E così anche Roma, a più di una settimana dalla conversione in legge del decreto Salvini, si accoda ad altre città come Torino, Bologna, Palermo ecc., nel «chiedere al ministro dell’Interno e al governo di aprire un confronto istituzionale con Roma e le città italiane al fine di valutare le ricadute concrete di tale decreto sull’impatto in termini economici, sociali e sulla sicurezza dei territori».
Se la mozione votata ieri, martedì 4 dicembre, all’Assemblea Capitolina arriva colpevolmente in ritardo rispetto all’iter parlamentare svolto dal testo in materia di immigrazione e sicurezza, sembra comunque il caso di dire “meglio tardi che mai”. Questo perché, probabilmente, “mai” sarebbe stato se la giunta capitolina non avesse subito la pressione da parte della parte più conflittuale della città a prendere posizione sull’operato del governo. Infatti, il testo approvato ieri non è altro che il frutto dell’incontro avvenuto lo scorso 22 novembre tra il capogruppo al Campidoglio dei 5Stelle, Stefano Fassina e una delegazione cittadina formata dall’Usb, Potere al Popolo, Noi Restiamo e AlterEgo. La richiesta esprimeva la necessità da parte del Comune di Roma di pronunciarsi su un decreto che «tratta di politiche sull’immigrazione che condanneranno centinaia di migliaia di persone all’irregolarità dal punto di vista giuridico e alla precarietà di vita, con tutte le conseguenze in termini di marginalità e tensione sociale in territori già abbandonati dalle istituzioni», così come della criminalizzazione di quel pezzo di società che si schiererà, così come ha sempre fatto, dalla parte degli sfruttati.
Che siano i 5Stelle a volersi intestare la paternità del voto dimostra come il Movimento del cambiamento sia ormai, anche a livello locale, a suo agio con le “politicherie” che troppo spesso caratterizzano il dibattito italiano. Se così non fosse, allora non si spiegherebbe il perché la settimana scorsa sia stata bocciata una mozione, firmata da Fassina e sostenuta dalla delegazione nell’incontro del 22, in cui si metteva i risalto come con il d.l. 113, nella sola città di Roma, con l’espulsione dagli Sprar degli immigrati divenuti di colpo irregolari ammonti a più di mille persone. Ma la realtà dei fatti è ben diversa: la vittoria politica è tutta da ascriversi a quella parte di società che dinanzi la repressione dei governi che si sono succeduti nelle ultime legislature, pratica ancora il conflitto politico come strumento per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone.
La contraddizione che si apre in seno al Movimento, tra il livello cittadino e quello nazionale, si inserisce in dinamiche di governo che, in vista delle elezioni europee della prossima primavera, si preannunciano infuocate. Ed è proprio su queste contraddizioni che bisognerà continuare a fare pressioni, consapevoli del fatto che solo a partire da un lavoro costante tra i settori popolari maggiormente colpiti dalla crisi si potranno aprire spazi di lotta e di cambiamento reale. Per esempi concreti, si prega di rivolgersi in Francia.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa