazisti. Una macchina che, oggi, sprigiona anche gas di scarico del tipo dell’inserzione comparsa sul sito emarket.co.ua: “Vendo il teschio di un camerata. Eravamo insieme a Ilovajsk. Un vero souvenir per uomini veri. Si presenta bene sulla scrivania. Ripulito con tecnologia unica. Il camerata è morto all’aeroporto di Donetsk. Il teschio era danneggiato – la testa del camerata era stata tagliata via da una scheggia. Gloria all’Ucraina”. Il prezzo è fissato in 600$; naturalmente trattabili.
Fabrizio Poggi
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